Werner Bischof – di Fausto Raschiatore
WERNER BISCHOF
di
Fausto Raschiatore
WERNER BISCHOF – RETROSPETTIVA
La città di Torino ospita fino al 16 febbraio 2014, nelle sale di Palazzo Reale, una retrospettiva di Werner Bischof (Zurigo, 1916 – Perù, 1954), uno dei più importanti fotoreporter del XX secolo. Dopo Henri Cartier-Bresson e Robert Capa, approda nel capoluogo piemontese, un altro autore Magnum Photos, la prestigiosa Agenzia americana, nata nel 1947.
La mostra, di alto profilo culturale e di forte impatto emotivo, presenta un corpus importante di opere dell’autore svizzero. Centocinque foto in bianco e nero, divise in sette sezioni che illustrano l’intensa e brevissima carriera dell’Artista della fotografia, come lui stesso amava definirsi. L’esposizione, organizzata da Silvana Editoriale, da Magnum Photos e dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Piemonte, è una proposta stimolante, molto utile per far conoscere un vero artista, da sempre considerato un fotoreporter umanista, per via di quella sua particolare capacità empatica e per il suo deciso rifiuto di ogni forma di sensazionalismo. Decisamente un “personaggio” o, come è stato detto, un fotografo impegnato.
Scrive Hugo Loestscher che “Werner Bischof ha creato un opus fotografico che si pone al massimo livello sia per la perfezione formale sia per l’impegno sociale; nello stesso tempo, il suo lavoro è rappresentativo, come forse nessun altro, della problematica e dello sviluppo della moderna fotografia”. (da Un fotografo impegnato. Collana I Grandi Fotografi. Editoriale Fabbri).
Impaginata in modo classico e con grande equilibrio, la rassegna presenta in parete, oltre alle immagini in bianco e nero, una serie di inserti descrittivi, nel quadro di uno studiato progetto espositivo, che permettono al visitatore di acquisire dati importanti, in contemporanea, durante la visita, sull’autore e sulla cronologia e storicizzazione delle opere esposte. La mostra, presentata nelle splendide sale di Palazzo Reale, riconosciuto dall’UNESCO come “patrimonio dell’umanità”, una tra le più imponenti residenze urbane, situato sul lato nord-est di piazza Castello, ha nella bellezza e nella naturalezza degli spazi un ulteriore valore aggiunto. Una location prestigiosa per un allestimento prestigioso che insieme danno corpus a una proposta culturale di stimolante interesse artistico. Si coniugano in maniera strutturata più elementi appartenenti a epoche e culture diverse che vengono proposti da sensibilità contemporanee attente e pronte a fare cultura in modo qualificato. Una modalità per cui il passato, nella fattispecie il Palazzo Reale e la sua storia, e il presente contemporaneo, ovvero la Fotografia e la sua capacità narrativa, possono permettere, se coniugate in modo equilibrato e con coerenza progettuale, la costruzione di proposte culturali straordinarie e vincenti. Come questa retrospettiva di Werner Bischof. Un palazzo costruito tra il 1584 e i cento anni successivi, più volte ristrutturato, gioiello del patrimonio artistico di Torino, ricco di bellezze ineguagliabili, e centocinque fotografie, autentici capolavori dell’arte fotografica ben coordinati e messi a disposizione di chi vuole capire e conoscere, o semplicemente godere la narratività iconica di un maestro dell’arte della luce, il mondo e le sue evoluzioni. Un abbinamento che sintetizza, nel rispetto delle differenze, una serie di stimolanti contaminazioni incrociate tra le arti e le loro diverse Storie.
Accompagna la mostra, un bel catalogo (SilvanaEditoriale/Milano – formato: 23 x 28 cm – 144 pagine – 100 illustrazioni in b/n – brossura con alette – italiano/inglese/francese – prezzo: 28 euro) curato da Dario Cimorelli e Alessandra Olivari, con testi di Angela Madesani e una preziosa intervista a Marco Bischof, presente all’inaugurazione, figlio del maestro svizzero, che si è dedicato al fotogiornalismo dalla fine della seconda guerra mondiale.“Gli avvenimenti bellici lo resero politicamente consapevole: scoprì la macchina fotografica come mezzo per confrontarsi con il presente”, ha scritto, tra l’altro, Hugo Loetscher nell’opera dianzi citata, I Grandi Fotografi/Volume Werner Bischof, 1982, a cura di Romeo Martinez, uno dei più apprezzati storici della fotografia, a livello internazionale. Nel 1949 entra a far parte dell’agenzia Magnum Photos, mentre collabora con prestigiose testate come Life e Vogue. Una proposta culturale che permette ai visitatori di vedere scatti notissimi tra i più belli della produzione di Werner Bischof, che evidenziano, oltre ad una grande capacità tecnica, una composizione studiata in ogni dettaglio unitamente a una perfezione formale in cui la luce viene utilizzata come elemento creativo. Immagini che hanno forza espressiva, sensibilità narrativa, coinvolgono, catturano lo sguardo di chi le osserva, e al contempo, sono testimonianze e descrizioni, raccontano di momenti storici e di riflessioni profonde, in particolare di sensazioni speciali e percezioni, singolari, uniche, colte nel senso ampio del termine.
Werner Bischof, che ha una rigorosa disciplina del lavoro, a 16 anni frequenta la scuola d’arte di Zurigo dove entra in contatto con il fotografo Hans Finsler, legato alla corrente della Nuova Oggettività. Quattro anni dopo apre un proprio studio, dedicandosi alla fotografia realistica e di moda, dimostrando subito capacità tecniche, sensibilità linguistico-espressive e una singolare propensione alla conoscenza e agli approfondimenti. Nel 1954, a 38 anni, muore in un incidente automobilistico sulle Ande peruviane, nove giorni prima di Robert Capa. Celebre la fotografia con il ragazzo che suona il flauto, scattata nei pressi di Cuzco, pochi giorni prima della sua morte. I suoi scatti colpiscono per la loro immediatezza, per la solennità dei frammenti di vita indagati e per l’umanità che riescono a comunicare. Fotografie celebri, che da tempo ormai sono entrate in maniera autorevole nel patrimonio culturale del Novecento. Egli osserva con la stessa attenzione tutte le discipline, convinto che, su piani diversi, da tutte c’è da imparare e tutto può essere utile per capire. La stessa Fotografia è strumento per acquisire conoscenze nuove e veicolo per comprendere riflessioni e/o punti di vista altrui.
Fausto Raschiatore è un critico e storico della fotografia attento e reattivo alle attività espositive. Dobbiamo anche a lui se su Agorà Di Cult abbiamo avuto la seria riflessione su mostre importanti realizzate nelle città italiane.
Questa importante retrospettiva di Werner Bischof è un’altra bella rivisitazione della fotografia del secondo dopo guerra che vista oggi, dal 2014, mi sembra ormai lontanissima nel tempo anche se ha formato nella mia generazione la passione fotografica. Spero che anche i nuovi appassionati fotografi possano trarre preziosi elementi utili per il loro percorso.
A novembre dell’anno scorso ero a Torino e ho visitato questa mostra per caso. Il percorso espositivo mi ha condotto per mano nel mondo di questo fotografo svizzero, del quale ho apprezzato la tecnica accompagnata da una grande creatività. Mi permetto di consigliare, a chi ha intenzione di andare a Palazzo Reale, di seguire il percorso anche con l’audioguida, che contiene la lettura di brani del suo diario e altre utili a comprendere a fondo le emozioni delle immagini.
Grazie Silvano per gli apprezzamenti sulle mie proposte culturali riguardanti i grandi fotografi. Approfitto della tua disponibilità per aggiungere una ulteriore breve riflessione dopo aver letto la tua nota di commento su Bischof. La nostra generazione si è alimentata delle valenze linguistiche ed estetiche generate dalle poetiche dei grandi maestri del secondo dopoguerra. Studiarli e riviverli in una dimensione “aggiornata” è importante perché “con loro” abbiamo conosciuto e imparato i linguaggi dell’arte fotografica. Rivisitarli è piacevole dal punto di vista culturale e storico per tante motivazioni. Due su tutte: gli approfondimenti permettono di rivivere momenti magici di studio che quasi sempre producono nuove conoscenze, stimolanti aggiornamenti e storiche puntualizzazioni, che danno, per ogni singolo autore, ricchezza alla grammatica e alla sintassi della fotografia e permettono di rimodulare la dimensione del “passato” più vicina al reale del nostro tempo storico. Il quale, quotidianamente, si aggiorna, per cui gli eventi diventano, dal giorno dopo il loro accadimento, memoria, ricordo, territorio di studio. Ecco perché i grandi fotografi vanno sempre seguiti con attenzione e curiosità intellettuale: riscoprili significa attualizzarne la dimensione, un modo per sentirli più “vicini” e sempre come punti di riferimenti “classici”. “Se è vero – sostiene Dorothea Lange – che esiste forse un ambito in cui la fotografia non ci può trasmettere null’altro che quello che vediamo con i nostri occhi, ne esiste un altro in cui essa ci dimostra quanto poco i nostri occhi ci permettano di vedere”. “Guardare” è importante, “vedere”, lo è ancora di più, perché permette di andare, per chi possiede la necessaria sensibilità, oltre il visibile, tra i segreti del mondo. Come hanno fatto alcuni dei più importanti e celebrati fotografi del secondo dopoguerra: Werner Bischof è uno di quelli, tra i più autorevoli. Ti ringrazio dell’ospitalità e ti auguro buon lavoro, Fausto.
Un grazie lo dobbiamo dire a Fausto Raschiatore per la profondità e ampiezza delle riflessioni che ci regala.
Sono molto in accordo sul fatto che gli “approfondimenti permettono di rivivere momenti magici di studio che quasi sempre producono nuove conoscenze”.
Ri-leggere le opere dei grandi maestri con più notizie biografiche, con riferimenti storici del periodo in cui sono vissuti e studiare tendenze culturali e artistiche in cui hanno operato, ce li fa conoscere meglio perché ci sono offerti gli strumenti utili alla comprensione delle loro opere.
E la meraviglia è che ad ogni riflessione, se guidata , come in questo caso da chi lo sa fare con tanta capacità, ci sentiamo arricchiti perché come diceva lo stesso Werner Bischof “solo il lavoro fatto in profondità, con impegno e un coinvolgimento totali, può davvero aver valore.”
Orietta Bay
Ho visto a Palazzo Reale le retrospettive di Carter – Bresson e Capa.
Questo splendido intervento mi ha convinto a ritornare nella mia natale e amata Torino per vedere quest’ultima mostra.
Indispensabili gli interventi come questo che invogliano allo studio e all’approfondimento, senza i quali è inutile pensare di avanzare nell’attività, anche amatoriale, di fotografo.
Grazie a tutti per l’immenso lavoro e del tempo che ci dedicate.