Lettore della fotografia

Robert Mapplethorpe: Genio e sregolatezza – di Francesca Lampredi

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Progetto editoriale: Hipsterismi fotografici
a cura di Francesca Lampredi

 

Robert Mapplethorpe

 
Robert Mapplethorpe era solo un ragazzino proveniente da una famiglia borghese di origine irlandese e molto cattolica quando rubò delle riviste pornografiche in un’edicola di Time Square. In quel gesto si può leggere non solo un atto di ribellione nei confronti di una educazione fortemente religiosa ma l’incipit di quello che sarà la sua poetica fotografica.
Robert Mapplethorpe prova un’attrazione profonda verso quel mondo vietato, sigillato dalla società, al punto di volerlo rendere arte. Questa sua operazione lo rende indubbiamente il fotografo della controcultura per eccellenza.
Alla fine degli anni 60 affitta una stanza del Chelsea Hotel, vero e proprio cult delle nuove esperienze artistiche new yorkesi, con la sua amante, amica, musa Patty Smith.
 

Robert Mapplethorpe e Patty Smith
 
All’inizio degli anni 70 iniziano i suoi primi lavori in Polaroid. Con l’istantanea rappresenta dettagli del suo corpo o mette in scena pratiche di bondage mostrando vari aspetti della sessualità che va oltre il sistema eteronormativo.
Nel 1973 la Light Gallery ospita la sua prima personale a New York ma con il passaggio alla Hasselblad, con la quale crea lavori di grande formato, si consacra. Nella sua carriera sono fondamentali i legami con Sam Wagstaff e successivamente con Lisa Lyon, sua seconda musa.
Lo stile di Mapplethorpe è inizialmente incentrato su un linguaggio assolutamente underground. Con il grande formato oltre al bondage e al feticismo erotico si dedica alle nature morte ma anche ai ritratti di celebrità.
La poetica del fotografo new yorkese enfatizza il connubio di tesi e antitesi: da una parte la brutalità, la violenza del soggetto e dall’altra la morbidezza quasi neoclassica. Mapplethorpe scolpisce con la luce proprio come uno scultore neoclassico col marmo. Ma ciò che più colpisce del suo lavoro è questo scontro tra significato e significante che genera uno stile assolutamente unico.
 

 
Ciò che interessa di Mapplethorpe all’hipsterismo fotografico è proprio questo ossimoro di violenza e estetismo, la rappresentazione di soggetti ibridi, liquidi ma caratterizzati da una potenza erotica, una elegante presenza fisica paragonabile alla statuaria greca. Non è un caso che proprio Jurgen Teller, il fotografo più amato da questa cultura giovanile abbia curato proprio la retrospettiva del 2016 sui settant’anni di Mapplethorpe alla Alison Jacques Gallery di Londra.
Francesca Lampredi
Lettore della Fotografia FIAF
 

Robert Mapplethorpe

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4 commenti

  1. Il post su “Robert Mapplethorpe” prosegue lo studio sugli Hipsterismi condotta da Francesca Lampredi; potete trovare le altre pubblicazioni scrivendo il nome di Francesca nel campo di ricerca di Agorà Di Cult.
    Robert Mapplethorpe è tra i più famosi fotografi che hanno praticato anche questa poetica, sono molto interessanti queste sintetiche note biografiche per comprendere il suo percorso interiore.
    Come ogni fenomeno newyorchese anche lui è stato per noi italiani un grande stimolo nel comprendere in quale direzione stavano andando le società occidentali. In particolare i suoi nudi maschili negli anni ’70 e’80 ci hanno profondamente scosso, per i tabù infranti che appartengono alla nostra cultura.
    Le sue fotografie ci parlano ancora oggi, ma in modo diverso perché è cambiato il nostro rapporto col corpo e con il sesso anche se è sempre difficile l’elaborazione della soggettività a livello collettivo.
    In questa elaborazione la soggettività del fotografo diventa dispositivo psichico che sollecita l’universo del collettivo dove ognuno darà la propria lettura.

  2. Robert Mapplethorpe.
    Ci regalato bellezza laddove i più trovano scandalo, indecenza e perfino oscenità.

  3. Se, qualche decennio prima, Diane Arbus aveva indicato come creativa un’autentica pulsione voyeristica nell'”elogio della bruttezza”, e non soltanto nei suoi ritratti dei “freak”, Mapplethorpe ha sollevato un velo ancora più delicato perché il suo è un mondo certamente sotterraneo ma quasi “quotidiano”. Il corpo, il sesso ostentato (e non solo nei genitali ma nei muscoli, nelle ombre, nei fiori) non sono mondi separati, sono il nostro essere più intimo, talmente intimo che lo nascondiamo agli altri e, talvolta, anche a noi stessi. Mapplethorpe ci ha chiamato a confrontarci da dentro, ha scosso le nostre sensibilità, ci ha colpiti dritti allo stomaco scegliendo la forza potente della delicatezza, della poesia. Nei miei occhi scorrono le sue immagini come un film muto e appunto delicato. Non trovo offesa, dove sicuramente ognuno di noi darà il suo giudizio, ma trovo invece una grande lezione nell’elaborare il tabù come presenza immanente. La sua lezione fotografica è la rivelazione di tale forza: si può scendere ovunque, nelle profondità umane, se abbiamo la giusta mappa e la bussola della tenerezza.

  4. Un grazie a Francesca Lampredi per la sua esauriente nota biografica su un grande autore, unico nel suo stile, per le sue opere di rara bellezza.

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