RITORNO ALLE ORIGINI – di Enrico Maddalena
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Ho da tempo immemorabile nella mia libreria un vecchio obiettivo di mio padre. Un pesante obiettivo in ottone giallo di quelli in uso nell’Ottocento. Non ho mai chiesto a mio padre come lo avesse avuto e quale fosse la sua storia.
L’idea di rimetterlo in funzione mi frullava da qualche anno nella mente. Ma ero preso da altro e martello e seghetto mi erano serviti per costruire numerose camere stenopeiche. L’obiettivo era sempre lì, dietro l’anta in basso della libreria. Qualche settimana fa, in una mattinata priva di impegni, l’ho preso in mano. Un obiettivo che era lì in letargo da un secolo. Un obiettivo vive e respira quando produce immagini. Chiuso dietro uno sportello è solo un insieme di vetro e metallo.
I desideri, i propositi sono come dei massi in cima a una collina. Sono in equilibrio instabile. Basta poco per farli rotolare giù per la china. E così, quasi per gioco ho preso un foglio di cartoncino ed uno di carta da lucidi e ho costruito uno schermo. Sì perché l’obiettivo aveva inciso solo “Simplex Rapid Aplanat n. 3“ ma era privo di indicazioni sulla sua lunghezza focale. Così ho messo a fuoco sullo schermo i pini che coronano il Salviano. Poi ho messo a fuoco il filamento di una lampadina che ho posto a diverse distanze lungo il corridoio di casa misurando distanza del soggetto e distanza della sua immagine da un punto arbitrario del barilotto dell’obiettivo. Tutti i dati raccolti mi hanno permesso di calcolare la sua lunghezza focale che è risultata essere di 300 mm e la posizione del piano nodale posteriore che è risultato coincidere con la posizione del diaframma. Era fatta, il masso si era mosso e stava iniziando a rotolare giù per la china. Avevo tutti i dati che mi servivano. Potevo sedermi al computer per progettare la fotocamera che l’avrebbe ospitato.
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Sono stato davanti allo schermo per un intero pomeriggio a fare calcoli e disegni mentre pian piano la fotocamera veniva fuori nella mia mente e sullo schermo. Era nata, era lì nel computer e ora non restava che rivestire l’idea, precisa e dettagliata nella struttura e nelle dimensioni, di materia affinché divenisse reale. Via a Obi ad acquistare pannelli di multistrato e altro materiale. Una volta a casa seghe e seghetti hanno iniziato a stridere affondando i loro denti nel legno. Varie punte si sono alternate nel mandrino del trapano. Colla, viti e chiodini iniziavano ad assemblare i vari pezzi. La carta vetrata lisciava e rifiniva le pareti. L’acrilico nero opaco rivestiva gli interni.
Di nuovo in macchina ad acquistare il vetro smerigliato e le vernici. La prima e la seconda mano hanno riempito dell’odore del solvente il garage. Poi, il tenere un corso di Orienteering alla Majelletta mi ha costretto per quattro giorni a sospendere il lavoro ormai quasi agli sgoccioli. Ma l’interruzione è servita a far asciugare per bene la vernice così che, quando sono tornato, non mi è restato che lucidare a cera questa mia fotocamera ottocentesca.
Ed eccola lì in tutta la sua bellezza con il vecchio obiettivo ormai fuori dalla libreria e sistemato nella sua nuova e più confacente dimora. Non restava che il collaudo.
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Ho dato l’onore a mia moglie e alle due cognate di posare per la prima foto. Le ho fatte sedere in giardino. Sotto il telo nero ho regolato inquadratura e messa a fuoco. Con l’esposimetro ho misurato la luce, quindi ho riposizionato il tappo sull’obiettivo. Ho sostituito il vetro smerigliato con lo chassis. Ho sollevato il volet, ho tolto il tappo e ho iniziato a contare:”Uno, due, tre, quattro”. Rimesso il tappo sull’obiettivo ho chiuso il volet e riposto lo chassis per andare al primo incontro del corso di Orienteering all’ITIS.
Ma la sera, subito dopo cena, ho allestito la camera oscura e sviluppato la foto.
“Sembriamo delle dame dell’Ottocento!” È stato il commento di mia moglie.
Ecco, è loro che il vecchio obiettivo ha visto dopo quasi cento anni di letargo.
Enrico Maddalena
Tutor Fotografico FIAF
Docente FIAF
Che meraviglia! Ridare la vita ad oggetti del passato non è solo un’arte, è una forma di amore.
Complimenti Enrico,davvero superlativo !
Omero
Salve Enrico, il tuo racconto è avvincente e trasmette l’amore e la cura con cui hai dato vita alla tua “nuova” compagna di viaggio. Grazie, sarà interessante vedere cosa creerai.