“Noi guardiamo una fotografia, è vero, guardiamo un’immagine, però nella nostra mente, consciamente o inconsciamente, proiettiamo un mondo reale che questa immagine rappresenta. Esiste sempre, quindi, una presenza della fotografia e un’assenza dell’uomo, della persona, dell’oggetto, dell’evento in essa rappresentato. C’è un rapporto di singolare analogia con la realtà e, nello stesso tempo, un evidente differenza della realtà.”
Luigi Ghirri
RIFLESSIONI SULLE “LEZIONI DI FOTOGRAFIA”
“Le immagini sono enigmi che si risolvono con il cuore”. È in questa frase di Ghirri che ritroviamo l’essenza della sua fotografia della sua visione come alternativa della realtà che ci appare in un rapporto di sintesi tra ciò che l’occhio seleziona attraverso la macchina fotografica e lo spazio rappresentato.
“La fotografia è essenzialmente un dispositivo di selezione e attenzione del vostro campo di attenzione… semplicemente si tratta di attivare un processo mentale, di attivare lo sguardo e cominciare a scoprire nella realtà cose che prima non si vedevano, anche dando agli oggetti, agli elementi della realtà un altro significato. Attivare un campo di attenzione diverso.”
La fotografia come dispositivo di selezione e attenzione per filtrare il mondo, le cose che ci appaiano non sono più quelle, ma vengono interpretate attraverso un processo mentale ed emotivo ingenerando un rapporto tra noi e l’esterno, tra il nostro dentro ed il nostro fuori.
La fotografia assume nel lavoro di Ghirri il profondo significato che sta all’origine del termine – “fotografia” che deriva dal greco φῶς, φωτός, luce e -grafia γραϕία, scrittura ovvero “scrittura di/con la luce”. Egli non dimentica mai che questo mestiere è un mestiere che ha a che fare con la luce in tutte le sue “forme”, la luce come elemento fondamentale per dare vita alle immagini impressionando il supporto della pellicola nelle sue varie sfumature.
Non dimentica mai inoltre che la fotografia si fa con un mezzo (medium) che è la macchina fotografica caratterizzata dalle proprie regole al servizio del fotografo, come qualsiasi altro strumento di una professione, che possono essere evase a condizione di una approfondita conoscenza delle stesse.
“Al centro della fotografia”, dice Ghirri “i due grandi elementi espressivi sono da una parte l’inquadratura e dall’altra la luce, e dunque, di conseguenza anche il tempo. La fotografia essenzialmente riguarda un giusto e corretto rapporto tra spazio e tempo. Tra spazialità dell’esterno e tempo di realizzazione dell’immagine”.
SOGLIA, CORNICE E QUINTA
La soglia identifica un limite, un punto di passaggio tra un mondo interno ed uno esterno, oltrepassata la quale mi ritrovo da una parte o dall’altra. Il patrimonio rituale delle tradizioni spirituali d’Oriente e d’Occidente attribuisce alla “porta” una simbologia ampia e ricca di significato. Nelle diverse culture l’atto del “varcare una soglia” ha il significato di riunirsi ad un mondo nuovo e la porta rappresenta la separazione o la comunicazione tra i due ambiti, non solo come identificazione dello spazio fisico che delimita l’esterno dall’interno o viceversa, ma anche come passaggio tra due livelli: il noto e l’ignoto, il profano e il sacro e aggiungerei l’interiore e l’esteriore es. porte di una città preservano la comunità dal caos delle lande – la porta di un tempio identifica il passaggio tra il mondo profano e quello sacro.
La parola Soglia viene identificata per Ghiri “in senso metaforico tra il nostro interno e l’osservazione del mondo”. “Questo punto di equilibrio tra mondo interno e mondo esterno in fotografia io penso di averlo identificato con l’inquadratura”.
Problema fondamentale della fotografia diventa per Ghirri: “il rapporto tra quello che devo rappresentare e quello che voglio lasciare fuori dalla rappresentazione … cioè sapere esattamente cosa voglio rappresentare, e cosa voglio comunicare con la mia immagine”.
“Il problema di cosa includere nella rappresentazione fotografica” continua Ghirri “non si pone ad esempio con la pittura” dove la tela bianca di fronte al pittore definisce dei limiti e accoglie l’idea dell’artista per come è pensata entro il riquadro ed in uno spazio delimitato (quello che prima del Novecento veniva definito come “la finestra sul mondo”) oppure solo in parte nel cinema dove predomina la rappresentazione temporale del racconto.
“Mentre per la fotografia il problema determinante è quello di ritagliare da uno spazio sterminato del quale siamo osservatori un quadratino, un rettangolo, una sezione rotonda”.
“Nel momento in cui scatto, mi ritrovo sulla soglia, sono sul punto di avvertire la possibilità di filtrare il mio interno con l’esterno”.
Ghirri afferma come esistono già in qualche modo delle finestre, porte, che sono “la soglia di qualcosa, la soglia per andare verso qualcosa” o delle “finestre mentali”. Ad esempio un cancello carraio che da una strada conduce verso una casa ecc.
Così “nelle foto queste strutture assumo una forma precisa diventano soglie di accesso a qualcosa, di accesso al mondo esterno”.
Diventa in tal senso di fondamentale importanza il tema “dell’accesso al mondo, del guardare dando un ordine precostituito al nostro sguardo che esiste anche nel paesaggio”. Si tratta cioè di rintracciare “è dare un percorso e ordinare lo sguardo in una certa direzione”.
Il problema continua Ghirri è di “superare la semplice riproduzione della soglia e farla diventare sia un elemento dello spazio che nel tempo, soprattutto dello spazio, un elemento di accesso alla visione del mondo esterno o un determinato modo di rappresentare il mondo esterno”.
“Ciò deve emergere in due direzioni: attraverso la scelta dell’inquadratura fotografica e attraverso la scelta dei luoghi da riprendere, ricordando che la fotografia è essenzialmente un dispositivo di selezione e attivazione del vostro campo visivo”.
Successivamente farà seguito la rappresentazione fotografica, la nascita di un’immagine. Continua Ghirri “La scelta dell’inquadratura è un lavoro profondo sul sistema di rappresentazione, sulla scoperta di una realtà che è presente all’interno della realtà”.
“La fotografia consiste essenzialmente in due cose; nel riuscire a capire cosa è necessario includere all’interno dell’immagine, e come riuscire a dare a questo ritaglio del mondo esterno – attraverso il rapporto con la luce, con lo spazio, con il momento – una sua valenza comunicativa”.
Quando Ghirri parla di “inquadratura naturale” o delle “finestre mentali”, intende riferirsi a spazi nei quali “il nostro sguardo è già guidato e orientato”.
Cosi come per la soglia il tema “dell’accesso al mondo, del guardare dando un ordine precostituito al nostro sguardo” può essere ottenuto anche attraverso la cornice come espressione di elementi che già esistono e ci permettono di dirigere prima lo sguardo e poi l’inquadratura della macchina fotografica verso una determinata direzione. Si pensi ad esempio al portico colonnato di una piazza o una finestra che dall’interno ci mostra un paesaggio.
La cornice, come la soglia trova elementi naturali o artificiali nel mondo esteriore, ma è sempre il fotografo con il suo sguardo che vede al di là della fisicità degli elementi, ed interpreta trovando nuove realtà immaginate.
Come abbiamo detto in precedenza l’uso della luce è per Ghirri di fondamentale importanza: “Il lavorare sulla luce in modo tale da ottenere il risultato voluto è un’altra delle coordinate fondamentali della fotografia, un’abilità che, dopo una certa pratica, diventa quasi una componente del nostro processo percettivo”.
“Il problema della luce è quello di riuscire a farne un utilizzo libero, pur nella consapevolezza dell’esistenza di codici”.
Ghirri afferma come sia sempre il fotografo in prima persona “con il suo sistema di lettura della realtà, che decide come interagire con la scena”. Poiché in fondo la macchina fotografica non costituisce un fine ma bensì un mezzo nelle mani del fotografo.
“Noi dobbiamo utilizzare la nostra sensibilità in relazione alla sensibilità della pellicola.”
Secondo Ghirri “la fotografia è una rappresentazione attraverso la quale si mettono in evidenza, si mettono in luce le cose”. “Consiste nel dare luce alle cose”, la fotografia significa in fondo come ricordavamo in precedenza scrivere con la luce.
Il suo modus operandi nell’uso della luce e quello di “dare un’informazione omogenea, che è cosa diversa dall’uniformità … Un’informazione omogenea sulle cose per cui si vede tutto quello che c’è da vedere nell’inquadratura, pur sapendo che nella realtà, e dunque nella rappresentazione, ci sono valori di vario tipo”.
Secondo Ghirri “il fascino dell’immagine sta anche nel trovare un equilibrio tra quello che si deve vedere e quello che non si deve vedere. Non deve essere una fotocopia della realtà”
Ghirri ci mostra come “… nella realtà ci sia sempre una zona di mistero, una zona insondabile che secondo me determina anche l’interesse per l’immagine fotografica” e questo grazie alla capacità dell’utilizzo della luce che laddove è forte e chiara genera “un’esplosione” mentre dove è più tenue genera interesse e attenzione.
“Quando ci sono degli oggetti da sottolineare uso la luce. Oppure mi piace utilizzare l’atmosfera che impedisce di vedere lo sfondo. In questo modo vedi il fondo, però lo vedi lontano, c’è l’effetto di lontananza”.
“La profondità la suggerisci anche con l’utilizzo di una quinta”
La quinta come in un teatro, che riempie il fondo mettendo in risalto gli elementi in primo piano e creando un’atmosfera che caratterizza tutta l’immagine.
Luigi Ghirri – Viaggio in ItaliaAndrea Biondo
Gardone Riviera (BS)
Orietta Bay con il suo approfondito studio offre a tutti molto di più di una sua lettura soggettiva dell’opera di Franco Grignani.
Un “Aniamatore culturale” si ferma alla lettura soggettiva, lo Storico della fotografia attraverso la ricerca scientifica va oltre il punto di vista personale e formula un pensiero di universale interesse culturale.
Così facendo entra nel territorio comune alle altre espressioni artistiche e fa entrare la fotografia nell’ambito dell’ampia elaborazione collettiva che normalmente viene rivolta alla pittura, alla grafica ed alle altre arti visive.
E’ notevole il percorso che Orietta Bay ha condotto in Agorà Di Cult: prima presentando tutte le opere più famose di Giuliana Traverso, ora dando profondità alla conoscenza della fotografia italiana del ‘900.
Lei ci dimostra come su Agorà Di Cult si possa dare visibilità al proprio percorso di cultura fotografica. Complimenti vivissimi per il livello raggiunto dai suoi studi mossi da autentica passione.
Un importantissimo e formativo contributo.
Vorrei ringraziare Orietta, perché ci ha permesso di conoscere un opera sconosciuta a molti, analizzandola a fondo e facendoci incuriosire ancor di più sulla storia della fotografia Italiana.
Grazie a tutti per l’apprezzamento, la condivisione e la collaborazione.
Orietta Bay
E’ una fotografia che sento moltissimo questa di Franco Grignani è un’immagine mentale prima di tutto .
Segni grafici ,design che anticiparono i tempi nell’arte fotografica.
Apprezzo tantissimo questo bianco e nero netto e deciso ti arriva alla mente , guardandole mi viene d’obbligo registrare trasparenze , spessori , ombre e luci .
Gamme ricchissime e affascinanti di una fotografia intesa non solo a riprodurre oggetti ma a manifestare idee e concetti astratti .
La seconda parte del lavoro di Orietta è arrivata velocemente perchè potessimo completare la nostra conoscenza delle opere e del percorso artistico di Franco Grignani, così versatile e costantemente applicato a far sì che le sue sperimentazioni fossero fonte di modi diversi di manifestare l’arte in fotografia.
Come Orietta scrive, Grignani ci offre una via d’uscita dai soliti schemi… e grazie a lei e al suo meticoloso e profondo lavoro di ricerca, ci conduce a comprendere ed ad apprezzare con più consapevolezza il modo di fare ARTE di questo grande autore del novecento.
Essenza o assenza della fotografia. Pigiando velocemente sulla tastiera del pc spesso le singole lettere diventano altre, altro anche il senso del discorso, spesso questo è un vantaggio per chi legge essendo libero di scegliersi il significato che più gli piace. Vedendo e rivedendo più volte le opere del geniale autore, ideatore di uno dei marchi più appaganti mai visti, il marchio che mette insieme l’abbraccio e le linee curve, mi sono chiesto essenza o assenza della fotografia in bianco & nero? Il bravo stampatore che mi insegnava molti anni fa i rudimenti della stampa analogica in camera scura, si raccomandava di “far uscire” tutta la scala tonale dei grigi, ma poi io adoravo usare la pellicola ortocromatica che appiattiva i toni intermedi esaltando il bianco ed il nero. Nello sue opere geniali forse prevale il grafismo ma è pur sempre un bel vedere anche fotografico.