Robert Capa – di Gianpiero Scafuri
Robert Capa – di Gianpiero Scafuri
Osservare un’immagine è come vedere la realtà attraverso gli occhi di un’altra persona, percepirne il pensiero e comprendere lo stato d’animo.
Ma si è persa la fiducia nell’immagine fotografica che permetteva di vedere, al di là della tecnica, lo spirito di chi ti sta mostrando un pezzo di vita, un incrocio di eventi, un contatto umano. Non ci s’indigna più davanti a immagini atroci e brutali. Ci si ferma solo a guardare al come e non al cosa, al perché.
Mi rendo conto di come la visione di un’immagine sia cambiata mossi sempre a cercare il sensazionale dimenticando la pietà e l’indignazione. E’ questo che mi racconta il Miliziano. E’ questo che penso, ricostruendo la storia di Robert Capa, una finzione che parla di verità, un personaggio inventato che racconta di storie vere, ma anche un uomo ispirato che trova il modo di farsi ascoltare, ad ogni costo, perché ha davvero qualcosa da dire, qualunque sia il suo nome, sarà il suo occhio e la sua sensibilità a parlare di lui.
Questa immagine è tra quelle che sono messe in evidenza, quando si inizia a studiare storia della fotografia. Meno pulita di un’immagine di Cartier Bresson, di Brassai o di Ernst Haas, ma è questa sua imperfezione che la fa diventare una grande foto, una fotografia di Capa: le braccia aperte, il fucile che scivola dalla mano, un enorme, silenzioso e vuoto spazio spinge il soldato all’indietro, lasciando un certo sgomento a chi osserva questa immagine.
Robert Capa nasce a Budapest con il nome di Endre Ernő Friedmann, il suo sogno è diventare scrittore, ma il suo coinvolgimento politico contro le politiche di estrema destra lo porta ad andarsene dall’Ungheria. Si ritrova a Berlino a lavorare in uno studio fotografico, è li che avviene l’incontro con la fotografia che non lo lascerà più. Di origini ebraiche, ha vita difficile nella Germania degli anni trenta così si sposta in Francia cercando di lavorare come fotografo freelance, senza fortuna. I giornali non lo conoscono e non lo vogliono, non riesce a farsi assumere ne a vendere il suo lavoro così entra in gioco la sua proverbiale “faccia tosta” che lo aiuterà in più di un’occasione nella sua vita. Con l’aiuto della sua compagna, Gerda Taro, anche lei straordinaria fotografa e fervente rivoluzionaria, inventano il personaggio “Robert Capa”, adottando il nome del regista americano Frank Capa: Robert Capa è un celebre fotografo americano appena giunto a Parigi, che desidera lavorare in Europa.
Grazie a questo espediente la coppia comincia a guadagnare. Insieme decidono, nel 1936, di andare in Spagna a seguire da vicino gli sviluppi della Guerra Civile Spagnola, realizzano diversi reportage vendendoli a testate importanti come “Regards” e “Vu”. Nel 1936 nei pressi di Cordova, a Cerro Muriano, Capa si trova nelle campagne vicine insieme ad un gruppo di lealisti, c’è uno scontro a fuoco, l’unica vittima quel giorno è Federico Borrell Garcìa, l’uomo immortalato dallo scatto di Capa, il Miliziano. La foto ha un enorme successo, è pubblicata su tutte le riviste americane e fa il giro del mondo, divenendo il simbolo dei soldati lealisti morti durante la Guerra Civile Spagnola.
Questa foto, e ovviamente, la sua straordinaria “faccia tosta”, gli danno il lasciapassare per entrare nelle redazioni delle maggiori riviste americane, è il suo passaporto per accedere agli ambienti militari americani. Robert Capa, in realtà è un uomo di azione, grande osservatore, sa come muoversi per raggiungere i suoi obiettivi. Se fosse stato scrittore sarebbe diventato un grande giornalista, ma era un fotografo e questo l’ha portato in prima linea, a rischiare continuamente la vita per ricercare la verità, per essere testimone e mostrare al mondo le atrocità della guerra, il coraggio straordinario e le viltà più orribili.
Capa non è solo un eccellente fotografo di guerra, è anche un professionista che ha gettato le basi della fotografia giornalistica moderna: ha dimostrato che è possibile fare informazione senza essere al soldo di un governo o una idea politica, ma solo agli ordini della propria coscienza; ha dimostrato che non è un nome risonante a garantire il successo ma solo le capacità personali. La lunga storia del Miliziano è una parabola dei nostri tempi, in cui la critica vuole dettare le regole, ma è l’immagine che parla da sola, e si può stare a supporre sul chi, come e quando, ma si ritornerà sempre al punto di partenza, non è la fama che fa un fotografo ma solo le sue immagini.
Robert Capa è legato alle immagini della guerra: come fotografo egli ha infatti seguito per quasi 18 anni tutti i maggiori conflitti mondiali – cinque, per la precisione – fino a quel terribile 25 maggio del ‘54 quando una mina calpestata in una risaia del Vietnam pose fine a soli 40 anni alla sua breve ma intensa vita di uomo e di giornalista.