ArchivioDai tavoli di portfolio

Família Maravilha – di Umberto Lucarelli a cura di Francesca Sciarra

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 C’è un luogo che ognuno di noi attraversa almeno una volta nel corso della sua vita. Un luogo vicino eppure a volte lontanissimo, conosciuto, eppure a volte misterioso, un luogo che ci accoglie e ci respinge. In ogni momento c’è chi parte da qui e chi vi torna, sapendo che una parte di lui, partendo o tornando, resterà sempre un po’ prigioniera di esso. Questo luogo è la famiglia.
Umberto Lucarelli è appassionato di street photography. Comprata la sua prima reflex inizia a dedicarsi a questo genere fotografico: legge libri e frequenta un workshop sull’argomento, segue altri fotografi, accumula molta esperienza sul campo. Perché la street? Perché Umberto sceglie la semplicità, l’imprevedibilità, il divertimento che questo tipo di fotografia porta con sé, fotografia che lui stesso definisce “democratica”, alla portata di tutti. E allora riprende la gente che non conosce alla ricerca di scene surreali e di controcampi che disorientano lo spettatore perché la realtà è più complessa di ciò che appare, e perché nella street tutto è affidato al caso. Scatta spesso in bianco e nero poiché a volte ha la sensazione che i colori siano inutili e caotici, ma riempie il frame di dettagli, e le sue immagini sono dense, dinamiche e “sporche” perché a lui piace l’azione e il mordi e fuggi.
Finché un bel giorno Umberto, alla ricerca di una “famiglia italiana”, si imbatte in una coppia napoletana che ha adottato tre fratellini brasiliani… e in quel luogo-famiglia Umberto perde ogni suo abituale riferimento fotografico. Da questa sorta di “cambiamento di rotta” viene fuori il reportage che è stato uno dei 150 progetti selezionati dalla Fiaf per la mostra nazionale 2018.
Per alcuni mesi ho seguito Umberto nella costruzione del progetto Familia Maravilha: in un crescendo di fiducia e consapevolezza ho visto esplodere i colori, la quotidianità dei gesti, la semplicità delle inquadrature, la meraviglia delle emozioni. Mi piace raccontare storie che abbiano le persone al centro dell’attenzione – mi ha detto Umberto – e l’entusiasmo con cui la famiglia ha risposto alla mia richiesta mi ha dato l’occasione per passare dalle parole ai fatti.
Interagendo, prima timidamente, poi sempre più profondamente con i suoi  soggetti, Umberto ha scelto di cogliere principalmente le atmosfere, lasciando che ogni momento di vita della famiglia italo-brasiliana si incastrasse come in un mosaico, in un quadro omogeneo unicamente scandito dai gesti e dai sentimenti. Partecipando alla loro routine quotidiana ha prima ascoltato le storie raccontate da genitori e figli, e solo dopo ha scattato: scatti proposti dai ragazzi che si divertivano a vederli poi visualizzati nel display della fotocamera. In questo gioco fotografico ha saputo miscelare bene la sua esperienza con l’energia creativa dei suoi soggetti. Ha scelto quindi la casa come ambiente di incontro delle due culture, italiana e brasiliana, sottolineando, ma con delicatezza, la sovrapposizione di lingue, musiche, cucine.
Le inquadrature semplici e spontanee, la luce calda e diffusa, l’azione temperata dal silenzio di fondo, il gioco di sguardi dei soggetti, la presenza lieve e quasi distratta del fotografo, ogni elemento sembra cucito apposta per descrivere senza documentare, per raccontare senza pretendere attenzione. Il risultato è una narrazione essenziale, caratterizzata da intimità e leggerezza, realtà e fantasia, in cui tutto è naturalmente al suo posto, senza artifici e sbavature, fresco e colorato come la gioventù che dipinge, eppur vero e intenso come la storia che contiene.
E in quel luogo-famiglia il fotografo è riuscito a colmare un divario che all’inizio del suo lavoro era evidente: il gap tra l’anarchia della fotografia di street e la disciplina del progetto fotografico a lunga scadenza. Durante il percorso Umberto ha progressivamente rotto gli schemi dell’autocontrollo (anche fotografico), ha aperto le porte alle emozioni sue e dei membri della famiglia, ha spostato i suoi personaggi dai margini di una storia raccontata e li ha fatti entrare nella sua storia, partecipandovi lui personalmente.
Fotograficamente parlando, poi, ha portato nelle immagini la sua idea di famiglia, dove scambio, condivisione e comunicazione danno senso al tutto: la famiglia è un punto di partenza, una grande palestra di vita e responsabilità, dice Umberto. Un luogo che se si attraversa con continua consapevolezza, aggiungo io, può essere ogni giorno un luogo da esplorare, anche fotograficamente, con occhi nuovi.
Francesca Sciarra
 

Família Maravilha

di Umberto Lucarelli

 
 

 

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4 commenti

  1. C’è un grande cuore dietro queste foto e una grande guida a dietro questo percorso, bravo Umberto, brava Francesca.
    Massimo Buonaiuto

  2. Progetto molto ben realizzato: trasmette il concetto con grande precisione (ed emozione) e senza distrazioni. Non so se il portfolio sia più ampio (e questa sia solo una sintesi), ma mi pare che queste 12 foto siano più che complete nella descrizione di una bellissima storia.

  3. “Familia Maravilha”, di Umberto Lucarelli, è un’opera animata da un’idea narrativa tematica per la narrazione soggettiva di una particolare vita famigliare.
    Quando si affronta un tema dato, la maturazione che deve compiere il fotografo è quella di farlo diventare un tema personale, perché solo in quel tipo di rapporto col soggetto egli può dar libera espressione al proprio immaginario creativo.
    Bene ha fatto Francesca Sciarra a raccontare il percorso della pratica fotografica dell’autore nel passare dalla street photography al progetto narrativo che dagli spazi della strada si chiude nello spazio delle quattro mura domestiche, e dalla casualità urbana alla scelta di una storia famigliare tutta da narrare.
    La seconda e l’ultima immagine rappresentano il percorso della coppia che fonda questa famiglia: dalla mancanza di figli nasce e si realizza il sogno di adottare tre fratelli del sud America.
    L’autore, con queste immagini, ci dà gli elementi simbolici perché noi possiamo immaginare gli stati d’animo della coppia che sente vuota la casa e dei fratelli senza una casa.
    La narrazione eleva a grande traguardo questo dono reciproco che risolve i rispettivi disagi e mette in moto un percorso virtuoso di relazioni affettuose ed educative.
    L’empatia, tra fotografo e soggetto, consente di rappresentare con poche fotografie il quadro di relazioni umane in atto e di entrare a contatto con l’accudimento della genitorialità e la voglia di crescere dei 3 ragazzi.
    Una bella storia, con una morale forte che abbiamo già visto in tante altre storie di questo straordinario progetto “La Famiglia in Italia”: nella famiglia il diritto alla felicità perde la connotazione individuale per diventare collettiva.
    Complimenti a Umberto Lucarelli per la capacità di dare nuovi linguaggi alla propria pratica fotografica che dalla storia anonima della street, svela la profondità esistenziale della famiglia della porta accanto.

    1. Ringrazio il Direttore per questa approfondita lettura del portfolio già presentato al progetto nazionale “la famiglia in Italia”. Le sue parole ne rappresentano esattamente lo scopo, l’antefatto, il senso, oltre a quella che lei giustamente chiama “morale forte”. Inoltre la sua lettura mi fa comprendere di aver centrato l’obiettivo principale, che è quello di contagiare l’osservatore trasmettendo l’emozione provata nelle ore trascorse in quella casa semplice e gioiosa tra un caffè, una risata, un racconto, e tante foto. Umberto Lucarelli

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