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Amarcord – di Guido Morelli

Amarcord – di Guido Morelli
Opera presentata al Photo Day 2014 di Piombino organizzato dal C. F. “Il Rivellino”

In questi ultimi tempi “il più grande spettacolo del mondo”, come recitava il titolo di un famoso film, cioè quello del circo, viene offerto, per lo più dalla televisione e coinvolge esclusivamente artisti di richiamo internazionale che presentano numeri sempre più complicati e difficili, spesso quasi ai limiti delle possibilità umane, accompagnati da musiche e coreografie che non sfigurerebbero nei migliori teatri.
Ma non è sempre stato così: ricordo che, negli anni ’70 del secolo scorso, l’arrivo del circo, di qualunque livello fosse, si trasformava in una vera e propria festa popolare. I bambini erano i primi ad accorrere, entusiasti e, con loro, tutti quelli che, come me, avvertivano il fascino particolare di una vita da girovaghi caratterizzata, almeno così si pensava, dalla più assoluta libertà.
Era interessante seguire, attraverso l’obiettivo della macchina fotografica, tutte le fasi che precedevano l’inizio dello spettacolo, dal montaggio del grande tendone fino alle prove generali che erano il preludio di ogni esercizio, dal più semplice al più complesso.
Questo approccio particolare mi dava la possibilità di entrare in contatto diretto con i circensi, di instaurare con loro un rapporto di familiarità, se non di amicizia e, soprattutto, di cogliere quei momenti, “dietro le quinte”, che, nella loro dimensione privata e quotidiana , esercitavano su di me un interesse non inferiore a quello dello spettacolo vero e proprio. Il digitale era ancora ben lontano ed ogni scatto era meditato, studiato, prezioso.
In fase di sviluppo e di stampa subentravano poi, legate all’incertezza del risultato, altre emozioni ormai negate dalla fredda perfezione delle tecniche attuali. Così, mettendo insieme le immagini di questo portfolio, ho voluto ripercorrere quei tempi ormai lontani attraverso un omaggio ad un circo “eroico” altrimenti destinato a sopravvivere nel ricordo, sempre più sbiadito, dei meno giovani.

 
 

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5 commenti

  1. “Amarcord” di Guido Morelli è un’opera animata da un’idea narrativa tematica, in virtù della interpretazione soggettiva dato al tema trattato.
    Sono felice che l’autore, dopo aver partecipato con grande passione alla lettura pubblica del Photo Day di Piombino, abbia inviato anche questo suo secondo lavoro dopo quello sull’alluvione di Firenze già pubblicato su Agorà Di Cult.
    Andate a rivedere quel primo lavoro, scrivendo il suo nome nel campo di ricerca del nostro blog, e vi renderete conto dell’alto livello autoriale raggiunto da Morelli nel reportage fotografico. Egli è un tipico esempio di autore di provincia che meriterebbe l’attenzione di qualcuno che ne valorizzasse l’intera opera e ne scrivesse la storia, sarebbe un bell’esercizio per un aspirante di Storico della Fotografia FIAF. Se non li facciamo noi, col volontariato culturale, questo genere di studi non li fa nessuno ed è davvero un peccato!
    Oggi un reportage incentrato sul backstage di un circo non fa più scalpore, perché da oltre 10_15 anni questo aspetto è diventato un tratto tematico classico, direi necessario, nei fotoreportage di ogni attività che sfocia in una performance. Ma negli anni ’70 il “dietro le quinte” era una scelta molto innovativa, perché nella cultura più idealista di allora si riteneva che fotograficamente tutto il valore dell’attività circense potesse essere rappresentata da buoni scatti dello spettacolo.
    Guido Morelli, con la sua forte sensibilità lirica e umana, mostra i momenti dello spettacolo intesi come culmine di un percorso compiuto dagli artisti. Nello spazio del backstage invece egli raccoglie immagini di forte intensità narrativa, perché pone in evidenza l’umanità dell’artista e dell’ambiente nel quale egli si prepara allo spettacolo: i bimbi che si rivolgono al genitore che già in costume si sta preparando, il clown che scarica la tensione con una sigaretta o gli acrobati che scaldano i muscoli, la macchina organizzativa che muove gli attori e tutto funziona con la volontà comune di dare il massimo. Nelle immagini è ben rappresentata l’apprensione della sfida che l’artista vive prima di ogni esibizione, con il rinnovare lo sforzo e il talento da dietro la propria maschera. Ma questo nella pista non si noterà, egli con professionalità interpreterà il personaggio mitico prescelto e farà cose stupefacenti.
    Complimenti vivissimi all’autore.

  2. Il grande spettacolo del circo, oggi forse un po’ dimenticato, per chi è stato bambino e ragazzo negli anni 60/70 ha un posto nel cuore.
    Ripensandoci ricordo che l’emozione davanti alle acrobazie dei trapezisti ci faceva quasi mancare il fiato. Mi torna alla mente come ridevamo fino alle lacrime per le gag dei pagliacci ma anche di un poco di timore durante le esibizioni dei domatori. Tutto ci appariva meraviglioso, magico, speciale.
    Con questo intenso lavoro Guido Morelli ci consegna idealmente la chiave per capire da dove arrivava tanta spettacolarità, tanta forza di attrazione. Attraverso il suo racconto incontriamo i protagonisti di questo mondo fantastico nella loro umanità. Ce li presenta anche nei momenti di preparazione e di attenta cura ai particolari, consentendoci di capire che è la passione la molla del successo e di tanta perfezione. Sono il duro lavoro e il continuo esercizio che fanno apparire performance di alta perfezione come semplici da realizzare.
    Certo questo tipo di approccio, come sottolinea anche Silvano Bicocchi nella presentazione, oggi è consolidato, ma la forza autoriale di Morelli sta proprio nell’averlo fatto quando seguire il backstage non era usuale. Dal lavoro emerge che la sua esigenza rappresentativa voleva essere totalizzante nel farci conoscere il mondo del circo.
    Riprendere solo la parte dello spettacolo, anche se in modo magistrale, come lui avrebbe saputo fare, sarebbe stato solo un racconto parziale.
    Complimenti e grazie.
    Orietta Bay

  3. Amarcord! E’ una parola del mio dialetto, significa “mi ricordo” il grande regista dell’immaginario Federico Fellini ne ha fatto un capolavoro cinematografico, raccontando il paese della sua infanzia così come lui se lo ricordava. Amarcord. In questo periodo di mezza estate gli ultimi lavori postati mi hanno fatto ricordare, gli anni 50 e l’alluvione, l’india misteriosa più simile ai fotoromanzi di Grand Hotel che a Salgari, l’astronomia che si trova ora sul National, ora il circo. Amarcord. Ieri nei telegiornali di un network nazionale hanno riportato una notizia tipica dell’estate, una università americana ha comprovato dopo scrupolose ricerche scientifiche ci piace riascoltare la nostra musica dell’adolescenza, qualcuno dirà bella scoperta, era già noto a tutti quanti! La brava giornalista ha intervistato alcuni cittadini chiedendo loro di cantare la loro canzone del cuore, quindi dell’adolescenza e dell’amarcord. Sapore di sale che hai sulla pelle…. L’estate sta finendo….. Gloria, Gloria solo tu nell’aria. Ma anche waka waka… Un’epoca ed una canzone diversa, ognuno serba il suo ricordo. Il circo non mi è mai piaciuto tanto anche da bambino, nei miei ricordi le immagini forse più nitide sono quelle delle fotografie stereotipate fatte a questo campionario dell’umanità dei “diversi”. L’allegria sopra la maschera della malinconia. L’autore scrive che ha nostalgia di quella fotografia. Cito un altro bellissimo film, Lanterne Rosse di Zhāng Yìmóu, dove la concubina veniva preparata all’atto sessuale tramite lunghe e delicate percussioni nella parte inferire delle dita dei piedi. Il ripetersi nel tempo di questo rito era talmente coinvolgente che provava più piacere fisico in questa situazione che nell’atto vero e proprio. Alcuni fotoamatori rimpiangono il processo, sia fisico che mentale, che portava a produrre fotografia nel metodo analogico, ora quasi azzerato nell’epoca digitale. Per loro non era importante il risultato finale, la foto, ma l’atto ripetitivo nel produrla. Allo stesso modo della concubina.

  4. Si, è vero, il lavoro di Guido Morelli visto ora, epoca in cui ci riempiamo tutti quanti gli occhi di perfette immagini digitali, potrebbe anche apparire ad una osservazione superficiale un po’ sempliciotto, ma , come ha già detto Silvano Bicocchi, negli anni ’70 fotografare dietro le quinte era una idea innovativa e coraggiosa, soprattutto poi se le fotografie che ne risultavano erano di ottima qualità e di intensa umanità.E poi, in buona sostanza, una bella fotografia resiste al tempo e le fotografie di Guido Morelli appartengono alla categoria delle belle fotografie. Complimenti all’autore.

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