ArchivioGalleria fotografica autori

GIOVANNI GASTEL – La creatività in fotografia n.2

a cura di Giancarla Lorenzini

GIOVANNI GASTEL – La creatività in fotografia_n.2
a cura di Giancarla Lorenzini

 

 

 GIOVANNI GASTEL

“Sentire la creatività come una necessità ”

Intervista a cura di Giancarla Lorenzini

Giovanni Gastel, classe 1955, era l’ultimo di 7 figli e nipote di Luchino Visconti. Artista di fama internazionale conosciuto nel mondo per le sue immagini di moda, ritratto, still-life e pubblicità, Gastel era un uomo che amava l’eleganza e intorno a questa parola ha costruito tutta la sua estetica e il suo modo di fare, non solo nella carriera ma anche nella vita, come preciso principio morale. Uomo colto e raffinato, poeta, grande lettore, si era avvicinato alla fotografia nei anni ’70. Giovanni era rigoroso nel suo lavoro, che curava sempre con grandissima dedizione ed impegno, ma al contempo era uomo di grande generosità, capace di dialogare e stare con tutti, e che non aveva segreti sul suo fotografare.

La sua creatività senza frontiere lo ha sempre spinto verso nuovi orizzonti, verso nuove visioni: <Penso che la fotografia e l’arte in generale non debba mai parlare della realtà, ma debba alludere alla realtà: né crea una parallela che prende spunto dalla realtà ma che poi viene traslata in simbolo>  è quello che ci ha dichiarato in un’intervista.
Giovanni Gastel < è tra i più raffinati fotografi italiani. Il suo stile personalissimo, frutto di una profonda cultura e della padronanza tecnica, lo porta a creare immagini contemporanee e senza tempo>, così recita la motivazione della commissione che nel 2019  gli assegna a Montefano il “Premio Ghergo alla carriera”.

Tracciare un ritratto di Giovanni Gastel con delle semplici parole risulta veramente riduttivo.

Quello che tanto ci ha scosso ed addolorato per la sua repentina e prematura dipartita non è stato infatti solo per la perdita di un’artista, ma per l’aver perso un uomo che ci ha dato tutto sé stesso; l’abbiamo sentito un maestro, un amico, un fratello che ci incoraggiava continuamente a ricercare noi stessi.

Un uomo sempre disponibile, che ha saputo relazionarsi con chiunque incontrasse, che ci accoglieva tutti con quel suo sorriso accattivante e con quel suo fare elegante e seducente.

Persino l’uso di vocaboli che a volte potevano suonarci “stonati” rispetto alla sua condizione sociale probabilmente era un suo modo per non far pesare le sue origini e colmare con tutti ogni distanza.

La sua grande sensibilità lo portava alla profonda riflessione e lo scrivere era lo specchio della sua anima inquieta; il suo bisogno di vivere una realtà che non gli corrispondeva lo portava a stati depressivi (che non ha mai nascosto), ma nei suoi occhi gli si scorgeva sempre e comunque una Luce permanente che lo illuminava e che ci illuminava.

L’essere profondamente grato alla vita, si sentiva un miracolato perché da piccolo aveva rischiato di morire, gli dava quell’energia vitale che lo spingeva a creare un mondo ideale, fatto di eleganza e bellezza.

Saranno le sue stesse parole trascritte da un’intervista a parlarci: un prezioso testamento spirituale; ci faranno sentire meno orfani e che ce lo faranno sentire ancora accanto, con quella pacatezza e quel suo calore avvolgente.

L – Tu come intenti personalmente la fotografia, come si sviluppa la tua ricerca?

G – Il mio metodo consiste nel lavorare sulla propria differenza. Ognuno di noi è un essere unico al mondo (lo stabiliscono le impronte digitali, il DNA).  Ecco, chiunque voglia fare una operazione artistica o creativa deve lavorare su quello che lo distingue dagli altri, non su quello che lo fa assomigliare a tutti gli altri. Pochi lo vogliono fare davvero fino in fondo perché è una scelta in fondo di solitudine, e lo testimoniano le mie poesie. Quando tu fai quello che ti rende simile agli altri sei molto sostenuto dal gruppo, se lavori su quello che ti differenzia dagli altri ovviamente c’è un prezzo da pagare, che però non è possibile non pagare se devi fare delle opere diverse. Devi proprio accarezzare la tua differenza e sulla quella costruire un’estetica.

Il grande pericolo di tantissimi fotografi giovani, ma anche meno giovani, è che quando fotografano diventano una cosa diversa da loro stessi. Purtroppo questa cosa poi si vede! E’ un procedimento inutile. Io sono quello che sono e devo cercare quello che sono. Spesso quello che sono è più nella debolezza che nella forza. Andare al fondo di sé stessi, cercare la propria differenza, farne un aggettivo che mi rappresenta su cui edificare la mia estetica è fondamentale.    

 L -­ come fai a tenere sempre così alto il tuo livello di creatività?

 G –  Ma sai, mi dimentico il rapporto col tempo. Quello che mi permette di continuare a creare è dimenticarmi tutto quello che ho fatto, e considerare il futuro del tutto aleatorio, cioè aderire al tempo solo presente. La foto di oggi, cioè quella che sto facendo in quel determinato momento, quella deve diventare il centro dell’universo: che sia un sasso, una donna, un landscape… concentrare  tutto quello che vuoi dire in quella foto lì.

Considera sempre che quello che hai già fatto non certifica niente, quello che farai è del tutto aleatorio che tu lo faccia, per cui aggrappati alla foto di oggi disperatamente, cerca di offrire il massimo che puoi, qualunque cosa ti sia data come oggetto o persona. Che sia una copertina di Vogue America o il ritratto di mio cugino non mi cambia molto, soldi o non soldi non c’entrano, la fama non c’entra. Luchino Visconti, mio zio, diceva che l’unica cosa importante è il prodotto; diceva di vendersi le case, di vendersi tutto… purché il prodotto sia di alto livello. Se il prodotto sarà di alto livello rispetto a quello degli altri, poi, torneranno le case, la fama, e tutto il resto.

L – tu dici che l’approccio con una persona, o un oggetto, è sempre una questione di feeling

G – Bhè, nel ritratto è addirittura seduzione!

Io devo sedurre te perché devo entrare oltre quello che tu mi vuoi far vedere. Devo entrare dentro di te, quindi per farlo devo avere … come dire… uno spiraglio anche di 1/125 di secondo di seduzione, in cui tu seduci me, io seduco te, e attraverso le finestre che sono le espressioni, gli occhi, ecc., io entro dentro di te, ti tolgo dalla posa, ti tolgo dalla necessità di essere quello che vuoi sembrare e devo cercare disperatamente quello che sei.

Poi sei sempre tu dentro di me, fuori da me, per cui è sempre un’interpretazione. Io dico sempre prima di fare un ritratto: io non sono uno specchio, io sono un filtro; quindi quello che si vedrà alla fine sarai tu che entri dentro di me e passi attraverso le mie gioie, i miei dolori, le mie malinconie, e uscirai in forma di interpretazione. Il fotografo è un filtro: in questo senso dà vita alle cose e dà la propria lettura delle cose, la propria interpretazione delle cose.

La fotografia ha poco rapporto con il reale.

Questo vale anche per un oggetto: devi sedurlo ed è necessario essere sedotto da lui… da una linea, da una riflessione di luce…in questo modo trovi il linguaggio che ti differenzia. La seduzione è indispensabile: l’autorialità passa attraverso il principio della seduzione

L- Tu studi molto, continuamente, non smetti mai. La conoscenza quanto è fondamentale e cosa consigli ai giovani in questo nostro tempo caratterizzato dalla velocità

G- Lo studio è fondamentale, sempre! Tutto quello che hai visto, anche di interdisciplinare, tutto rientra nel nutrimento del tuo spirito, e quando scatti senti che ce l’hai, e senti che tutto quello che hai studiato, visto, comparato, tutte le foto tue che hai stracciato, ti hanno portato a questo momento, quasi estatico, in cui finalmente tutto torna: ci sei tu, c’è la cosa o la persona fotografata, e c’è una cosa che non c’era prima…in quel senso la creazione.  

Da ragazzo facevo così:  prendevo delle immagini varie, di quadri, di fotografie, sculture, le selezionavo senza neanche molto studio, le mettevo su di un tavolo e dicevo <queste 6 immagini mi piacciono, adesso cerchiamo di capire cosa collega queste 6 immagini per cominciare a dare dei paletti a quello che mi piace rispetto a quello che non mi piace. E questo ha funzionato molto bene; tante cose le ho apprese anche solo paragonando quello che mi piaceva da quello che non mi piaceva.

 

L- …e la scrittura come è entrata nella tua vita? Che rapporto c’è tra la tua scrittura e la tua fotografia

G – la scrittura c’era ancor prima della fotografia. Sono due universi molto diversi. Io uso la fotografia per descrivere il mondo per cui mi avevano preparato, che sostanzialmente poi non ho trovato: sono stato allevato da genitori vecchi che mi avevano preparato per la patria, la bandiera, l’onore … sono uscito e le Brigate rosse sparavano da tutte le parti… mettevano le bombe…

La fotografia la uso per raccontare il mondo come vorrei che fosse: equilibrato, elegante. La poesia invece la uso molto più in profondità per lavorare proprio sui miei malesseri, per vedere i miei malesseri davanti a me…sono talmente distanti gli utilizzi, che è molto difficile per me metterli insieme.

 L – cosa possiamo dire sulla fotografia di oggi

G – Che non è mai stata più viva di adesso! Il fatto che ci siano 3 miliardi e mezzo di foto postate al giorno segnala una vitalità incredibile. Solo che quella fotografia è diventata lingua: comunichiamo delle cose, delle situazioni (sono stato qui, ho mangiato questo, ero a Parigi, questa è mia cugina) è un trasferimento di dati, diciamo, quindi è un uso lessicale. Noi usiamo la fotografia in un altro senso, con pochissimo rapporto con il reale, ma alludiamo al reale perché ne è uno parallelo che è il nostro universo personale, una realtà parallela. Questo è quello che facciamo noi con la fotografia. Che se ne dica, l’elettronica applicata alla fotografia segna la sua nascita, non la morte. I mezzi contano e non contano; la magia della conoscenza unica del mezzo, questa discriminante un po’ cretina, è caduta. Quello che conta è l’idea: oggi se vuoi fare un lavoro, di qualsiasi natura esso sia, devi giocarti l’anima, devi giocarti la tua differenza, e non questa specie di magica proprietà tecnica, che è decaduta, ma è un bene. Credo che ci sarà spazio solo per gli autori, a qualunque livello. 

Lo stile nasce in realtà dall’errore, bisogna conoscere la regola per poi contraddirla.

 L-La creatività fa parte del DNA oppure la si può conquistare

 G- C’è una necessità del creare che è insita nell’essere umano, io ce l’avevo già da bambino, però che non porta necessariamente a fare delle buone opere. Lo studio, l’applicazione… anche questo stadio perenne che abbiamo di insoddisfazione del prodotto… tutto questo fa sì che negli anni il momento in cui la tua foto ti piaccia si allontana sempre di più. Questa è una buona cosa. Certo l’esigenza di creare è un po’ innata e deve diventare uno stato di necessità. Io ho bisogno di spazio creativo, se nò mi sento anche fisicamente male. Ci si può arrivare, però bisogna coltivare e sentire la creatività come una necessità, al di là del successo e del denaro.

Io dico sempre: scrivete. Davanti al lavoro che dovete fare scrivete le prime cose che vi vengono in mente: e non le fate! Proprio come metodologia, perché significa che sono le più semplici, quelle che vengono in mente a tutti.  

Poi sai, io considero la fotografia un’operazione mai finita. Ho sempre rielaborato infinite volte, cioè considero lo scatto, anche quello pubblicato, la base per ripartire. Per questo lavoravo in banco ottico, per avere un 20×25 immediato su cui poter sovrapporre oggetti, ricolorare, tagliare. Adesso il computer ha aumentato immensamente questo gioco, e io trovo che la fotografia digitale sia formidabile, segna secondo me la nascita della fotografia.

Giancarla Lorenzini
Tutor Fotografico FIAF

 

Fino al 13 marzo 2022, la Triennale di Milano omaggia Giovanni Gastel con due mostre: The People I Like, in collaborazione con il MAXXI, e I gioielli della fantasia, in collaborazione con il Museo di Fotografia Contemporanea.

Galleria foto

Articoli correlati

Un commento

  1. Preciso che Giancarla aveva preparato l’articolo per la pubblicazione a marzo dell’anno scorso, poi in seguito della prematura scomparsa del compianto Giovanni Gastel abbiamo rimandato la pubblicazione.
    Se notate il post ha il sottotitolo “La creatività in fotografia_ n°2”, troverete su Agorà Di Cult il n°1, basta scrivere nel campo di ricerca il nome di Giancarla Lorenzini e usciranno tutte le sue pubblicazioni.
    La creatività in Fotografia è l’oggetto di studio di Giancarla, che pratica in modo esemplare con grande passione e sincera necessità interiore.
    La vocazione di Agorà Di Cult è proprio questa: raccogliere l’oggetto delle nostre passioni e condividerle.
    Invito tutti a riprendere questo percorso virtuoso che ci farà sentire tutti più presenti e coesi nel condividere la cultura Fotografica.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button