ArchivioDai tavoli di portfolio
Assenza – di Antonio Lorenzini
Assenza – di Antonio Lorenzini
Opera presentata al Face to Face _Circolare, di Livorno Photo Day il 24/02/2019.
Un’assenza assordante
Un’assenza di mille abbracci
Un’assenza di mille carezze
Un’assenza che è attesa
Giulia è una madre alla quale, per un passato pesante e scomodo, sono state strappate via due figlie, proprio nel momento in cui si stava faticosamente liberando da una vita che l’ha ingannata e travolta, poco più che adolescente. Ora le sue giornate sono scandite dal ricordo, dall’attesa e dalla speranza di poter riabbracciare al più presto le sue figlie e riprendere la vita insieme.
Tra le molte possibilità di lettura che un’opera del genere ci propone vorrei concentrarmi su una che è una capacità generale di Antonio Lorenzini ed una sua grande cifra stilistica. Si tratta, a mio modo di vedere, della sua capacità di “stare” nelle case delle persone e, di conseguenza, nel più intimo delle loro esistenze. Così come già in Tommy (e in altre opere, una delle quali mi ha sinceramente colpito al FacePhotoNews di Sassoferrato – e ci sarà tempo di parlarne in seguito), Antonio sa stare dentro le case in modo mirabile, con una naturalezza fotografica che non lascia scampo. Per me, in questo lavoro, ciò che è lancinante come rappresentazione di una casa e come potente metafora di solitudine è quella vasca del pesce rosso. Secondo me, quello è il vero simbolo, il “logo” che riassume l’intera vicenda. Tutto ciò senza naturalmente niente togliere alle altre immagini e alla sensibilità che Lorenzini dimostra nel comporre sia il racconto che l’immagine, il fotogramma vero e proprio. E’ un gran dono di sintesi che abbiamo già avuto modo di apprezzare e che si ripropone ancora in questo lavoro con una naturalezza che lascia senza fiato.
Mi sono sempre chiesto come si fa a capire quanti anni ha un pesce e di che sesso è, quando vedo quelli piccoli e carini dentro i vasi, nelle case, mi danno tenerezza, ignorando sicuramente che in alcuni casi sono animali adulti e anche feroci predatori. Inizio da questa immagine perché è la situazione visiva più distante e fuorviante da quanto indicato nel raccontare un dramma. Mi chiedo anche con quante foto si poteva raccontare l’assenza dei propri figli alla madre, la mia risposta è di solo tre, il suo ritratto, il ritratto delle figlie e loro tre insieme.Tutto il resto e il tanto che vedo è un ottimo esercizio stilistico del fotografo, che con i suoi tagli d’inquadratura sapienti ci dimostra il suo virtuosismo, ma se sono attratto da lui non vedo più lei.
Come nella letteratura anche la fotografia prevede l’uso degli aggettivi a sostegno e rafforzamento di un concetto.
Ma, a parte questa mia considerazione, anch’io penso che i ritratti siano la parte più forte di questo lavoro ma, come dice Antonio, l’autore ha la capacità di entrare nelle case dei suoi soggetti, carpendone ogni sfumatura, ogni aggettivo, appunto, per rappresentare, oltre il concetto, anche le atmosfere più intime.
Scusate il pessimo italiano!
Mi è piaciuto molto questo racconto fotografico di Antonio Lorenzini perché in maniera intima ha saputo raccontare una storia femminile di privazione dai propri figli.
Il senso di vuoto della prima foto, quasi la assenza persino della madre, il suo viso in basso non può essere completo perchè è privata dalla essenzialità della sua vita. Si contrappone a questa immagine la foto della
” presenza ” delle figlie, che sono i soggetti principali della storia. Intravedo complicità di pensieri, sorrisi e di sguardi che si legano tra loro.
Questa per me è l’immagine centrale che racconta le altre, il bisogno di fissare sui muri quella presenza, quei passaggi fugaci. Trattenerli, renderli ambiente domestico e vivibile per cercare di vivere anche nel dolore.
Come il centrino di pizzo posto sotto la vaschetta dei pesci, come i peluche nel letto o i disegni appesi. Vedo una madre che pensa e riflette nella solitudine, che fa un percorso per riappropriarsi di ciò che le è stato tolto. Il calendario e il riflesso della foto finale mi dice che è in costante attesa che l’assenza diventi presenza. Mi dice che la speranza ad una madre non verrà mai sottratta.