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Il fissaggio di Enrico Maddalena

L’importanza del fissaggio nella nascita della fotografia

Che alcune sostanze scurissero sotto l’azione della luce era noto da tempi remoti. George Fabricius aveva descritto nel 1565 le proprietà fotosensibili del cloruro d’argento e Johan Heinrich Schultze quelle del nitrato d’argento nel 1727.

Porre oggetti  su supporti sensibilizzati con tali sostanze ed esporre il tutto al sole è un semplice metodo per produrre impronte di tali oggetti. Lo facevo da bambino quando mio padre mi regalava qualche cartoncino fotografico e non ho ancora dimenticato lo stupore di fronte ad un evento che mi appariva magico. Il problema è nella instabilità di tali immagini: essendo necessaria la luce per osservarle è la stessa luce che le ha prodotte a distruggerle.

Thomas Wedgwood fu fra i primi a tentare di registrare delle immagini su carta e cuoio sensibilizzati con nitrato d’argento. Le mostrava alla debole luce di una candela perché non svanissero in poco tempo. Erano immagini di oggetti che poneva sul supporto sensibile ed esponeva al sole. Tentò con la camera obscura ma non vi riuscì a causa della bassa sensibilità alla luce del nitrato.

E non è un caso che la famosa eliografia di Niepce, la veduta dalla finestra della sua casa di campagna a Le Gras, sia considerata la prima fotografia della storia (1827); è infatti la prima immagine stabile. Joseph Nicéphore Niepce, prima di dedicarsi alle sue eliografie col bitume di Giudea, era riuscito a registrare le immagini di una camera obscura, avendo utilizzato cloruro d’argento, più sensibile del nitrato usato da Wedgwood. Ma lasciò perdere perché deluso dall’inversione dei toni. Qualche autore ha scritto che, al contrario di Talbot, Niepce non aveva intuito la possibilità di un processo negativo-positivo. A mio avviso, l’abbandono del cloruro d’argento da parte di Niepce fu dovuto all’impossibilità di realizzare un controtipo positivo poiché il negativo sarebbe stato distrutto dalla luce prima che il positivo avesse avuto il tempo di impressionarsi.

Talbot ebbe il merito di scoprire l’azione stabilizzante sull’immagine di una soluzione concentrata di sale da cucina o di ioduro di potassio. Non si trattava ancora di fissaggio poiché gli alogenuri d’argento non esposti non venivano allontanati dalla carta, ma solo resi meno sensibili alla luce. Ma questo fu sufficiente all’inizio, prima che Herschel  rivelasse a Talbot l’azione solubilizzante del tiosolfato di sodio (allora chiamato iposolfito di sodio, termine rimasto presso alcuni fotografi ancora oggi). Il tiosolfato solubilizza, permettendone l’allontanamento dal supporto, gli alogenuri non ridotti rendendo permanente l’immagine. Il metodo, lo sappiamo, è in uso ancora oggi.

E per il digitale, esiste il fissaggio? La domanda non è peregrina. Le cariche elettriche prodotte dalla luce sui photosite del sensore, non durerebbero a lungo se non fossero convertite in numeri binari. Possiamo quindi definire il convertitore analogico/digitale, come il “fissaggio” della moderna fotografia elettronica.

Enrico Maddalena

Ho sensibilizzato un foglio di carta con una soluzione di nitrato di argento e cloruro di sodio (si forma cloruro d’argento). Ho posizionato la moneta, i fermagli, la spilla e la foglia di capelvenere sul foglio ed esposto il tutto al sole. Dopo alcuni minuti la luce ha annerito le parti della carta esposte, mentre quelle coperte dagli oggetti non ne hanno subito l’influsso. Le impronte sono restate visibili all’ombra per circa un’ ora prima di scomparire completamente.

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5 commenti

  1. Enrico, come sempre hai saputo “fissare” l’attenzione su questo post. Come vedi esiste anche un tipo di fissaggio che non avevi considerato. Anch’esso dura pochi minuti, ma contrariamente alle immagini che scompaiono rapite dalla luce, rimane indelebile la voglia di leggere il tuo prossimo intervento.

  2. Il tuo intervento ,illuminante e colto , dimostra , se ancora ce ne fosse bisogno, la passione che ti anima e la tua voglia di fare cultura. Grazie Enrico

  3. Sono in perfetto accordo!
    Ogni post oltre che interessante ed esaustivo sveglia la curiosità.
    Grazie!
    Orietta B.

  4. Subito dopo la lettura di quest’entusiasmante articolo, il pensiero è andato ad una ritratto fatto da un’amica, intitolato Dorian Gray, stampato su carta chimica ma senza il fissaggio. Il voler restare giovani demandando ad una fotografia il compito di invecchiare l’ho trovato “geniale”, anche irrealizzabile.

    1. Elegante come un tromp-l’oei, intrigante come un gioco alchemico, attualissimo per il suo sperimentalismo d’avanguardia…

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