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La camera oscura – 2° parte di Enrico Maddalena

La camera oscura – II°Parte

Protetto da un panno nero, sto effettuando la messa a fuoco dal balcone del piano notte della mia abitazione.
Un obiettivo così semplice si porta dietro tutte le aberrazioni possibili. Per attenuarle, non resta che diaframmare. Il miglior compromesso fra correzione delle aberrazioni e tempo di posa accettabile, è risultato il disco/diaframma f/8.
Ho costruito per primo un modulo per l’ottica, annerito internamente con vernice nera opaca. Ho quindi dovuto realizzare un modulo contenente il vetro smerigliato per la messa a fuoco ed uno chassis per il materiale sensibile. Entrambi questi due moduli, anch’essi anneriti internamente, scorrono con leggero attrito all’interno del primo.
Il volet è alzato e la mia camera obscura sta esponendo la sua prima prova. dal balcone del patio d’ingresso. Tempo di esposizione un’ora e quindici minuti. Non potevo non immortalare l’evento.
Ma, una volta messo a fuoco il soggetto sul vetro smerigliato, come avrei fatto a posizionare il materiale sensibile sullo stesso piano? Dovevo tracciare dei riferimenti esterni sui due moduli, coincidenti col piano del vetro e con quello della carta sensibilizzata, ed una scala delle distanze sul modulo porta ottica.
Una scala delle distanze di messa a fuoco non è difficile da costruire, una volta nota la lunghezza focale dell’obiettivo. Basta utilizzare la formula delle lenti sottili:
1 / F = 1 / o + 1 / i
dove “F” è la lunghezza focale, ”o” la distanza dell’oggetto, “i” la distanza dell’immagine.
Ho tracciato un riferimento esterno, sia sul modulo col vetro smerigliato, sia su quello che contiene la carta sensibilizzata. Tale riferimento è in corrispondenza con la superficie del vetro smerigliato rivolto verso l’obiettivo (è proprio la parte smerigliata del vetro che va rivolta verso le lenti) per il primo modulo, e con la posizione della carta nel secondo modulo.
Dopo aver disegnato la scala delle distanze, per incollarla a dovere, ho inserito il modulo col vetro smerigliato ed ho focheggiato fino ad avere nitido un elemento molto lontano (i monti che si vedono da casa). Ho incollato la scala sul fianco del modulo con l’obiettivo, facendo in modo che il segno relativo a infinito cadesse in corrispondenza del riferimento del modulo. Tutto qui.
Il modulo col vetro smerigliato è inserito in quello portaottica. Si vede la scala delle distanze alla base del modulo portaottica ed il rifetimento sul modulo col vetro smerigliato
Quando devo esporre una fotografia, metto dapprima a fuoco, registro la posizione del riferimento sulla scala delle distanze, estraggo il modulo col vetro smerigliato e vi sostituisco quello con la carta sensibile, facendo corrispondere il suo riferimento con lo stesso punto della scala. Uso un telo nero per evitare i riflessi dell’ambiente sul vetro smerigliato ed i pesi con cui fa ginnastica mio figlio per immobilizzare l’apparecchio.
Curvatura di campo: posso, focheggiando, rendere nitido il centro del muro o i bordi. Si vede bene la differenza sul travertino. L’immagine è quella prodotta dalla mia camera obscura sul vetro smerigliato.

A tutta apertura l’immagine non è molto nitida.
Ma il miglioramento è sensibile inserendo il cartoncino con diaframma f/8.
 
Sulla tendina sollevabile dello chassis (il cosiddetto volet), ho praticato un piccolo foro nel quale inserisco un piolo di ottone per mantenerla sollevata. Ho incollato due strisce di velluto nero nella fessura di scorrimento del volet per eliminare infiltrazioni di luce all’interno. La carta o la lastra di vetro l’appoggio sul telaio anteriore dello chassis, vi applico dietro un quadrato annerito di cartone e poi un altro di compensato che blocco con due tondini di legno inseriti nella cornice esterna. A chi lo desidera, invio volentieri lo schema di costruzione.
Enrico Maddalena

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7 commenti

  1. Caro Maddalena, seguo con affetto ed ammirazione il tuo procedere nella costruzione e nell’uso della camera obscura. Bravo! Michele

  2. Caro Enrico una ricerca veramente encomiabile…tanti complimenti e ti devo dire che mi hai incuriosito e stuzzicato a testare questo apparecchio: mi piacerebbe capire in dettaglio lo schema costruttivo della tua camera oscura. Grazie Massimo

  3. Spesso dimentichiamo, in questa era dove tutto è digitale, la vera essenza della fotografia. Il piacere della manualità, dell’attesa, del fare le cose con cognizione di causa, della sperimentazione così come della riproposizione delle vecchie tecniche. La fotografia è un mondo affascinante, dove tutto avviene per una sorta di magia. Grazie Enrico per queste esperienze che fanno sognare.

    1. Totalmente in accordo.
      Anche se la comodità del digitale è indubbia, la gioia, nel riscoprire una manualità quasi dimenticata dalla frenesia del risultato immediato, è enorme.

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