"Tracce di me" da ITAca – Storie d'Italia di Stefano Consolaro
Tracce di me
di
Stefano Consolaro
Ognuno di noi può considerarsi la risultante dell’interazione di altre persone tra loro e con noi stessi.
Portiamo dentro di noi, codificati nel DNA, profili genetici che non conosciamo neanche completamente e per alcuni dei quali siamo semplici veicoli; elementi che arrivano dai nostri avi molto più lontani delle più vecchie foto che possiamo recuperare.
La famiglia è l’ambiente in cui ci plasmiamo, sia rifuggendo da certi modelli che non accettiamo, sia seguendone altri magari per inconsapevole emulazione.
Quando adulti cerchiamo l’anima gemella, condividiamo una visione della vita che fa entrare l’altra persona nella nostra anima e ad essa si lega.
Per chi ha la gioia di avere figli è naturale cercare in loro gli aspetti fisici e personali evidenti che abbiamo trasmesso, consci anche del fatto che sono i portatori più prossimi del nostro essere verso il domani.
In noi abbiamo tracce del passato, formiamo nuove tracce nel presente e lasceremo delle tracce che proseguiranno nel futuro per svanire nel mare della vita.
Con l’opera “Tracce di me” Stefano Consolaro compie una riflessione su un tema che appartiene a tutti: i passaggi generazionali sono il motore evolutivo della vita umana. Stefano non affronta il tema in termini universali ma quello suo particolare, mettendo in gioco i volti dei genitori e il proprio. Ma i sentimenti e i significati rappresentati sono universali: l’amoroso rispetto dei genitori, il senso di discendenza, la consapevolezza della propria vita di adulto, il rilancio dei caratteri indentitari nella vita dei figli. Ne risulta una presa di coscienza dei valori fondamentali della propria esistenza che sono comuni ad ogni uomo, e in questo modo il suo messaggio si universalizza. L’opera di natura concettuale, perché le immagini sono strettamente funzionali a costruire un concetto, parla con un linguaggio simbolico che inevitabilmente è pregno dell’affettività privata dei legami parentelari ma che nella parte finale si libera da quella connotazione e rappresenta il senso del futuro universale.
Splendido reportage del quotidiano sentire gli affetti più vicini e veri, del riconoscere e riconoscerci nelle tracce della vita che si trasmette dalla notte dei tempi e che ognuno di noi cerca di capire, sviscerare o rifiutare, a seconda del proprio vissuto.
Complimenti!
Il Lavoro di Stefano è la rappresentazione ordinaria dei nostri affetti, dei nostri ricordi, dei nostri amori e delle nostre speranze…la vita insomma che nella rappresentazione ordinaria diventa straordinaria per ciascuno di noi: è per questo che riusciamo ad immedesimarci così tanto nell’opera di Stefano Consolaro. Immagini che ci colpiscono dritte al cuore per la loro poeticità e per la loro bellezza. Complimenti Stefano
bellissime queste foto in bianco e nero.
Giorgio Bendazzoli
Recentemente ho assistito ad una conferenza sullo scrittore Italo Svevo ed il suo romanzo più famoso “La coscienza di Zeno”, la dotta relatrice ha specificato che l’autore, a fronte delle domande sul suo presunto rapporto tra scrittura e psicoanalisi, era solito rispondere che un suo caro amico era stato sotto cura di Sigmund Freud non traendone alcun beneficio, ma se al suo posto ci fesse andato lui sicuramente ne avrebbe tratto grande giovamento per la scrittura del suo romanzo. Ora di fronte di questo portfolio fotografico di tipo concettuale mi rivengono alla memoria quelle parole, quindi sarei tentato nel farne una lettura focalizzando il pensiero su questa presunta correlazione tra immagini oniriche e reali, tra conscio ed inconscio. Sarei in errore, infatti seguendo l’indicazione del Direttore e inquadrando l’opera come una ricerca di tipo concettuale ricordo quanto dichiarato dall’artista conceptual art americano Joseph Kosuth: “l’arte è la definizione di arte”. Basta ed avanza, anche se altri lettori si sentono nostalgicamente parte di questo spaccato di vita vissuta, in un analcolico bianco e nero, come se fosse tutto un fotoromanzo tratto da Bolero ma con l’attualità dei tempi dettata dall’onnipresente totem ad alta gradazione alcoolica computer.
Mi piace molto questo lavoro in bianco e nero, lavoro che ciascuno di noi porta dentro e che l’autore ha realizzato con efficacia,evidenziando le tracce del nostro vivere affettivo.