Il significato perduto della Fotografia e della Vita – di Carlo Delli
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Cronache Di Cult
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Il significato perduto della Fotografia e della Vita
testi e foto di Carlo Delli
In un importante concorso cui ho partecipato come giurato, svolte le valutazioni per ogni sezione, le tre giurie si sono riunite per trovare il miglior Autore assoluto. A un certo punto viene mostrato un portfolio, leggendone prima il lungo testo introduttivo che esprimeva un disagio esasperato… che nelle immagini però non c’era! Questa disgiunzione emozionale-informativa è per me inammissibile. Nel testo venivano riportati fatti agghiaccianti, intesi a colpire pesantemente la nostra parte emotiva, ma delle lunghe, drammatiche e circostanziate informazioni date a parole, NIENTE RISULTAVA DALLE IMMAGINI.
A mio parere questa disgiunzione netta è o incapacità dell’Autore di esprimersi con immagini, oppure, peggio, è un tentativo di “fregarmi”! Non ammetto che mi si emozioni tantissimo a parole con descrizione di fatti, in questo caso orribili, per poi non trovare niente di tutto questo nelle fotografie. In altre parole: se avessi visto prima le fotografie, niente mi avrebbe fatto pensare a quelle circostanze così drammatiche riportate nel testo. E potevo con tutta sicurezza sfidare chiunque a trarre dalle fotografie le circostanze riportate a parole: nessuno ci sarebbe mai arrivato!
Uno dei giurati ha osservato che “le immagini non devono spiegare esattamente tutto, meglio se riescono a suggerire”. Sono d’accordissimo, con lui. E come non potrei esserlo, sono il primo a farlo con le mie fotografie di Natura creative… ma è assurdo giustificare una separazione pressoché totale tra testo e immagine.
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Ancor più interessante è stato il proseguo della discussione. Un altro giurato ha aggiunto: “…ma perché queste domande sulla comprensione e sul significato vengono sempre fatte per i portfolio e non te le fai per le foto singole…” continuando poi in un ragionamento inutile, dato che la premessa da lui fatta, cioè che io non mi faccio domande sulla comprensione delle singole foto, è semplicemente falsa. Gliel’ho detto e la sua replica è stata preziosa, perché illuminante di una condizione umana comunissima e negativa: “Ma che significato possono mai avere due uccelli come quelli! Non c’è niente da capire!”. Tombola! Eccoci al problema fondamentale, vitale direi. Vediamolo.
Gli uccelli in questione erano una coppia di svassi che sull’acqua danzavano la loro parata nuziale. Spettacolo davvero incredibile se non fosse… vero! Andate a vedere queste danze d’amore e ditemi se non hanno nessun significato! Quella foto poi aveva punto di ripresa, inquadratura, sfondi e luci meravigliose. Emozionava e insegnava.
Le danze degli svassi, ma anche il loro fantastico piumaggio, ci mostrano in tutto il suo splendore di cosa è capace il Creatore (a meno che pensiate siano un videogioco o che gli abbia fabbricati la Disney). In generale la fotografia di Natura è la fotografia che più ha a che fare col Creatore del Tutto, se vi piace potete chiamarlo Dio, quello con la lettera maiuscola, anche se non amo questa parola, purtroppo svilita dalle religioni più diffuse. Dico di più: la fotografia di Natura è forse l’unica che abbia a che fare col vero Creatore, poiché rivela la sua opera diretta, mentre quando fotografiamo chiese, processioni, fedeli prostrati, allora noi non fotografiamo la Sua opera diretta, ma una cosa molto diversa: l’IDEA che l’uomo si è fatto di dio. Ma è un’idea spesso foriera di divisioni e violenze… ad esempio ho qui scritto “uomo” intendendo proprio “maschio”, essendo le cosiddette “sacre scritture” un frutto maschile pieno di discriminazione, anche violenta, contro le donne.
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Non mi dilungo, l’ho già fatto in altri scritti, sulla nobiltà e importanza assoluta della fotografia di Natura: è semplicemente insuperabile, e può essere solo appaiata dagli altri generi di fotografia, compresi quelli che trattano la sofferenza umana.
Ma per quali vie una persona per il resto molto intelligente può arrivare a dire che una meravigliosa foto di Natura non ha nessun significato?? Per molte vie credo, vediamole, tenendo conto che estremizzerò i diversi tipi di personalità e che questi sono variamente sovrapposte nell’individuo.
Una prima via è quella della INSENSIBILITÀ VERSO I GRANDI SIGNIFICATI DELLA VITA presenti nella Creazione. Ci sono persone alle quali un maestoso paesaggio di montagna non dice niente, un insetto coloratissimo e innocuo fa solo schifo o paura, etc.. Per loro che il Creatore esista o no è lo stesso, che lo si possa contattare o no è lo stesso. Sono indifferenti, e con queste persone possiamo fare poco. Amen.
Un’altra via è quella di chi DISGIUNGE LA FOTOGRAFIA DALLA VITA REALE. Per queste persone la fotografia non ci può insegnare molto. È un bel momento ma che tutto questo resti lì, sulla superficie, che non le si permetta di incidere sui nostri pensieri e quindi sui nostri comportamenti. Magari per qualcuno di loro la fotografia è semplicemente una professione, un bellissimo lavoro da fare anche volentieri, ma finisce lì.
Una ulteriore via è quella di chi ESALTA SOLO IL DIFFICILE E IL NASCOSTO. È la deificazione della neotenìa, la tendenza ad esaltare la novità, anche a costo di promuovere delle banalità o addirittura delle negatività. Secondo questa visione tutto ciò che non conosco e non capisco, come tutto ciò che è “nuovo”, è automaticamente positivo e apprezzabile, mentre tutto ciò che conosco già è noioso e quindi da non considerare. Queste persone possono anche riconoscere una certa importanza alla fotografia di Natura, ma siccome il significato lo danno per scontato, allora SI COMPORTANO COME SE IL SIGNIFICATO NON CI FOSSE! Bruciano così la propria intelligenza sull’altare della novità ad ogni costo, del nascosto, del criptico, del sottinteso.
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Poi c’è la via di coloro, moltissimi, che sono ATTRATTI SOLO dalla NEGATIVITÀ e dalla SOFFERENZA, e non considerano il positivo e la gioia. È drammatico ma è così, non solo nei confronti della fotografia, molte cose nelle società umane vanno male proprio per questo atteggiamento: IL BENE ESISTENTE È PERCEPITO COME TRASCURABILE E QUINDI NON CONSIDERATO, anche se ha un grandissimo valore assoluto, e anche se è stato guadagnato con sacrifici anche immani dalle generazioni precedenti. Abbiamo dentro noi la maledizione di dover cercare qualcos’altro, anche se vale molto meno di ciò che già abbiamo, addirittura a costo di distruggere il bene esistente!
Mi dispiace vedere che, quasi sempre, chi giudica nei concorsi e nelle letture di portfolio scoraggia la partecipazione di chi ha un messaggio positivo e gioioso da dare.
Comunque sia, a dispetto di tutto, la fotografia non può essere disgiunta dalla vita, è impossibile. E anche per questo, oltre a tutte le molteplici funzioni che volete o non volete darle, la fotografia può esserci di grande aiuto nel compito più importante del nostro esistere: dare un senso positivo alla nostra vita, ed esprimere e condividere idee sulla vita umana. Niente di meno… se si tratta di vera fotografia!!
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splendide immagini!
Belle immagini, che vengono da lontano.
Ricordo il bellissimo Airone bianco, premiato più volte all’inizio della prima metà degli anni novanta, quando ancora giovane mi affacciavo nel mondo dei concorsi e della nostra federazione.
Grande autore Carlo, grande controllo delle attrezzature di quel tempo e sopra a tutto delle immagini in diapositiva.
Aveva già un grande occhio e una visione diversa, che lo ha portato poi, a fare un salto verso una visione ancora più creativa della fotografia naturalistica e no.
Per quello che riguarda le giurie di concorsi o letture vorrei dire a Carlo “(che è un grande amico)” che sono fatte di esseri umani, di persone: ci sono quelle a cui piace la pasta al ragù e quelle che amano la minestra di fagioli, c’è quella che la notte non ha riposato e quello che ha appena litigato con la moglie ecc, ecc, ma ognuno con il suo vissuto e il suo bagaglio di esperienze.
Per quanto mi riguarda ho sempre in mente una frase che la mamma del mio amico Fabio mi disse una volta:”la vostra passione per la fotografia è una bella cosa perchè vi aiuta a vedere il bello in ognì cosa!
Si, è vero, però ognuno di noi ama in modo diverso e da una immagine ha sensazioni diverse.
Io amo sognare davanti ad una immagine e non voglio sapere il “titolo” perchè il titolo potrebbe rovinare il mio sogno.
Per i portfoli il titolo certe volte serve , ci sono anche spiegazioni del lavoro che molte volte però tolgono senza aggiungere.
Però ci sono anche lavori fatti bene, che non hanno bisogno di titoli e spiegazioni.
Quando hai la fortuna di poterli ammirare(incontrare) sia che parlino di cose belle o brutte ti entrano nell’anima e vieni pervaso da una bellissima sensazione così che ti rimarranno impressi nella mente per lungo tempo.
“Come le tue foto sono rimaste nella mia”
Grazie a te Carlo! E’ proprio per quello che dici, soprattutto alla fine, che mi chiedo come mai queste fotografie dal grande significato e dal grande impatto emotivo e anche culturale, non sono quasi per niente considerate dalla stragrande maggioranza dei “lettori” di fotografie….
Per ottenere foto così straordinarie, tra l’altro, è necessario rinunciare alle comodità di casa propria, è necessario dare fondo alle proprie disponibilità economiche, spesso anche alla propria famiglia e alla salute. I pensieri e le osservazioni di Carlo mostrano tanta sensibilità verso gli altri e tanta sopportazione. In giro vi è molta invidia fotografica???? Giovanna La Bua
Giovanna, ti assicuro che quando guardiamo il mondo con passione anche un capanno freddo ci sembra una suite di lusso!!! Il contatto con l’espressione diretta del Creatore scalda anche il corpo attraverso l’anima, è davvero così, dovremmo imparare tutte noi persone a prendere questo calore e mantenerlo dentro di noi anche nella vita di tutti i giorni, e ti assicuro la fotografia può aiutare a farlo…. non è poco!
Le immagini di Carlo non sono solo spettacolari ma mi invitano a salirvi sopra come si fa con un mezzo di trasporto.
Mi portano lontano dove si ha sempre l’impressione che ci siano le cose più affascinanti e le sensazioni più intense.
Mi portano in alto, dove si può apprezzare la vita in tutta la sua bellezza e come lui sostiene, mi avvicinano al Creatore.
Cercare di vedere sempre il meglio dell’immagine che abbiamo di fronte è anche essere sempre positivi nei confronti della vita e soprattutto ben disposti nei confronti dell’altro.
Ritengo che questo possa essere uno dei possibili e sempre rispettosi, approcci ad un processo comunicativo.
Tuttavia, com’è risaputo, se la comunicazione non avviene non è detto che la responsabilità sia sempre e solo da un lato, così come riconoscere i propri limiti non è prerogativa esclusiva dell’autore o del lettore. Di certo, se la comunicazione non avviene, entrambi gli interlocutori devono chiedersi il perché ed è quello un momento di riflessione utile ad una crescita personale.
Resta il fatto che, nonostante le difficoltà, non chi impone bensì chi offre una fotografia credendo nel valore positivo della comunicazione fotografica, troverà sempre dentro di sé un buon motivo per migliorare la sua ricerca.
Ti ringrazio molto Vincenzo per le tue osservazioni.
Per la “lontananza”: in realtà tre foto sono fatte a pochi chilometri da casa mia in Toscana e altre due in Sardegna, quindi non molto lontano, ma la lontananza incolmabile è quella della mancanza di curiosità e voglia di conoscenza.
Per la mancanza di comunicazione so bene che le nostre foto sono in gran parte autonome da noi Autori, così come avviene per TUTTE le opere dell’ingegno umano, e che è normale che solo in minima parte trasmettano proprio quello a cui noi pensavamo nel presentarle. Ma qui ho appunto cercato di capire il perché della mancanza di comunicazione nel caso della fotografia di Natura.
Grazie ancora!!
Caro Carlo, ti ringrazio di avermi segnalato questo interessante articolo che mi era sfuggito.
A me è capitato un caso analogo: assistendo alla serata di un fotografo naturalista, questo mostrava dei leoni sonnacchiosi spiegando che in seguito si erano azzuffati con delle iene per contendersi una carogna o di come un’aquila avesse predato un altro volatile.
Si, ma le foto?
Ho anche assistito a delle letture di portfoli dove, dopo aver letto la prefazione dell’autore, i vari commentatori hanno dato il loro responso e la loro interpretazione. Non lo ritengo corretto! Ognuno dovrebbe commentare ciò che gli suggerisce la foto e non l’autore!
Da fotografo che ama fotografare la natura concordo con te sulla suite di lusso. Alzarsi la mattina agli orari più impossibili, passare lunghe mattinate in un capanno senza parlare, con qualsiasi stagione, spesso infastiditi da nugoli di insetti, per cosa? Per stare più a contatto con la natura, osservarla da vicino, imparare le abitudini degli animali e spesso dimenticare di scattare le foto, tanto siamo intenti ad ammirare le loro azioni! Queste sono, per me, emozioni che mi isolano per alcuni brevi momenti da tutte le beghe della vita e che mi riempiono il cuore ogni volta che guardo queste foto. Spero che lo stesso effetto lo abbiano su tutti quelli che avranno occasione di vederle.
Ciao Carlo, a presto!
Carissimo Carlo: complimenti vivissimi e grazie per l’appassionato articolo, che approfondisce un argomento di estrema importanza, e per le straordinarie foto. Rispetto alle categorie di persone che hai “estremizzato”, vorrei suggerirtene un’altra, che definirei ibrida, alla quale penso di appartenere anch’io: quella di chi si reputa sensibilissimo ai “grandi significati della vita”, ed è tutt’altro che indifferente alle bellezze naturali, pur percependo anche la sofferenza ed il male che, purtoppo, sono presenti nella natura stessa. E non attribuisce, nell’uno e nell’altro caso, sia il bello che il brutto, cioè, all’opera di un Creatore assoluto, nè tanto meno alla Disney, ma ad un’evoluzione che, proprio con l’uomo, ha preso coscienza di se stessa, e che l’umanità può cercare di orientare positivamente, man mano che ne scopre i segreti e ne approfondisce la conoscenza.
Caro Carlo,
non mi soffermo troppo sull’argomento del testo nella presentazione di un lavoro fotografico. Per me il testo dovrebbe essere come la post-produzione, prima di tutto funzionale allo scatto, poco invasiva e mai sostituirsi ai contenuti del linguaggio fotografico. È vero che certi lavori hanno necessità di un’integrazione; credo che il limite sia dare elementi aggiuntivi, forse anche complementari. Spiegare il senso di un’immagine oppure di un portfolio sminuisce sul nascere tutto il lavoro, come se neppure l’autore credesse in ciò che presenta.
Riguardo la fotografia naturalistica, che posso dire… noi essere umani abbiamo bisogno di definire per semplicità e comodità tutto il creato, molto spesso dimenticandoci di essere animali, animali strani, ma pur sempre animali. Capisco che “ghettizzare” alcuni generi fotografici sia sbagliato, però anche gli stessi “ghettizzati” ci mettano del loro. Quando però c’è creatività e progettualità come nei tuoi lavori, che considero senza tempo per originalità ed alto valore intrinseco, non si può parlare di un solo genere fotografico, bensì di uno sguardo attento ed artistico su temi naturali.
Complimenti
Andrea
La lettura dei testi di Carlo e degli altri intervenuti mi suggerisce una serie di riflessioni che mi piace sottoporre alla vostra attenzione senza troppi filtri, di getto, scusandomi se le mie argomentazioni appariranno un po’ confuse. Sono del parere che Carlo abbia ragione quando parla della non conformità tra testo e parole e che questo sia un problema importante nel contesto del rapporto tra immagine e parola, soprattutto quando si parla di portfolio. Se ci troviamo d’accordo sul fatto che la fotografia è comunicazione, concorderemo anche che essa deve “parlare” all’osservatore. Parlare significa comunicare qualcosa, che sia un’emozione, un sentimento, che sia un pensiero o una riflessione. Insomma, dopo aver visto un’immagine o una serie di immagini, se essa/esse parla/parlano, qualcosa rimane dentro di me, qualcosa si aggiunge alla mia esperienza, confortando o modificando il mio sentire o il mio pensiero. Qui si pone il problema dell’interpretazione che è molto complesso e non si può certo esaurire in poche righe. Il significato di un’immagine, a mio parere, ha un a parte oggettiva che è propria del soggetto ripreso, una prima parte soggettiva che è quella di cui il suo autore, volutamente o meno, l’ha dotata. Tutto questo non sempre è quello che arriva all’osservatore perché nell’interpretazione del significato di una foto hanno una grande importanza non solo le conoscenze, le capacità, la sensibilità, le esperienze che l’autore riversa nella foto, ma anche quelle dell’osservatore. Proprio per questo di un’immagine è possibile che ci siano interpretazioni diverse. Sono del parere che una spiegazione preventiva da parte dell’autore, orale o scritta, sia da evitare perché indirizza su una linea interpretativa che non solo rischia di dar voce a immagini che non ne hanno, ma impedisce la libera interpretazione, che in una comunicazione artistica è una caratteristica per me imprescindibile. Se poi ciò che la spiegazione afferma non ha riscontro in ciò che emerge dalle immagini, siamo di fronte a una evidente forzatura che non raggiunge il suo scopo. Insomma in questa situazione mi schiero apertamente con Adams, Erwitt e altri grandi per i quali la foto non deve aver bisogno della parola, fatto salvo che ci sono generi fotografici molto specifici che per le loro caratteristiche devono avere una didascalia. Complimenti a Carlo che apprezzo da molto tempo per il valore del suo fotografare.
Scusa il ritardo nella risposta Massimo.
Ti ringrazio per l’apprezzamento e soprattutto per l’intervento, che condivido.
Aggiungo solo che affermare che <> è una sciocchezza, come molte affermazioni assolutistiche. Certe fotografie non dovrebbero averne bisogno, ma tantissime altre possono solo avere un PLUS dall’accompagnamento di un testo, da un piccolo titolo ad una didascalia o una presentazione, anzi molte foto hanno assolutamente bisogno di un testo!!
Buone ispirazioni!!