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Robert Capa di Fausto Raschiatore I° parte

ROBERT CAPA

di

Fausto Raschiatore

 

IL PIU GRANDE FOTOGRAFO DI GUERRA DEL MONDO – I parte

Presso il Centro Internazionale di Fotografia Scavi Scaligeri, a Verona, fino al 16 settembre 2012, è visitabile la mostra realizzata da Magnum Photos (la famosa agenzia che lo stesso Robert Capa aveva fondato nel 1947 con Henri Cartier-Bresson, David “Chim” Seymour, Georges Rodger e William Vandivert). Un grande omaggio a uno dei più importanti e influenti fotografi del XX secolo, leggendario reporter. Allestimento di qualità, come del resto, lo sono stati tutti quelli proposti sinora nelle “sale” del Centro scaligero. Fotografia di alto profilo, quella di Capa, che raccoglie copiosi consensi di pubblico e di critica, in una mostra, curata da Andréa Holzher (catalogo Silvana Editoriale. 2012. Euro 28), collocata nell’ambito dell’area archeologica veronese, che permette al visitatore, di vedere novantotto immagini in bianco e nero di grande qualità e, al contempo, di “compiere un viaggio a ritroso nel tempo, alla scoperta della Verona romana e medievale”. Un percorso affascinante, nel cuore della città, a poche decine di metri da piazza delle Erbe, snodo strutturale del “potere politico e amministrativo nel Medioevo, che ricalca il tracciato del Foro, fulcro della vita civile e religiosa in età romana”. Un edificio importante, vissuto a lungo, con “i segni” dell’epoca degli Scaligeri e con numerosi altri, aggiuntisi nei secoli successivi, fino al Novecento. Per un lungo periodo sede del Tribunale di Verona, fino agli anni Settanta del secolo scorso, prima dell’inizio degli scavi. “Scesa la scala – recita, tra l’altro, un depliant di presentazione del complesso -, ha inizio un percorso che richiede partecipazione al visitatore: le strutture antiche, lasciate a vista dove sono state trovate, non sono disposte secondo una sequenza ordinata nel tempo e ci conducono senza preavviso da un’epoca all’altra”. Fusione stimolante, quindi, tra fotografia e le aree degli Scavi nelle quali sono collocate le immagini, che genera un equilibrio da cui emerge subito un tratteggio linguistico in grado di sintetizzare il senso di empatia stabilitosi tra il grande fotografo e la gente comune, come è stato acutamente rilevato. Capa, infatti, non era solo un fotografo di guerra. Sosteneva l’amico John Steinbeck: “Capa sapeva che non si può ritrarre la guerra, perché è soprattutto una emozione. Ma lui è riuscito a fotografare quell’emozione. Poteva mostrare l’orrore di un intero popolo attraverso il viso di un bambino. La sua macchina coglieva l’emozione e la tratteneva. Capa era in grado di fotografare il movimento, l’allegria e lo sconforto, il pensiero”. Con equilibrio e un tratto ideologico significativo, nel contesto di un fotogiornalismo di altissimo livello, con al centro l’immagine e la sua forza espressiva, la sua narratività, in quanto sintesi di un evento è stata la testimonianza visiva di un momento, un autentico documento storico.

Robert Capa nasce a Budapest, nell’ottobre del 1913, da famiglia ebrea e gli viene dato il nome Endre Ernö Friedmann. Nel 1931, per aver protestato contro il regime ed essere stato etichettato come agitatore politico, si trasferisce a Berlino dove comincia a studiare giornalismo. Nello stesso anno l’Agenzia Deptot (Deutscher Photodienst) gli assegna il primo lavoro da fotografo. Due anni dopo, in seguito all’ascesa al potere del partito nazista, lascia la Germania e si stabilisce in Francia. E diventa, è stato rilevato, “più francese dei francesi”. A Parigi stabilisce rapporti con molti fotografi, tra i quali André Kertész, David Seymour, detto Chim e Henry Cartier-Bresson; l’anno dopo, 1934, conosce Gerda “Taro” Pohorylle, rifugiata tedesca, che sarà la sua compagna e manager. E’ del 1935 l’inizio dell’attività di fotografo col nome di Robert Capa. Nella capitale francese sono gli anni del Fronte Popolare. Segue i principali eventi politici in Europa. Si reca in Spagna per documentare la guerra civile. Lavora per VU e LIFE e inizia a crescere la sua notorietà. Siamo nel triennio 1936-39. Documenta la resistenza cinese contro l’invasione giapponese. Torna in Spagna per far conoscere i movimenti e le dinamiche del ritiro delle Brigate Internazionali dal territorio iberico alla fine della guerra civile. Va a lavorare in USA e in Messico per LIFE. Negli anni 1941-45 documenta la guerra in Europa fotografando i fronti più complessi e difficili. E’ presente durante lo sbarco in Normandia. Nel 1946 lavora per qualche mese a Hollywood dove fotografa sui set di noti registi, tra i quali, Alfred Hitchcock e John Houston. Nel 1947, con quattro amici fotografi, fonda l’agenzia Magnum, della quale diventa presidente nel 1951. E’ la realizzazione di un progetto coltivato a lungo, al quale si dedicherà fino alla morte. E’ l’anno in cui effettua un viaggio in Unione Sovietica con lo scrittore John Steinbeck. Si reca in molti Paesi, tra i quali Israele dove documenta la nascita del nuovo stato, il primo conflitto arabo-israeliano e i massicci sbarchi di immigrati nel porto di Haifa. Nel 1954 raggiunge il Giappone, e da lì prosegue per l’Indocina, dove, su commissione della rivista LIFE, documenta l’evacuazione dei prigionieri feriti a Dienbienphu. Muore nel maggio del 1954 a Thai-Binh, in Vietnan, a causa di una mina anticarro.

http://www.comune.verona.it/scaviscaligeri/CAPAWEB/la mostra.htm

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Un commento

  1. Bob Capa affermava che “se la foto non è significativa vuol dire non ti sei avvicinato abbastana”.
    Per comprendere pienamente il significato di questa frase occorre guardare un documentario sullo sbarco in Normandia (relativo ai fotografi di guerra, Bob Capa compreso) recentemente trasmesso su Sky.
    “Avvicinarsi abbastanza”, per Capa, significa scendere dai mezzi da sbarco, nell’acqua che ti impedisce di correre e non offre riparo, insieme ai marines, sotto il fuoco delle mitragliatrici pesanti e dei cannoni, armato con la sola Leica, nel mare rosso di sangue, tra le pallottole che fischiano ed i marines che gli cadono intorno, smembrati dalle bombe e trapassati dalle pallottole.
    http://www.anpi.it/media/uploads/patria/2009/6/LE_FOTOSTORIE_28.pdf
    Capa continua a scattare foto, queste si, immortali. Poi, shoccato dalla scena di morte, tra le urla dei pochi sopravvissuti che lo invitano a cercare riparo, si rialza e torna indietro verso il mezzo da sbarco, incurante dei colpi che gli fischiano intorno.
    Per fortuna viene recuperato e ricondotto alla nave.
    Questo è “l’avvicinarsi abbastanza” di Bob Capa.

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