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“Istantanea[mente]” – di Silvano Monchi e Sabina Broetto, a cura di Andrea Moneti

“Istantanea[mente]” di Silvano Monchi e Sabina Broetto

Il circolo ARCA Foto Spazioimmagine di Firenze nel corso della XXVI Rassegna del Diaporama ha avuto il piacere di ospitare una mostra di interessante e di particolare rilevanza: “Istantanea[mente]” di Silvano Monchi e Sabina Broetto.

 Si tratta della sintesi di un libro commissionato da parte dai comuni di Figline e Incisa Valdarno per il percorso di unificazione che è stato intrapreso dalle due amministrazioni.

Come gli autori ci hanno spiegato, la sfida per la creazione di questa opera era difficile, perché sulla rappresentazione di questi territori si era già espresso nel 2011 Gianni Berengo Gardin con il sua mostra “Terra da Vivere”, che ha rinnovato il ritratto di Figline eseguito trenta anni prima dal suo maestro e amico Paolo Monti.

L’idea originale che ha permesso ai due autori di confrontarsi senza timori reverenziali con i due grandi maestri della fotografia è stata quella di produrre ed elaborare le immagini direttamente tramite smartphone, creando una singolare analogia con il formato polaroid.

La saturazione e la nitidezza delle immagini prodotte con questo sempre più diffuso dispositivo si è rivelata efficace e vincente, e i vari luoghi luoghi sono stati rappresentati con un occhio esperto e attento, valorizzando la scelta del formato quadrato delle immagini, imposto da Istagram che è stato utilizzato per la postproduzione.

Il titolo racchiude in sé due aspetti: il primo (istantanea) richiama il tecnicismo e la velocità, come per l’appunto le immagini fossero state prodotte con delle polaroid. L’altro aspetto (mente) può invece esprimere sia il fatto che non sia vero che queste immagini siano state rubate o siano state in effetti così “veloci”, così come la presenza di una idea, della volontà che sta alla base della realizzazione dell’opera.

 Appare chiaro nell’osservare la mostra che i luoghi siano stati attentamente selezionati, le inquadrature curate, e ben poco sia stato lasciato al caso.

 Una parte delle immagini del libro e della mostra è dedicata agli artigiani, protagonisti principali dei luoghi che li abitano e li fanno vivere. Le fotografie di questi uomini impegnati in lavori “antichi” rendono viva e non anacronistica la rappresentazione iconografica del territorio.

Ma andando oltre i tecnicismi, seppur originali e pregevoli, la chiave di lettura che mi ha particolarmente colpito in questa mostra è lo sviluppo di un tema riguardante un particolare aspetto dell’identità.

“Istantanea[mente]” infatti richiama e sottolinea il concetto di identità di luogo.

Quante volte davanti a un luogo che preferiamo, lo sentiamo particolarmente familiare e ci sentiamo a nostro agio?

E’ a partire dagli anni ’70 che alcuni psicologi svilupparono il concetto di place identity, una teoria che rimanda “a quelle dimensioni del sé che definiscono l’identità personale dell’individuo in relazione all’ambiente fisico attraverso un complesso sistema di idee, credenze, preferenze, sentimenti, valori e mete consapevoli e inconsapevoli unite alle tendenze comportamentali e alle abilità rilevanti per tale ambiente” (Proshansky 1983 p.155).

In estrema sintesi, questi autori hanno teorizzato che una parte della nostra identità sia legata ai luoghi di cui abbiamo esperienza, e che generano quindi un vero e proprio legame di attaccamento agli stessi.

I luoghi rappresentati della mostra sono quindi sicuramente maggiormente significativi per chi più da vicino li riconosce e li ha familiari.

 In tal senso il libro realizzato con il contributo della comunità locale e quindi la mostra, con l’uso del concetto di identità di luogo come base della narrazione e quindi della fotografia, appare una operazione particolarmente efficace e ben riuscita.

Andrea Moneti

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8 commenti

  1. Con la recensione della mostra “Istantanea(mente)”, di Sabina Broetto e Silvano Monchi, Andrea Moneti compie il suo esordio in Agorà Di Cult. Ci presenta una mostra tematica della propria terra. E’ bello accorgersi di quanta fotografia viene proposta attorno a noi e poi condividerla. E’ importante, fare come Andrea Moneti: entrare nei significati che la mostra comunica e farli materia di riflessione collettiva producendo un post. In questo modo il blog manifesta la sua potenza culturale andando oltre l’esclamazione espressa su un network per comunicare un pensiero, con calma, con tutto il tempo che ci vuole… Complimenti vivissimi ad Andrea!

  2. La mostra “Istantanea[mente]” presentata da Andrea Moneti, ci fa capire quante possibilità creative ci può offrire uno smart-phone che permette di ottenere immagini fotograficamente accattivanti e ben composte.
    Come dice Andrea , i luoghi fotografati e le persone riprese durante il loro lavoro, sono sicuramente più significativi per chi vi abita e riconosce gli artigiani; forse i due autori avrebbero potuto osare un po’ di più , ma il lavoro risulta comunque gradevole.

  3. Trovo molto interessante la riflessione che, per questo bel lavoro, ci propone Andrea Moneti.
    Ciascuno di noi sente, e ci è confermato da autorevoli studi etno-antropo-psicologici un legame forte, quasi fisico, con il luogo d’origine che ci fa riconoscere la nostra appartenenza e che smuove, spesso, il desiderio di volerla manifestare, descrivendola.
    Per questo la fotografia è strumento perfetto, insuperabile per documentare e condividere.
    In quest’opera gli autori, grazie alla meditata scelta di mostrarci ambienti e persone, narrandoci non solo la bellezza ma anche il vissuto interpretandolo attraverso una scelta metodologica, estetica e compositiva personale, ci lasciano un ritratto che sentiamo attuale e con il fascino della semplicità antica.
    Un racconto che vuol infonderci il desiderio di scoperta delle tipicità e dell’identità del luogo.
    Sarebbe molto interessante che questo fosse l’inizio di un nuovo “Viaggio in Italia” da fare insieme per conoscere meglio il meraviglioso territorio italiano attraverso i lavori che sicuramente molti autori avranno realizzato.
    Orietta Bay

  4. Ritrovo in queste immagini scorci già visti e rivivo bei momenti trascorsi a Figline nel 2006, quando ho avuto il piacere di realizzare un portfolio assieme ad altri amici fotoamatori proprio su invito dell’amico Silvano Monchi, da sempre molto attento alla valorizzazione del proprio territorio.
    Come non amare questa terra di Toscana? E come non affezionarsi alla sua gente?
    Oggi l’utilizzo dello smartphone consente un nuovo approccio e un nuovo coinvolgimento, che necessitano di un avvicinamento al soggetto, un esame delle migliori condizioni di ripresa e uno scatto che sarà tanto più personale quanto più riusciremo ad effettuare contemporaneamente anche la “post produzione”, senza relegarla ad una fase successiva.
    Le diverse cornici e i diversi filtri applicati non sono quindi semplici elementi decorativi, ma “connotativi” che – se applicati consapevolmente – possono comunicare con più efficacia il nostro sentimento.
    Una nota marginale: le immagini proposte da Andrea (ciao!) sono riproduzioni di stampe che – pur ben fatte – penalizzano in qualche caso il taglio effettivo delle maschere fotografiche e aggiungono e un involontario colpo di luce in alto a sinistra e un’ombreggiatura in basso a destra, elementi non da poco nella “grammatica” essenziale di questa tecnica fotografica.

  5. Colgo l’occasione della presentazione di questo bel lavoro, per esternare un mio piccolo ragionamento.
    Sovente vediamo opere realizzate con strumenti fotografici moderni (digitale), ma imitando tecniche che nel tempo sono diventate degli stilemi, delle caratterizzazioni estetiche singolari, quale la polaroid, l’effetto della pellicola Kodak scaduta, la cornice periferica scura inevitabilmente generata dalle ottiche di scarsa qualità, ecc.
    L’arte – e la fotografia è arte – è invenzione, creatività, innovazione, ricerca, sperimentazione.
    L’uso delle tecniche fotografiche è funzionale ai significati dell’opera.
    A mio avviso non c’è limitazione alle tecniche utilizzabili nel campo fotografico, finché si vuol fare arte e non attestazione del vero e del reale (che esiste solo nella fotografia amatoriale, mentre nei tribunali la fotografia non è prova primaria).
    L’uso di uno stilema antico in un’opera contemporanea la fa sembrare fuori dal tempo.
    Oltretutto un linguaggio semplice, quando non c’è il grande genio che sa ridurre a “semplice” anche il “complesso”, è più comprensibile ed immediato.
    Anche la fotocamera di un cellulare può essere strumento d’arte; ma il digitale dovrebbe essere utilizzato per la ricerca di una nuova estetica fotografica.
    La nostra stessa identità è strettamente legata all’ambiente da cui veniamo ed in cui viviamo. In particolare l’ambiente dell’infanzia resta in noi, immutato, per tutta la vita. E quando ci capita di ritornare dopo tanto tempo, ci accorgiamo dolorosamente che abbiamo attribuito significati e valori soggettivissimi a luoghi, a situazioni, a persone. Ma tutto è svanito. I luoghi e le persone sono cambiati o svaniti. Resta solo il ricordo, che sembra perfino solo immaginazione, tanto la presunta realtà passata è lontana ed irreale. Ed allora ci sentiamo veramente soli.

  6. Ho dimenticato un concetto che mi piacerebbe aggiungere all’intervento precedente.
    —-
    Proprio perché l’ambiente lo interpretiamo in modo soggettivo ed attribuiamo ad esso significati che esso non ha, occorre tener presente che gli altri possono non rilevare i significati che noi pensiamo di avere inserito nelle nostre foto; perché essi, in realtà, sono rimasti nella nostra mente; e li vediamo solo noi.

  7. …siamo proprio in una “piazza”, in cui si possono ritrovare amici di sempre ma anche fare nuovi incontri: per curiosità ho cliccato sul nome di Barbara e il collegamento al suo blog è stato una bella sorpresa!
    Un “ambiente” accogliente in cui fermarsi a vedere immagini, ma anche a riflettere sui temi proposti dai pensieri che le accompagnano. Una bella e gradevole pausa.
    Se poi si ha più tempo, si può fare anche un “giro” nel suo account in Pinterest…

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