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Elliott Erwitt di Fausto Raschiatore

ELLIOTT ERWITT

di

Fausto Raschiatore

PERSONAL BEST

A Venezia, isola della Giudecca, alla Casa dei Tre Oci (tre occhi in veneziano), un ambiente bellissimo ed ispirato, riportato al servizio della cultura veneziana dopo un lungo restauro, fino al 15 luglio rimarranno esposte 140 fotografie in bianco e nero (tranne una). Una selezione di immagini tra le più celebri e significative della produzione del grande maestro americano Elliott Erwitt, nato a Parigi nel 1928, da genitori russi di origini ebraiche. Elliott Erwitt ha vissuto per circa un decennio in Italia, prima di trasferirsi, sul finire degli anni Trenta, a Los Angeles. Ha cominciato a fotografare alla fine degli anni Quaranta. Membro dell’Agenzia Magnum, Elliott Erwitt, è stato protagonista di moltissime mostre e ha operato in tutto il mondo realizzando una quantità infinita di immagini e numerosi libri. A tutti livelli e in moltissime località, a ogni latitudine. Il suo stile è inconfondibile. Il suo è un tracciato di “appunti” bellissimi raccolti lungo le vie del mondo, osservando soprattutto i soggetti e gli oggetti che lo circondano. Alcune sue fotografie sono celeberrime e rappresentano in molti casi autentiche icone, essendo sintesi di eventi e fatti che hanno scolpito un’epoca, oppure di momenti irripetibili della nostra contemporaneità o, infine, descrizione di avvenimenti che hanno contribuito a rendere indimenticabili pagine di storia. E non solo. Nel caso di Elliott Erwitt c’è qualcosa di più e di più autorevole. Una mostra straordinaria, quindi, di un fotografo straordinario, per celebrare l’arte di un maestro di grande personalità che guarda attraverso la sua macchina fotografica con un proprio linguaggio e una propria narratività.

Un allestimento espositivo inaugurato lo scorso 30 marzo che ha registrato e tuttora continua a registrare un grande successo di pubblico e di critica nel quale l’impaginazione delle opere dà alla mostra una particolare specificità. Contesto che si affaccia su un panorama mozzafiato, qual è Venezia, e la sua bellezza unica, “un miracolo della natura”, come dice Massimo Cacciari, uno dei suoi figli più apprezzati, finissimo intellettuale di caratura internazionale. Una mostra di grande richiamo che è arrivata nel capoluogo Veneto dopo essere stata esposta a Parigi (MEP – Maison Européenne de la Photographie), Madrid (Museo Reina Sofia) e New York (ICP – International Center of Photography). Successo di pubblico, dunque, oltre ogni più rosea previsione, come dice Denis Curti, curatore per l’edizione italiana. Successo della fotografia di alta qualità, alla quale d’ora in poi, nel quadro di una offerta culturale elaborata su piani espositivi diversi e più in linea con l’attualità artistica. Una programmazione precisa che farà riferimento la Casa dei Tre Oci, con una speciale attenzione alla fotografia italiana e a quella dei grandi maestri della fotografia mondiale, oltre, naturalmente, a seguire i percorsi di fotografi emergenti e i giovani talenti.

La fotografia in Elliott Erwitt diventa racconto, è stato giustamente rilevato. Ed egli, infatti, racconta della nostra contemporaneità, il nostro tempo storico, e lo fa in un modo estremamente personale, singolare, con uno stile inconfondibile nel suo linguaggio artistico, sia riguardo  alle forme che ai contenuti. Non solo. Elliott Erwitt permea molte delle sue immagini con un tratto di raffinata ironia, di studiato sarcasmo, di puntualizzazioni ambigue e irridenti. Egli legge il mondo con disincanto, arguzia, scherno e, ironia dopo ironia, si lascia andare, in modo quasi beffardo nel dire, “in fondo sono solo un curioso che scatta”. C’è in questa battuta l’Erwitt uomo e fotografo, colui che osserva, ma anche colui che indaga, in apparenza con leggerezza. In realtà lo fa con grande equilibrio e in modo profondo.  Erwitt è una persona sensibile, dolce e dalle sue fotografie emerge con chiarezza. Basti pensare, ad esempio, alle immagini dedicate ai cani, come quelle dei bambini, per i quali dimostra un amore autentico. Centoquaranta scatti, altrettante testimonianze del nostro tempo storico. Un patrimonio di cultura e un ventaglio di punti di vista. Veri e propri segmenti del mondo contemporaneo. L’autore ha una forte autonomia linguistico-espressiva, tematizza il quotidiano a modo suo. Il suo linguaggio irradia positività, fiducia nel futuro, aiuta a disegnare universi possibili. E’ autorevole, ha una narratività dinamica, con una dimensione per lo più descrittiva da cui affiora una concettualizzazione appena percepibile, tra disincanto e disillusione. Domina una forte personalità, un tratteggio prestigioso, influente nel linguaggio e nella narrazione.

Elliott Erwitt da sempre cattura le atmosfere dei contesti che osserva e le trasla in straordinarie fotografie in bianco e nero. Egli guarda, osserva, ascolta, indaga ed è sempre pronto a “fermare” un momento della nostra contemporaneità. Momenti speciali, nei quali il grande fotografo americano si “inserisce” per impossessarsi del frangente che ha sempre qualcosa di particolare, perché Elliott Erwitt è diverso da tutti, ha un suo modo osservare, di guardare, di vedere, e quindi di dare una dimensione all’immagine secondo la propria sensibilità. Ogni frammento di realtà catturato dal maestro ha un quid di significativo, e questo vale sempre, sia nei confronti di situazioni tragiche che negli aspetti divertenti, leggeri. Dice il grande fotografo, in linea con una precisa filosofia di vita, “Alcune ottime cose nascono dall’ozio e dalla meditazione. La fotografia è il risultato di un ozio e di una meditazione intensi che finiscono con il produrre una bella immagine in bianco e nero, ben fissata e risciacquata in modo da non sbiadire troppo presto.”

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8 commenti

  1. “In Dir ist Freude” è il titolo di un noto corale per organo di Johann Sebastian Bach.
    ‘In Te è la Gioia’ è ciò che percepisco dalle immagini di Elliot Erwitt.

  2. grazie a Fausto Raschiatore per la bella presentazione della mostra di Ervitt. Le sue presentazioni mi sono sempre piaciute…. da alcuni anni ormai!

  3. L’incontro con il grande Maestro e con le sue opere e’ stato emozionante all’inaugurazione ai “Tre oci”. Il nome del luogo e’ evocatico per la fotografia e per un grande autore come Elliott a cui un terzo occhio sicuramente non manca! Vedere quella sua canuta chioma mentre firmava un suo libro mi stimolava a rimanere con lui a perscrutare il suo pensiero, a parlargli ed asoltare direttamente dalla sua viva voce la sua esperienza, la sua cultura. Ringrazio Roberto Koch e Dennis Curti ed ovviamente la Fondazione che mi hanno premesso di essere cosi’ vicino a questa icona della fotografia mondiale. Anche se le opere di Elliott si sono viste spesso in Italia, questa e’ una raccolta molto completa ed interessante che non puo’ mancare come esperienza a contatto diretto con l’opera nelle sue dimensioni reali e del suo amore verso molti dei simboli della “sua America” e di un omaggio all’Italia, che in qualche modo ha sicuramente lasciato qualche traccia culturale. Ringrazio Fausto Raschiatore per aver ricordato questo evento.

  4. Ho visto la mostra di Venezia e non ho resistito nell’acquistare il volume “Scatti”, una imponente (500 pagine) raccolta delle sue immagini che devo ancora finire di sfogliare. La cosa che più mi attrae di Erwit è l’ironia delle sue immagini: alcune volte è sottile e ricercata (come quella di Marilyn), sicuramente frutto “dell’ozio e della meditazione”, ma altre volte è leggera, esplicita e coinvolgente come “una battuta” capace di provocare una risata di gusto (come la signora con “viso da cane”).
    Sicuramente un maestro che ci insegna e ci ispira a guardarci attorno tutti i giorni per vedere immagini da fissare.

  5. “L’ozio e la meditazione” di Erwitt sono la pausa rigenerante tra il lavoro fotografico da freelance e quello cinematografico per la realizzazione di un film.
    E’ l’ozio del chirurgo che, nelle pause, si impegna in un hobbi affine, che richiede grande precisione e manualità.
    L’otium per gli antichi romani non significava “dolce far niente”, bensì un tempo libero dagli impegni nel quale era possibile aprirsi alla dimensione creativa.
    In Erwitt c’è l’invenzione dei grandi fotografi, come Bresson – tra i due c’è una grande affinità – caratterizzata da uno spiccato e talvolta sofisticato senso dell’ironia, dello humor.
    La fotografia di Erwitt, come quella di Bresson, certamente non è la semplice e banale rappresentazione di un generico e qualunquistico “momento decisivo”.
    E’ un momento decisivo veramente illuminato e creativo.

  6. Prendo il treno regionale veloce alla stazione di Ferrara alle 08,44 con arrivo previsto alla stazione di Santa Lucia di Venezia alle 11 circa, giusto in tempo per il traghetto che mi porterà alla Giudecca per vedere la mostra di Erwitt alla Casa dei Tre Oci (mi piace pensare che il terzo sia quello della fotocamera). Nell’animo un poco di nostalgia e timore per un autore amato nel passato, come chi dopo anni si accinge a rivedere la sua amata sapendo di non poterla ritrovare come in quei giorni ormai lontani. Rinuncio ad un obiettivo tanto a Venezia è stato fotografato ormai tutto e porto con me il libro “Niente di antico sotto il sole di Luigi Ghirri”, tanto i treni sono sempre in ritardo e leggere aiuta meglio a far trascorrere il tempo d’attesa. Soglio le tante pagine del libro e mi soffermo a pagina 95, titolo del capitolo “L’America a Venezia firmata Adams e Gossage”, racconta di un suo viaggio a Venezia in aprile del 1987 e vedere una mostra a palazzo Fortuny sul “Nuovo paesaggio americano” con foto di William Eggleston, Sthephen Shore e Robert Adams. A parte quest’ultimo, i cui lavori in bianco & nero mi lasciano un poco perplesso, rivedo mentalmente le foto più famose degli altri due autori e le metto in correlazione con l’America fotografata dall’europeo Erwitt e mi vengono dei dubbi, se a Ghirri nel 87 Venezia mostrava quel tipo di fotografia perché quest’altra?. Arrivo in stazione, cammino tra le calli che conosco, arrivo in una piazzetta con giardinetto pubblico, mi siedo su una panchina e leggo tutto il libro senza andare alla Casa dei Tre Oci. Scatto foto ai giochi per bambini tramite lo smartphone, poi l’app le trasforma come fossero fatte ai tempi e nei modi di Eggleston ….

  7. Grazie a tutti per aver avuto la sensibilità di leggere questa riflessione sulla mostra veneziana di Elliott Erwitt (sono stati circa 22.000 i visitatori. Un bel successo!). E’ stato un piacere, il giorno dell’inaugurazione della rassegna, osservare in silenzio il grande maestro americano. Grazie a Teofilo Celani per averci detto l’essenza delle sue percezioni in una coniugazione che fonde Fotografia e Musica. Grazie a Michele Ghigo per le sue espressioni di apprezzamento. Affrontare in un pezzo una “lettura” su immagini di Elliott Erwitt è un privilegio! Condivido i ringraziamenti di Claudio Vettore diretti agli organizzatori. Elliott Erwitt, come rileva Stefano Consolaro, “ci insegna e ci ispira a guardarci attorno tutti i giorni”… e questo significa avere personalità. Non solo. E’ “illuminato e creativo”, commenta Antonino Tutolo. Spero di poter dare un ulteriore contributo alla crescita del blog e all’arricchimento culturale di Giancarla Lorenzini, che ringrazio per gli apprezzamenti. Da ultimo un grazie speciale a Maurizio Tieghi. In poche righe sintetizza in modo straordinario concetti e segmenti di storia della fotografia. E non solo italiana. Elliott Erwitt è solo un “pretesto importante” per lanciare un “assist” – rubo un termine al calcio – a fare “qualcosa” tra periodi fotografici diversi che potrebbe portare a considerazioni singolari in ordine ad un preciso itinerario dell’estetica fotografica e alla storia dei diversi passaggi che l’ha generata.

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