Léonie Hampton, In the Shadow of Things – di Serena Marchionni
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In the Shadow of Things è stato il primo lavoro fotografico che vidi in mostra quasi per caso a Roma ormai dieci anni fa. Rimasi molto colpita dall’incontro con l’opera di questa artista, ancora oggi infatti, campeggia sopra la mia scrivania una delle fotografie ritagliate dalle brochure della mostra, nonostante abbia cambiato casa e scrivania diverse volte.
Léonie Hampton è una fotografa che, come molte altre colleghe donne, usa l’arte come mezzo per raccontare il proprio quotidiano esistere. Léonie però non usa il medium fotografico come un megafono del proprio io. La macchina fotografica per l’autrice sembra quasi essere una “protesi”, un’appendice funzionale del proprio corpo, che usa con infinita naturalezza e costanza in ogni situazione, anche la più intima o difficile, tanto da riuscire a trasformare anche il quotidiano più problematico in un frammento sublime di esistenza.
In the Shadow of things è un lavoro che ha impegnato l’artista per diversi anni nel ritrarre la situazione molto particolare della sua famiglia (edito per Contrasto Italia nel 2009). La madre, infatti, soffre di una patologia psicologica davvero rara che la conduce ad accumulare compulsivamente oggetti che, alternativamente, sistema in modo molto ordinato per poi disfare il tutto per abbandonarsi ad un disordine caotico. Léonie ha ritratto la vita quotidiana della sua famiglia con una freschezza straordinaria, e una presenza discreta, usando solo luce ambientale. Christian Caujoulle a tal proposito osserva che “ Lei fa tutto questo con una sottigliezza di colori che rende ogni istante unico, se sparato dentro o fuori; lei fa tutto questo senza creare alcun tipo di spettacolo, mostrando invece una capacità elegante e semplice di cambiare la distanza dalla quale lei fotografa, libera da ogni dogmatismo e trova sempre il tono e gli angoli giusti.” (1)
Leonie Hampton rinuncia ad ogni intento narrativo o strutturale nel costruire il suo progetto e presenta all’osservatore di fronte al vissuto della sua famiglia, così come si offre a lei, senza censure e omissioni. L’artista ha usato un approccio documentario, plasmandone i paradigmi e adattandoli alla scala familiare, nella quale agiva.
Il metodo e la straordinaria leggerezza di Léonie Hampton non sono frutto di talento o improvvisazione anzi sono conquiste che la fotografa ha acquisito studiando e operando sul campo. Infatti, prima di affrontare fotograficamente la propria famiglia, l’artista ha vissuto con altre famiglie, in tutto il mondo(Roma, Londra, Cuba, Los Angeles e Francia), fotografandone lo scorrere della vita di tutti i giorni.
La mostra che vidi a Roma preparava il visitatore attraverso un’enorme sala d’ingresso nella quale erano raccolte le fotografie delle famiglie “adottive” Léonie Hampton, e si concludeva in una stanza sempre grande, ma meno della precedente, con sofffitti altissimi che accoglieva le fotografie della serie In the Shadow of Things. Qui l’allestimento cambiava, le cornici scomparivano, l’allineamento anche, le fotografie coprivano le pareti come se queste fossero pagine di un insolito album di famiglia, dove le ricorrenze di cerimonie e compleanni sono omesse, per lasciare spazio al flusso, potente e vero, dei giorni qualunque.
Léonie Hampton è un fotografa di origine londinese classe 1978, vive e lavora a Devon, nel Regno Unito. Ha iniziato a fotografare all’età di sette anni con una Le Clic. Laureatasi in Storia dell’Arte presso l’University College di Londra e SOAS, nel 2000, ha continuato i suoi studi in Fotografia presso il London College of Communication. Ha esposto in mostre personali e collettive in Francia, Olanda, Scandinavia, Vienna, Italia e Canada. I suoi progetti fotografici sono stati finanziati da istituzioni come la Wellcome Trust e il British Council, e alcune sue opere e istallazioni sono state acquistate dal MEP (Maison Européenne de la Photographie – Ville de Paris). Nel 2011 Contrasto (Italia) pubblicca il suo primo libro In the Shadow of Things , 128 pagine. Léonie Hampton è un’insegnante part-time di Documentary Photography per il Master in Fine Arts presso il London College of Communication. Ha co-fondato e gestisce Still / Moving, un’organizzazione no-profit che ospita workshop e seminari di fotografia e film.
Fino al 26 dicembre sarà visibile, al MACRO di Roma, l’ultima serie dell’artista dal titolo Mend. La serie è il nata dall’invito della Rome Commission che ogni anno seleziona un artista internazionale per immortalare la città eterna. Leonie Hampton in Mend cattura le abitudini dei giovani abitanti capitolini e li confronta e contrappone con le iconografie storiche amorose e giovanili rintracciabili nei numerosi monumenti e musei di Roma.
Serena Marchionni
Léonie Hampton,In the Shadow of Things
di Serena Marchionni
Link:
lavoro: http://www.leoniehampton.com/work/in-the-shadow-of-things/
libro: http://www.leoniehampton.com/books/in-the-shadow-of-things/
mostra: http://www.leoniehampton.com/installations/in-the-shadow-of-things/palazzo-delle- esposizioni-2007
(1) Christian Caujolle, Concerning In the shadow of things, in “Ojo de Pez”, marzo 2009.
Con questa prima pubblicazione Serena Marchionni inizia il suo percorso nella community di Agorà Di Cult.
Lo fa narrandoci l’incontro con la prima fotografa che l’ha attratta: Léonie Hampton. Un incontro non fisico ma avvenuto solo attraverso i messaggi delle fotografie può costituire già una conoscenza profonda.
Questo momento magico di Serena, riporta alla mia memoria le prime mostre di fotografe che mi hanno rapito, nel 1996 Francesca Woodman e nel ’98 Sally Mann. Sono loro che mi hanno fatto appassionare alla nuova fotografia che le donne stavano donando alla cultura fotografica mondiale. Anche le fotografe italiane, in particolare nel nuovo secolo (2000), sono state portentose e hanno fortemente influenzato le tematiche e le poetiche dell’ambiente fotografico nazionale che è sempre stato, storicamente, maschile. Ma oggi la cultura fotografica è unica perché l’influenza reciproca ha tolto ogni evidenza di genere.
Nel 2009 queste immagini, della Hampton, dal tempo sospeso (assenza d’azione) e dal tempo fermato (azione bloccata) narravano ciò che l’immagine tecnica della fotografia può rivelare nell’istante domestico dell’espressione di un volto, ponendoci a contatto col mistero che si apre con una particolare visione. E’ con la relazione con l’ambiente che circonda il soggetto che la fotografa accende le più varie suggestioni. Le immagini cercano di comporre gli elementi rivelatori dei moti misteriosi della psiche umana. Lo sfuocato ben consapevole, la penombra metaforica di difficoltà relazionali, l’iperbole del frammento tanto corporale.
Complimenti a Serena Marchionni per il suo esordio con l’augurio di trovare in Agorà Di Cult uno spazio sereno che permette di condividere qualunque immagine.
Complimenti a Serena che ci fa apprezzare e scoprire una fotografia intima e femminile molto potente e contemporanea arricchendo così la nostra conoscenza. Grazie per la tua preziosa ricerca.molto gradita.
Monica
Sono molto contenta di leggere queste righe scritte da Serena. E sorrido perché sono andata a ritroso nel tempo a pensare alla mia prima esperienza a una mostra fotografica…e ancora sorrido.
E grazie Serena per avermi fatto scoprire questa autrice. É un tipo di fotografia che sento molto vicina al mio modo di interpretare la fotografia oggi;una modalità di rappresentazione che ritrovo intorno a me.
Luci, atmosfere, sensazioni che avvolgono lo spettatore. Il tempo si ferma e si inizia così a riflettere.
Amo scoprire nuovi autori, perché danno la possibilità di scoprire le mille sfaccettature dell’animo umano.
Buona luce
Valeria
Questo primo post di Serena Marchionni, ci presenta un’artista, Leonie Hampton, che si muove con raffinata leggerezza documentando la vita della sua famiglia e spaccati di suggestioni quotidiane. Serena dimostra di avere un occhio alternativo nella scelta degli artisti da presentare, oltre che una grande competenza e profondità di linguaggio. Complimenti a Serena e viva una volta di più Agorà di cult!
Un intervento saggio quello di Serena, che riesce a puntare l’attenzione su un genere fotografico contemporaneo e particolare, a mio avviso vicino a certa simbologia cinematografica che ritrovo nelle opere di registi minimalisti nord europei, come ad esempio von Trier è il suo progetto artistico Dogma 95.
La macchina fotografica come occhio collettivo che mostra una quotidianità comune e condivisibile, dove solo il fruire del tempo è in posa, tutto il resto è catturato dall’occhio sensibilissimo di questa fotografa che ci mostra la bellezza, a prescindere.
Sembra nasca tutto dal caso, in realtà la scelta perfetta dei contest consente un risultato finale ineccepibile.
Una fotografia che non voglio definire di genere, perché qui quello che conta non è il maschile o femminile; abuso del termine “consapevole” perché ritengo che questo stato sia proprio la condizione che fa la differenza, consentendo il fare arte.
La fotografia autoriale credo sia fortemente coinvolta in questo momento di cambiamento che, se analizzato, è assolutamente paritario.
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Isabella Tholozan
Non conoscevo Léonie.
L’ho conosciuta ora tramite il suo diario che Serena ci ha mostrato, dal quale ci fa entrare nella sua atmosfera famigliare quasi surreale. E riusciamo a entrare anche attraverso le stampe esposte in mostra senza cornici, senza filtri, senza schermi.
Mi sento ad un passo dall’evento rappresentato, ma non capisco….Léonie non mi spiega chi o cosa….
Mi dice solo perché!
Bellissimo!
Benvenuta Serena.
Grazie a Silvano, Monica, Massimo, Valeria, Isabella e Gabriele per aver letto, meditato e commentato con profondità. È un piacere sapervi così attenti ed essere parte di questa agorà.
Il lavoro di Léonie Hampton qui presentato si inserisce a pieno titolo nella riflessione che sta attraversando quest’anno la Fiaf (mi viene in mente la “famiglia in Italia”, naturalmente) e il mondo della fotografia più in generale. La riflessione sul sé e sul mondo intimo, personale, di ciascuno sta acquisendo sempre più importanza nel lavoro di tanti fotografi e fotoamatori. Rivolgere l’obiettivo ai sentimenti intimi e personali sembra essere il modo più sincero di raccontare storie e anche il contraltare alla velocità della fotografia smart, dell’autoscatto, del tanto vituperato selfie. Certamente confrontarsi col lavoro di un autore/ice e della sua riflessione teorica ci permette di mettere in prospettiva i diversi aspetti che la fotografia sta sviluppando di questi tempi. Un sentito ringraziamento a Serena Marchionni che, presentandoci Hampton, ci permette di fare riflessioni assolutamente non banali.
Buondì Serena, non conoscevo Léonie Hampton. Mi sto interessando, ultimamente, alla fotografia intimistica e di famiglia ed in particolare sto esplorando il mondo fotografico del nord Europa. Grazie del tuo contributo 🙂