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Walter Turcato – Guardare per trasparenze

GUARDARE PER TRASPARENZE.

“La fotografia è un viaggio attraverso trasparenze, non solo la trasparenza fisica, oggettuale, concreta, ma un’idea di trasparenza” (L. Ghirri).

Anni fa (sembrano secoli…) quando si ritirava dal fotografo di fiducia la scatoletta gialla con le 36 diapositive sviluppate, (se non addirittura quando si estraeva la pellicola dalla tank di sviluppo nella propria camera oscura) la prima verifica, il primo incontro con le nostre immagini, sino a quel momento “latenti”, avveniva già fuori dal negozio, o addirittura all’interno di esso se il titolare era anche fotoamatore e nostro amico. Le si guardava “controluce” e poco importava che lo sfondo fosse omogeneo o con zone d’ombra, di luce bianca o di luce artificiale. Finalmente la luce che “avevamo fatto nostra” con lo scatto, aveva una forma, e il sovrapporre queste “trasparenze” tra loro, con zone che risultavano parzialmente mascherate, dava luogo ad una prima istintiva/fortuita rielaborazione delle fotografie.

Iniziava una sorta di nuova “scansione” della realtà, alla ricerca di tutti quegli elementi che potevano definirla e caratterizzarla, nella consapevolezza che molti di questi componenti non si trovassero necessariamente all’interno della stessa cornice, ma anche nei “dintorni”, qualche metro più a destra o a sinistra, sotto, sopra, dietro, e tutti – a loro volta – “ci contenessero”.

La visualizzazione e valorizzazione di questo “contenitore” andava quindi ben oltre il solo gesto della ripresa fotografica, diventava autentico momento creativo. “La fotografia rappresenta sempre meno un processo di tipo conoscitivo, nel senso tradizionale del termine, o affermativo, che offre delle risposte, ma rimane un linguaggio per porre delle domande sul mondo” (L. Ghirri)

Le esposizioni multiple “on camera”, eseguite cioè al momento dello scatto, sullo stesso file, senza ulteriori manipolazioni/elaborazioni in post-produzione (se non un’ottimizzazione del contrasto), sono una delle modalità di ripresa che consente di finalizzare al meglio il nostro sforzo creativo.

Dopo una prima necessaria valutazione e pianificazione delle porzioni di luce e/o colore da sovrapporre, il risultato più gratificante sarà costituito dalla combinazione equilibrata tra quanto progettato/previsualizzato e la “sorpresa” prodotta da una componente imprevedibile, casuale, che le diverse sovrapposizioni avranno generato. Quello che Silvano Bicocchi ha ben definito come “errore creativo” (v. post del 24/06/12 – 3ª parte), “un’immagine strana che però riconosciamo fortissima nel rappresentare ciò che è il nostro sentito che in quel momento sorprendente provoca un’ebbrezza espressiva”.

É questo – secondo me – il “valore aggiunto” che giustifica queste immagini che poi saranno di fatto “solo nostre”, “pezzi unici” preziosi perché irripetibili, pur mantenendosi fedeli “istantanee reali” ben diverse da quelle ricostruibili a computer – quindi replicabili – per sovrapposizione di livelli con opportuni software.

Non una ricerca “del diverso” a tutti i costi, non una volontà di stupire, ma la conseguenza di un proprio entusiasmo artistico che accende un’intima necessità di sperimentare una fotografia “propria”, sempre in ricerca, che – riprendendo le parole di Silvano – “ha bisogno della nostra sensibilità artistica per essere amata e la nostra cultura fotografica per essere compresa”, alla quale va riservato lo stesso tipo di approccio dedicato a quegli autori che decidono di impostare la struttura delle loro immagini componendo dittici, trittici, mosaici, portfoli ecc. o a quegli autori che si esprimono con il linguaggio audiovisivo, dove la sovrapposizione delle immagini è proprio caratteristica imprescindibile e connotativa di quel tipo di comunicazione (con altre ovvie specifiche modalità di progettazione/fruizione), anche se in questi ultimi casi – essendo tutto scrupolosamente pianificato – viene a mancare quell’importante “errore creativo”.

Operativamente, la ripresa è possibile in quelle macchine (es. Nikon) che, con un’apposita funzione in menù, consentono di programmare le esposizioni multiple, assegnando sia il numero di scatti da sovrapporre, sia la modalità di sovrapposizione, automatica o manuale, secondo le intenzioni dell’autore o secondo la praticità che la logistica del momento consiglia.

Ne risulta comunque un esercizio molto impegnativo in fase di ripresa e per questo ulteriormente educativo alla conoscenza del mezzo che si utilizza e alla pratica generale della fotografia, predisponendoci ad essere molto selettivi e sempre più esigenti, nell’elaborazione di una “lettura dell’immagine in scena” ben prima dello scatto.

Il file RAW che si ottiene (“negativo digitale”, garanzia dell’originalità) sarà quindi una sintesi di diversi “colpi d’occhio” che andranno a comporre un’informazione più ricca di contenuti in una forma complessa che dovrà essere accostata con attenzione e curiosità, dedicandovi un giusto tempo di lettura, nella consapevolezza di non trovarsi di fronte ad una banale elaborazione.

(Allego alcune immagini a corredo/testimonianza di quanto detto: la didascalia vuole avere solo uno scopo “didattico” proponendo sia la fase progettuale che ha ispirato lo scatto, sia l’effettiva successiva lettura della fotografia).

1) Dolomiti di Sesto_2010, Walter Turcato
Due delle tre cime di Lavaredo sovrapposte alla porta della chiesetta in prossimità del panorama.
La geometria delle vecchie assi e la loro struttura consumata dal tempo, riprendono lo slancio delle vette e rimarcano l’asperità delle rocce; canaloni e ghiaioni sono ridisegnati dalle venature del legno.

2) S.Candido_2010, Walter Turcato
Cripta della Collegiata. L’agnello, simbolo religioso per eccellenza, visto in una prospettiva che porta alla luce, sotto la quale si intravvede un crocifisso. Una “storia di salvezza” sottolineata dall’essenzialità di tinte monocromatiche che ridisegnano e ripropongono la spiritualità del luogo.

3) Dobbiaco_2010, Walter Turcato
Un richiamo all’ordine e alla laboriosità di questa regione, attraverso manufatti che si integrano col territorio di provenienza, riproponendo la loro utilità ed eleganza, se utilizzati con consapevolezza ed equilibrio con l’ambiente.

4) Fiera Rho_2010, Walter Turcato
L’eleganza armonica della natura in simbiosi con l’attività dell’uomo: la coesistenza equilibrata dei due ambienti può contribuire a una vita migliore e ad un effettivo progresso verso il benessere.

5) Chioggia_2011, Walter Turcato
Ricerca formale sui grafismi e i colori che caratterizzano queste città di mare, in cui le case sono appoggiate le une alle altre, divise solo dai canali di acqua che ripropongono e moltiplicano la realtà con linee armoniose.

6) Chioggia_2011, Walter Turcato
Ricerca antropologica su una città di mare: l’acqua è presente anche quando non la si vede, a ricordare l’identità del luogo attraverso forme, colori, riflessi che parlano anche della quotidianità di chi vi abita.

7) Este_2011, Walter Turcato
Canne d’organo che cantano la Gloria ma che somigliano anche a lance che feriscono. Un simbolismo immediato che può favorire la riflessione.

8) Este_2011, Walter Turcato
Due giovani seduti su una scalinata. Due foglie dai colori autunnali che galleggiano unite su uno specchio d’acqua. Analogie per una riflessione sulla vita di coppia.

9) Monselice_2011, Walter Turcato
Vecchie mura che ci separano dalla vegetazione, dalla vita, accolgono nuovi graffiti con messaggi universali di amore: contrapposizione rimarcata dalla solitudine pensierosa di un uomo.

10) Piove di Sacco_2011, Walter Turcato
Al ristorante, in attesa della cena. Un bicchiere di acqua traparente “mette a fuoco” le decorazioni della tavola. Il colore caldo delle pareti avvolge la scena e gli arredi che accolgono favorevolmente i commensali.

11) Romania_2011, Walter Turcato
Icone consolidate della tradizione e della modernità di un popolo si fondono tra loro, in attesa.

12) Romania_2011, Walter Turcato
Vecchie strutture ospitano nuove generazioni che guardano con attenzione al futuro. Senza scordarsi della “vecchia chioccia” che li ha accuditi.

13) Sestri Levante_2012, Walter Turcato
La schiuma bianca di un mare calmo che accarezza la riva, circonda una rete a riposo dopo la pesca, in un naturale rapporto di dare/avere.

14) Garda_2012, Walter Turcato
L’armonia “eterna” di un paesaggio naturale contrapposta ad un muro – manufatto dell’uomo – consumato dal tempo.
 

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16 commenti

  1. Con questo corposo Post, Walter Turcato compie un passo importante come fotografo sul percorso del Tutor Fotografico FIAF condividendo la propria esperienza nella esposizione multipla in ripresa digitale. La doppia o multipla esposizione è stata una modalità molto piegata nell’analogico, ma mi ha stupito vederla in ripresa nel digitale al PhotoHappening di Sestri Levante del marzo scorso. L’esposizione multipla costruisce un’immagine fatta proprio di trasparenze, dove piccoli dettagli stabiliscono l’immagine prevalente o addirittura ne producono una nuova, ottenuta dalla fusione dei diversi scatti. La progettualità è necessaria per ottenere immagini efficaci nel produrre senso, si può iniziare con due scatti e già mentalmente fondere le trasparenze di due visioni metterà in moto la vostra mente e il vostro sentire; questo è un ottimo modo per imparare a progettare un’immagine complessa. Provate e contattate Walter se avete bisogno di chiarimenti, lui ne sarà contento. Complimenti vivissimi anche a Walter per la cura, sia tecnica che culturale, e la passione con la quale ha elaborato il suo bel progetto.

  2. Un lavoro creativo, quello di Valter Turcato, che ben sposa le trasparenze con le zone “mascherate” per enfatizzare il messaggio degli scatti, rispettandone l’estetismo e il cromatismo. Personalmente sono foto che gradisco molto.
    Marina Giannotti

    1. …grazie!
      Credo che il rispetto dell’equilibrio (compositivo, cromatico, di contenuto…) sia una “meta” importante per tutti i fotografi.
      Ci si educa tra l’altro ad essere “equilibrati” anche nella quotidianità…

  3. un’ulteriore conferma dell’impegno creativo di walter, un fotografo sempre alla ricerca di nuovi stimoli per innovare il suo fare fotografia
    un autore che non si vuole ripetere, nonostante i grandi successi raggiunti
    nello specifico non si accontenta di poter raggiungere forse gli stessi risultati in post-produzione con interventi sulle singole immagini più semplici, prevedibili e ripetibili
    cerca l’immagine on camera, unica, irripetibile, immaginata prima dello scatto
    devo dire che come osservatore quest’ultimo aspetto mi risulta marginale essendo teso alla lettura del risultato finale, per comprendere il messaggio dell’autore al di là della tecnica usata per esprimerlo

  4. Caro Valter questo post oltre ad essere una sollecitazione per tutti ad un uso sempre più creativo della tecnica fotografica a supporto della propria espressività è una metafora perfetta delle tue caratteristiche di uomo e di fotografo. La delicatezza e armonia delle trasparenze a significare l’uomo di profonda spiritualità e sensibilità artistica e l’assonanza di forma o di significato delle sovrapposizioni a rappresentare il tuo variegato bagaglio di cultura e di esperienze.

  5. Il portfolio di Walter Turcato coinvolge, fa sognare, pensare e invoglia a guardare oltre il visibile. Un lavoro intenso e delicato allo stesso tempo. Le sue fotografie “parlano” al cuore.
    Un bravissimo, quindi, insieme a cordiali saluti.

    1. Ricambio con amicizia i saluti e ringrazio te e Maurizio.
      Sono profondamente convinto che noi – fotoamatori – abbiamo l’importante responsabilità di trasmettere valori forti.

  6. ‘La Soglia’ e ‘La Trasparenza’.
    Due dei grandi temi che hanno attraversato la vita e la produzione artistica di Luigi Ghirri.
    Le trasparenze sono quelle che compongono la visione mentale e la soglia è l’apertura verso lo sviluppo del racconto, nella memoria di chi osserva.
    Ho sempre creduto alla esistenza di un legame profondo tra suono e colore; ad una solidarietà pre-razionale tra musica ed immagine.
    Per questo mi sento di definire il lavoro di Valter Turcato come una ‘polifonia a due voci’.

    1. Ti ringrazio per questa tua originale definizione!
      …mi occupo con passione anche di audiovisivi, e credo che musica ed immagine possano effettivamente “visualizzarsi” vicendevolmente.
      Lo sforzo è quello di comporre armonicamente.

  7. Bellissima quella citazione iniziale di Walter che riecheggiava l’emozione che abbiamo provato tutti nell’andare a ritirare le nostre diapositive e la gioia di poterle guardare in trasparenza appena usciti dal negozio…ecco la stessa emozione si è manifestata in me nel vedere le magnifiche “trasparenze” di Walter, foto digitali ma con la stessa unicità e preziosità delle vecchie diapositive.
    Un lavoro veramente ricco di sensibilità , unitamente ad una notevole abilità tecnica. Grazie Turcato

  8. Bel lavoro, ma come sottolinea anche Roberto poco importa a chi fruisce e gusta il lavoro finale con quali mezzi e metodi esso sia stato realizzato. Ad es. quando si guarda un quadro subito non ci si chiede se il pittore abbia usato la tecnica ad olio o l’acrilico, se sia frutto di uno studio o di un impeto passionale, ma si accoglie con i sensi l’emozione che ci suscita prima ancora di domandarci quale sia la funzione o lo scopo di quell’opera; questo credo valga per ogni forma di espressione artistica. Tra l’altro credo che l’elaborazione, sia in fase di ripresa che in post-produzione, si presuppone non sia mai banale ma frutto di una ricerca pensata e valutata.
    Giancarla Lorenzini

    1. Anche io sono sempre stato (e lo sono ancora) dell’idea che non sia determinante sapere quale mezzo si sia utilizzato per giungere al risultato finale…
      Oggi però c’è una marcata tendenza ad omologare tutto livellando ogni sforzo alla capacità di utilizzo di un computer, quindi mi pare giusto – se e quando necessario – evidenziare le peculiarità che caratterizzano alcuni lavori (e magari stimolare quanti non conoscono questa tecnica…) favorendo un approccio alle opere sempre attento e profondo (… e curioso!), in sintonia con l’impegno profuso che non è mai banale. Grazie, a te e a Roberto.

  9. ho visto e letto quanto ci propone il vecchio amico Walter Turcato: interessanti le parole e le foto.
    Mi rendo tuttavia conto che diventando vecchi non si ha più voglia di complicazioni, nella creazione delle immagini e nella lettura delle stesse. La FIAF è ormai ricca di dipartimenti, ce ne vorrà uno per la tutela di principianti ed anziani il cui apparato di neuroni ed allegati è limitato od addirittura essenziale. Sempre con affetto. Michele Ghigo

    1. …penso che questo Dipartimento sia proprio uno di quelli invocati da Michele Ghigo (che saluto con rinnovata stima e amicizia): l’apertura totale e senza spirito di competizione non può che favorire la diffusione autentica di una fotografia sincera e “multilingue” che – come tale – interesserà e coinvolgerà lettori di ogni età e sensibilità.

  10. … Abitando l’universo fotografico, siamo abituati alle fotografie: ci sono diventate abituali. Neppure percepiamo la maggior parte delle foto, poiché sono coperte dall’abitudine, come ci sfugge tutto ciò che è abituale nel nostro ambiente e percepiamo solo ciò che in esso si trasforma. Il cambiamento è informativo l’abitudine ridondante… Vilém Flusser da “Per una filosofia della fotografia” Queste fotografie di Walter non sono ridondanti, come scritto dal filosofo ci appaiono molto interessanti, guardandole si finisce per cercare le informazioni in esse contenute. Alcuni interventi hanno cercato di focalizzare l’attenzione sull’informazione prettamente tecnica, indicando il modo in cui sono state fatte. Lo stesso autore dice che il risultato ottenuto più delle volte è casuale, citando Vaccari si potrebbe dire che l’immagine finale è dovuta solamente all’inconscio tecnologico della macchina fotografica. A mio parere è questo il limite che posso costatare nelle trasparenze della sequenza proposta, esiste un’univoca modalità di composizione per le fotografie ma una marcata dissonanza nel visionarle una dopo l’altra. Ultima considerazione che diventa una domanda: ma siamo sicuri che siamo in presenza di trasparenze (vedo solo quello che l’ultima immagine mi permette) e non di oscuramenti (vedo solo quello che l’immagine superiore non mi copre di quella sottostante)?

    1. …solo una precisazione che mi sembra importante: il risultato di queste immagini non è mai casuale: queste riprese sono accuratamente progettate ricercando e selezionando i soggetti da “assemblare”. L’“errore creativo” (quindi qualcosa che esula dalla nostra pianificazione) sarà una delle componenti imprevedibili che conferiranno un “valore aggiunto” alle nostre immagini.
      Le zone scure (es. parti in ombra o colori scuri) saranno quelle su cui inserire la nuova visualizzazione, il particolare di un’altra immagine che andrà quindi a completare la prima, sommandosi ad essa ma non coprendola: il risultato di una “copertura” sarebbe di fatto solo un errore (non creativo).

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