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FROM 7 to 7, di Michela Benaglia- a cura di Roberta Paltrinieri

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Esercizi di “Lettura di Portfolio”

 

FROM 7 to 7, di Michela Benaglia –
a cura di Roberta Paltrinieri

 
Sono immagini quelle della Benaglia che sottendono a un mondo sommerso, silenzioso, pulito, un micro universo fatto d’istanti dove ci entri in punta di piedi per non interrompere l’incantesimo di questi momenti di quotidianità fatti di pensieri e assonanze.
Un nuovo modo di sentire che lascia ampio spazio al vuoto, intriso di emozioni e di consapevolezza data da uno  stile di vita, che rappresenta il primo stadio di famiglia, quando le fasi sono quasi molecolari, ovvero tempi dilatati, fermi immagine rubati a sé stessi.
E’ così che le immagini ti portano all’interno di questi scatti, leggeri, immersivi. In questo cromatismo delicato della penombra, che conferisce un’atmosfera di pace inquieta, sospesa, che trasuda di attesa.

Il primo fotogramma riprende questa ragazza vista di spalle in piedi, si lascia guardare, senza la necessità di essere agganciati da uno sguardo che calamiterebbe inesorabilmente l’attenzione. In questo caso possiamo perlustrare l’immagine e caderci dentro dolcemente, solo nel piacere della scoperta. Anche il cromatismo del golf che lei indossa non è casuale…sulla sua testa è appeso uno strano oggetto, che al primo frettoloso sguardo potrebbe apparire come un’inconsueta forma di illuminazione, ma non è così…un giocoso oggetto riempie il vuoto, surreale, intrigante: l’incontro del sogno con il reale, emerge il libero fluire del pensiero, delle parole, delle immagini che si associano e si legano, in modo apparentemente incongruente, se osservate alla luce della razionalità, ma che sottendono a logiche appartenenti a forze profonde dello spirito.. magia.. forse solo così si può affermare la totalità dell’essere.
Sullo sfondo una tenda che cade con panneggi verticali, quasi misura un tempo sospeso… attimi di riflessione, di ascolto introspettivo, di dubbio… sembra la testa della figura volgere in quella direzione, ma è un’astratta intenzione non dichiarata apertamente… ed è lì che incrocia quello dello spettatore che vaga all’interno di questa stanza poco profonda.
L’armonica composizione ricorda lo stile austero delle stampe giapponesi, ma nel suo insieme lo scatto traduce uno stand-by immerso nello spazio che diventa azione, qui ritrovando una pungolosa luce nordica.
Sono in successione ripresi scorci di tranquilli interni con colori sommessi, uno stile preciso e definito che emana qualcosa di mistico, implica una fuga nostalgica. La fotografa ti accompagna con immagini raffinate, rubate a un’intimità di genere.

Riprende momenti quotidiani, talmente dentro al nostro comune vivere che sono ormai presenti nel immaginario collettivo, così da riconoscerli.
L’Immagine riprende uno squarcio di vita, l’appuntamento consueto della toilette, dove siamo veramente nudi, senza maschere, nello schema delle azioni di routine e il nostro pensiero può vagare indomito. Nello scorrere inflessibile del tempo, attimi filmici, che incuriosiscono, per l’inquadratura inedita che lasci trasparire un pudico riserbo di un’intimità da preservare. Particolari appaiono in un raccontare deciso e discreto, dove prende forza la bellezza di questo fermo immagine, un uomo di spalle, l’incarnato è illuminato, riprende un dorso nudo, pulito, librato, in una composizione equilibrata ed intimamente delicata.

E ancora lui, in un emergere dall’oscurità caravaggesca, dove si materializza un volume, uno spazio, un’espressività e non è una questione di luce, ma di ombra. Interessante l’immagine dell’inquadratura sembra sapientemente ribaltata dalla Benaglia. Affiora questo viso dall’infinito oscuro, espressione rilassata e concentrata dove la luce del display del cellulare regala un contro-luce molto teatrale, in una scena cristallizzata.

E’ un inteso lavoro fotografico, quasi una biografia di convivenza, … training di coppia in un senso del tempo non solo metafisico, ma traduzione di una chiara voce della modernità, in cui però è negato il tempo veloce lasciando spazio all’espressione mistica, che si svela attraverso segni e metafore. Scivoliamo di foto in foto, l’osservatore, partecipa a queste piccolo mondo domestico, costellato di fermi immagine, espressione e simboli di sentimenti e condivisioni.

Dallo scatto che riprende queste mini porzioni di cibo, deliziose e diligenti, testimonianza di una cura e un‘attenzione verso l’altro, la ricerca del nutrire con tenerezza e attenzione.

Ancora questa ripresa in primo piano di una mano che richiama l’attenzione su questa strana forma di protezione al polpastrello delle dita … percepito come un qualcosa che impedirà di toccare e sentire il tutto che le circonda, uno scudo? O forse, allo stesso tempo, questo permetterà di suonare uno strumento con amore…eh un via via di assonanze e ossimori della vita, in questo silenzio ovattato offerto da una luce istintiva.

Per osmosi si seguita tra una schiena e una montagna di biancheria, quest’ultima è un richiamo visivo alla Venere degli stracci di Pistoletto, la dea che affianca una montagna di stracci, in cui le forme d’arte classica stridono con il disordine della vita moderna… mentre qui suggeriscono la fatica nel costruire un rapporto, fatto d’incombenze pratiche, dove la poesia rimane di là della routine.

Ma ancora un fermo immagine su rotocalchi e giornali che ci parlano di una realtà frastagliata, il gioco tra parola e immagine conduce a comprensioni altre, questa donna ripresa con la forza di un manifesto pubblicitario e la scritta incorniciata come segnaletica stradale, dove emerge questo allarmante e silente avvertimento, messaggio subliminale, del bisogno di andare oltre per scoprire cosa ce al di là della semplice patina esterna, cronache diurne di ricerca su se stessi, introspezioni.

Le sue sono composizioni mai banali, scavano nelle profondità di senso, ecco ancora una ripresa curiosa di lui, che è alle prese con il vestirsi ..o svestirsi ..l’enigma appare costantemente, la Benaglia sa essere intrigante e profonda. Come un succedersi di frame, passano davanti ai nostri occhi queste immagini, mantenendo viva l’attenzione e la tensione dell’attesa di quello che sta per manifestarsi. Questa ripresa umanizza, toglie l’armatura, rivela la fragilità moderata e semplice, nel dipanarsi dell’esistenza… tutto è sensibilmente incerto come la vita con il suo incedere, piena di successioni di gesti. La luce e un taglio particolare dell’immagine che insieme con altri dettagli si combinano nella nostra mente, relegando alla sequenza di scatti “en suspens” e attesa. E tutto diventa più interessante via via che aggiungi altri dettagli; ed è in questo “mood”, che si colgono tutte le essenze. In quelle stanze domestiche come in un teatro segreto, che permette all’artista di raccontare la “sua” storia, o le mille storie d’amore … i colori, le forme, i personaggi, tutto crea qualcosa dal nulla, Michela non racconta mai per intero, lascia all’osservatore l’intuizione e/o il dubbio.

Qualcosa sta bollendo in pentola, magari solo pasta o forse anche mescolamenti d’interazioni e relazioni, che si cuociono e arrivano ad essere pronte mature per contemplare un percorso comune. Le inquadrature sono tagliate e sempre curiose, hanno uno stile che è quello che la contraddistingue, la Benaglia, lascia l’osservatore sospeso in bilico in una realtà con cui fare i conti e una miriade di sensi e direzioni metaforiche.

Questa immagine è una Visione Ofelica che richiama al mondo dell’arte, dove la triste amata di Amleto affonda nell’acqua, nell’opera preraffaelita di Milais, non sappiamo cosa vuol comunicare il suo sguardo, ma c’è in questo una “perditudine” .. sta guardando all’interno di sé, contemplando i propri pensieri e l’emozioni, in un congelamento liquido, dove le acque e la schiuma ricordano il materno e il femminile. A cosa starà pensando?… si respira un‘immobilità permanente.

La fotografia ferma il tempo, già immobile, significati profondi vanno di là del presente, al di là del tempo così come una mano inerme che emerge in mezzo a cuscini scomposti.

Sempre a giustificare questo immutato, sbalorditiva è la ripresa rocambolesca dal basso, in bilico su una scala una figura femminile dove la testa non c’è …scompare nel ripostiglio .. è al di là del terreno, in qualche altrove, nascosta.

Altra ripresa di un frigo che denuncia pasti frugali, dove le esigenze primarie sono forse altre, tutto è in stasi e pronto a consumi occasionali.

Un corpo nudo taglia in due uno scorcio di bagno, risulta imprevedibile la ripresa e interessante come il freddo delle piastrelle che arredano la doccia confinino con il profilo di un corpo di donna dalle fattezze adolescenziali, non muscolate ancora affamate di esperienze e di vita, dove il seno e il ventre sono sentore e simboli di maternità.

Attese, veglie notturne mantenute tali da letture amiche, il ritagliarsi di momenti per sé… complice la soglia data da una porta semi aperta, che permette all’osservatore di entrare indisturbato in luoghi solitamente protetti dalla privacy.

L’occhio ruba da queste fenditure, il tempo di una vita condivisa, dove l’intimità  relega il tutto in un ordine superiore, suggerito dalla ripresa delicata e poetica a tratti vintage. Le mani si tengono nell’oscurità di un momento d’estasi, il tutto avvolto in una delicata ragnatela, dolce atmosfera, dal retrogusto antico.

Si conclude il penultimo fotogramma, con l’albeggiare … il riaffiorare di questa lunga gestazione delle scene, nella mente della Benaglia che si esprimono nel suo fotografare artistico.
La figura maschile, nella nudità appare quasi indifeso: di fronte all’ampia finestra, dove i vetri appannati suggeriscono un calore e buona energia all’interno della casa. Questa luce e apparente semplicità crea un perfetto equilibrio tra la struttura geometrica e la figura di lui, le linee dell’ambiente si armonizzano con quelle del suo corpo, rivelandolo per quello che è: pura presenza fisica il cui pensiero rimane inaccessibile.

Infine la chiusura con la ripresa notturna di un palazzo cittadino, che con le luci alternativamente spente o accese, rappresentano chiare manifestazioni di nuclei famigliari.
Una poetica avvincente e misteriosa, come la vita e l’interpolarsi di relazioni che la rende tale, dove il pulsare dell’esistenza collega e abbraccia un mondo liquido tra sentire e ascoltare in un interminabile danza.
C’è questa dinamica Hopperiana nella modalità di ripresa fotografica di Michela Benaglia, semplice ed essenziale…si respira questo silenzio, oggetti fermi, staticità esasperante e luminosa a tratti. Rende sapientemente questa immobilità del silenzio interiore, dell’ascolto, tutto è soavemente congelato… la realtà per eccesso di verità diventa surreale e onirica.
C’è un modo modesto, discreto, quasi impersonale, di costruire le immagini, composizioni semplici, apparentemente non studiate.
In fuga da ogni artificio dinamico, rivela un contenuto profondo di emozioni, sentimenti e silenzi, quest’ultimo elemento sembra pervadere ogni scatto, è meglio definirla una dimensione di ascolto che può avere risonanze emotive diverse, essere impressionante e solenne e in altri momenti gravido di attesa… a tratti può essere quasi insopportabile o racchiudere un senso del mistero.
Aleggia spesso nelle foto un’intensa solitudine, saper cogliere un momento preciso, l’attimo in cui si ferma il tempo, dandogli un significato eterno ed universale. Altra caratteristica distintiva è la sua estrema semplicità che in certi momenti diviene nudità, ogni cosa che potrebbe avere valore ornamentale è scrupolosamente bandita, questa estrema spontaneità non rischia mai di diventare sterile, ma dà forza al significato sotteso … questo è un talento raro da relegare all’autrice.
Roberta Paltrinieri
 
Notizie su Michela Benaglia: http://www.michelabenaglia.it/index/about/

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11 commenti

  1. “Esercizi di -Lettura di Portfolio-” è una nuova rubrica di Agorà Di Cult che serve ai Lettori di Fotografia FIAF e anche ai praticanti Lettori di Fotografia, come Roberta Paltrinieri, per condividere il proprio percorso di cultura fotografica rivolta alla lettura dei portfolio.
    “Esercizi” indica l’ambito di ricerca e studio in cui va inteso il testo che ha finalità diverse dalla normale presentazione/recensione di un’opera, perché entrando nell’interpretazione di ogni singola immagine si pone l’obiettivo di affiancarsi all’autore seguendolo, passo dopo passo, nella costruzione del senso della sua opera.
    Vorrei che questa rubrica fosse un territorio aperto alla ricerca dei metodi di analisi e degli stili nell’argomentare i significati compresi nelle immagini.
    Vi ricordo che la lettura è esercizio di soggettività e che, a parità di opera, cambiando il lettore cambierà anche l’interpretazione dell’opera stessa. Non si deve compiere l’errore di porre a confronto le diverse letture perché ogni lettura è giusta se si giustifica con le immagini; il Face to Face è un ambito dove questo lo si è visto chiaramente esercitare dal vivo.
    Spero che prenda corpo il concetto di “Lettura corale” che si manifesta in ogni Festival di lettura di portfolio, perché questa visione pluralista delle culture è la più attinente alla contemporaneità.
    Ringrazio Roberta Paltrinieri di aver accettato il mio invito a iniziare questo esercizio magico che la fotografia sollecita nelle persone sensibili e capaci di esprimere con le parole il proprio sentito indotto dalle immagini, singole e nel loro complesso.
    Ora l’invito è aperto a tutti coloro che si sentono in questo spirito laboratoriale e desiderano pubblicare la loro “Lettura di Portfolio”.

  2. Questa nuova, interessante sfida che il Direttore propone, è densa di stimoli per tutti coloro che vorranno cimentarsi in questo “magico esercizio”, così come Silvano lo ha definito.
    Roberta Paltrinieri ci ha mirabilmente illustrato la sua personale visione del magnifico lavoro di Michela Benaglia, pieno di simbolismi sospesi, che richiamano, come giustamente sottolineato da Roberta, le tematiche Hopperiane. In questo lavoro mi sembra anche di riconoscere una certa logica cinematografica nella sua costruzione, con immagini che richiamano le fotografie di Gregory Crewdson, forse meno spettacolari, ma altrettanto inquietanti e misteriose.Due vite parallele e solitarie che si incontrano; incontri amorosi che sottendono ad un desiderio di vita comune, che non si sa se mai potrà realizzarsi.
    Grazie ancora una volta al Direttore per questo nuovo stimolo e a Roberta per la sua approfondita e lucida analisi.

  3. Molto molto interessante questa nuova sezione “Letture di portfolio”… la lettura di Roberta non solo fornisce una chiave di lettura sul lavoro, ma l’analisi puntuale di ogni foto diventa una vera e propria lezione di fotografia. Faccio i miei complimenti a Roberta, trovo la lettura del portfolio e delle singole foto molto attenta e profonda, con riferimenti ad altre arti espressive e letterarie, che stimolano interesse e curiosità… una lettura immersiva che ti accompagna per mano, dentro il significato del racconto e nella profondità dei sentimenti dell’autrice.

  4. Fare la parafrasi di un poema significa tradurre parola per parola il testo di una poesia in prosa, per poterne apprezzare maggiormente i significati e ampliarne i contenuti.
    In “Esercizi di Lettura Portfolio” il Direttore ci propone di compiere la stessa operazione in fotografia.
    Operazione sicuramente difficile, ma perfettamente riuscita per Roberta Paltrinieri che con competenza e profondità ha scritto le proprie riflessioni sullo splendido lavoro concettuale di Michela Benaglia. Punti di vista personali che personalmente condivido e anzi, aggiungono particolari che mi fanno apprezzare maggiormente l’opera.
    Complimenti Roberta.

  5. Lo dico subito, per sgomberare il campo da qualsiasi ambiguità possibile: trovo il lavoro di Michela Benaglia grandioso e perfettamente riuscito. Non ho dubbi sul valore estetico, semantico e più semplicemente narrativo. Un portfolio che, pur nel progetto di lungo respiro, mantiene una coerenza interna e una continuità tra scatto e scatto davvero ferrea, fortissima.
    Eppure questo portfolio mi sta impegnando in un corpo-a-corpo estenuante. Ho avuto modo di guardarlo e riguardarlo in un pomeriggio domenicale e la lotta continua dal primo sguardo, senza esclusione di colpi. Sono livido.
    Mi tocca riprendere fiato, ogni volta che lo guardo. E ogni volta mi sento respinto, sbattuto a terra. Non so se fosse questa l’intenzione dell’autrice, denunciare con tanta foga la condizione di una coppia del nostro tempo, ma il sentimento più generale ed immediato che si prova qui di fronte è quello del grande freddo, il brivido che ti gela il cuore. Le luci sono nei toni freddi (blu, grigi, verdi acidi), non ci sono soglie da attraversare (malgrado porte e sportelli), tutto è fermo e il silenzio totale, devastante. La condizione stessa del rapporto amoroso ha un che di disturbante, un momento di separazione più che di unione.
    Eppure non posso smettere di lottare, di continuare a compulsare le immagini in cerca di una domanda possibile: come si arriva a questo punto? Che esistenza siamo capaci di ritagliarci, al giorno d’oggi, qui?
    Mi fermo di nuovo di fronte a quella mano dalle unghie perfettamente curate che sbuca (‘di schianto’ mi vien da dire) da sotto un piumone perché mi aspetto di veder spuntare, da un momento all’altro, l’occhio pesto di Nan Goldin.
    Sarà il richiamo alla mia lotta ma è questo che mi succede. Mi riparo il volto, d’istinto.
    In altre parole, questa coppia non mi convince affatto: i corpi sono soli, i lucori nascondono invece di svelare (e raffreddano, ancora), i bisogni primari sono artificiosi e rappresentati invece che soddisfatti, le mani hanno bisogno di protesi come se non sapessero accarezzare con la sola pelle.
    Credo che ci voglia una grandissima sensibilità per arrivare a parlare così chiaramente; credo che sia necessario un gran coraggio per imbastire un racconto tanto crudo e fortemente oggettivo; credo che costi grande lavoro arrivare al punto magico “in cui non c’è più niente da togliere”. Il lavoro è concluso, percorso compiuto senza handicap, filotto.
    Chiudo dicendo che nutro una profonda ammirazione per la fotografia che non si nasconde dietro le parole di circostanza, che non si imbelletta per piacere ma che sa arrivare diritta al suo significato ultimo. E’ molto delicato l’equilibrio quando si affrontano i temi dell’intimo e del possibile biografico ma è anche molto facile ripiegare sul citazionismo, sull’immagine di presa.
    Benaglia non ammicca nemmeno un secondo, non ci lusinga mai e non mistifica la realtà che vuole farci conoscere. La sua analisi è lucidissima e implacabile tanto da produrre un lavoro impeccabile, di grande maturità linguistica. E’ attraverso questa grande maturità che ci lascia liberi di trovare il percorso nel suo labirinto. Un labirinto che non porta a perderci mai perché corre diritto e non prevede forse nessuna via di fuga ma, di certo, nemmeno vicoli ciechi.

    1. Che momento intenso quando si entra in un “corpo a corpo” con un’opera fotografica.
      Hai ragione Antonio, “….serve tanto lavoro per arrivare al punto in cui “non c’è più niente da togliere”… e tanta lucidità, aggiungo.
      Ma quando si arriva a quel punto, e l’autrice c’è riuscita, rimane solo l’essenza, e nell’essenza c’è solo il silenzio.
      Chirurgico e tagliente, il lavoro di Benaglia è come un film muto, nessuna colonna sonora; ma c’è un estratto di vita in quella casa, anche se non c’è contatto tra le persone che vi abitano, di nessun tipo.
      Non vedo tensioni, non vedo amore, vedo due individui indipendenti l’uno dall’altro. Tempo sospeso, azioni sospese.
      Anche in questo caso, qualsiasi interpretazione si dia a questo lavoro credo possa essere giusta.

  6. Spesso la forza o la genialità di un’opera risiede nella sua semplicità e dunque nella fruibilità da parte di un pubblico che, seppur non a conoscenza degli eventi e dei contesti rappresentati, riesce a leggerla e ad interiorizzarla in funzione del proprio vissuto.
    La Benaglia è riuscita egregiamente a depersonalizzare e soprattutto a decontestualizzare l’opera relegando la quotidianità, gli enigmi e le difficoltà dei due protagonisti, a un linguaggio universale.
    Una ricerca davvero interessante perché pone l’osservatore in una sorta di limbo interpretativo, in un vortice di eventi sospesi, fornendogli allo stesso tempo tutto il materiale necessario per ancorarsi saldamente alla realtà.
    Complimenti all’Autrice.
    Meravigliosa e inopinabile la lettura di Roberta Paltrinieri.
    Indiscutibile il grande apporto di questa nuova rubrica alla cultura fotografica.
    Complimenti a Silvano che non smette mai di regalarci nuovi stimoli per crescere.

  7. Concordo con Antonio sulla difficoltà e la frustrazione che le immagini di Michela generano in me quando le osservo. E’ come un invito a entrare in questa intimità silenziosa, rimanendo però sulla porta. Sorgono tante domande che non trovano risposte facili e banali e si continua a cercare. E’ un quotidiano “normale” che spiazza, rimane un senso di inquietudine e insoddisfazione. Quindi complimenti all’autrice per l’originalità del racconto e degli scatti e a Roberta per la splendida e accurata lettura. Un esercizio riuscitissimo direi 🙂

  8. Grazie a VOI… credo che ognuno abbia arricchito il bagaglio culturale, emozionale, visivo di tutti.
    Le condivisioni sono terreno fertile di direzioni di senso che innescate lasciano domande aperte, ancora desiderose di una nuova esplorazione, bramando un oltre di significato …Evviva la fotografia che unisce, da profondità e spessore, inventa nuovi dialoghi e inevitabilmente STUPISCE….di tutto ciò come essere mai sazi?

  9. “Ce sont les regardeurs qui font le tableau (sono gli spettatori a fare il quadro)”, diceva Marcel Duchamp sottolineando la maggiore valenza dell’intentio lectoris, cioè dell’interpretazione di guarda un’opera, sull’intentio auctoris, cioè l’idea iniziale che ha mosso l’autore che l’ha realizzata.
    Vale per ogni tipo di espressione artistica e quindi anche per la fotografia, ed è un dibattito, che non ha mai trovato una soluzione: un lavoro deve essere letto cercando i contenuti che l’autore ci ha voluto comunicare, oppure sono le interpretazione di coloro che la guardano i tanti suoi possibili essere.
    La cosa si complica se vogliamo confrontare la fotografia con la pittura (arte che solo in apparenza le è più vicina), infatti occorre considerare che, mentre un dipinto si costruisce pennellata dopo pennellata, una fotografia semplicemente si fa: il fotografo davanti al suo obiettivo ha sempre una parte di realtà con cui deve fare i conti. Quindi la fotografia nasce, nella maggior parte dei casi, come connubio tra progettualità e casualità. Alla fine, tra intentio auctoris e intentio lectoris, quello che vince è il risultato di un complicato equilibrio tra quello che si vuole fare e quanto i materiali e le circostanze ci permettono di realizzare e, come diceva Umberto Eco, prevale l’intentio operis.
    Dopo aver guardato il lavoro Michela Benaglia e le varie letture apparse su questo post, anche così diverse tra loro, sono andato sulle pagine web dell’autrice (www.michelabenaglia.it – purtroppo solo in Inglese) dove ho trovato un’altra lettura del lavoro “From 7 to 7” che invito caldamente a leggere.
    A meno che l’autore non abbia deciso di tenere aperto il senso del suo lavoro lasciando libero chi guarda di prendere la strada che preferisce. Penso che, soprattutto per i lavori che si pongono su un piano più concettuale, dopo aver guardato le fotografie, il testo introduttivo o le eventuali didascalie di accompagnamento devono divenire parte integrante dell’opera. Titolo e introduzione sono le tracce che l’autore ci da per leggere il proprio lavoro imboccando la strada dell’idea che ci vuole comunicare.
    Nel lavoro di Michela Benaglia è interessante vedere come il periodo di tempo che va dalle sette di sera alle sette di mattina sia metafora di quella parte della nostra esistenza che, dopo l’età adolescenziale, è in attesa di una vita da adulti, con quelle certezze, sia di carattere economico che di carattere affettivo, che in questo periodo storico così difficilmente si raggiungono. Ben reso questo silenzioso tempo sospeso dell’attesa, un tempo che ancora non riesce a protendersi verso la luce del nuovo giorno.

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