CONFINI – Elaborazione del Concepet_05 – a cura di Silvia Tampucci
LAB Di Cult 120 FIAF
Numerose possono essere le interpretazioni del termine CONFINI, che ci portano a pensare a limiti o recinti. Ed in questo senso il pensiero può essere quindi rivolto anche al superare o non superare barriere create da vari elementi, che siano essi geografici, spazio-temporali, metaforici etc. Il confine presuppone anche una soglia, di accesso o di uscita, e la finestra e la porta, elementi architettonici spesso utilizzati nella fotografia ma ancor prima nella pittura e poi nel cinema, possono esser raffigurati in tal senso. In questa breve elaborazione, mi soffermerò prevalentemente sulla finestra, sul limite tra pubblico e privato che essa racchiude, sullo sguardo sul mondo che si ha quando siamo all’interno di un edificio e si guarda attraverso essa, o, al contrario, sulla visione che possiamo avere quando cerchiamo di scoprire qualcosa volgendo la vista da fuori a dentro un immobile, ma anche sul significato più metaforico che essa contiene.
Le porte e le finestre separano il “dentro” ossia la sfera privata, familiare e conosciuta, dal “fuori”, ambito pubblico e non conosciuto.
Numerosi sono stati gli artisti che hanno raccontato attraverso le proprie opere le scene familiari che si svolgono dentro le proprie case. Nei secoli scorsi i personaggi che venivano principalmente raffigurati all’interno erano le donne che si occupavano dei lavori domestici e che si prendevano cura dei figli, in attesa degli uomini che operavano all’esterno.
A chi non è capitato di passeggiare per strada e trovarsi vicino ad una finestra aperta? La mia curiosità mi porta spesso a volgere lo sguardo al suo interno, per capire le vite degli altri, piccoli dettagli che possono raccontare qualcosa di coloro che si trovano all’interno di tale struttura. Può accadere che si tratti di un ufficio, una vecchia bottega o una abitazione. Edward Hopper, un artista che ha proposto numerose tele la cui protagonista è la finestra, ci racconta molto della condizione umana introducendoci nello spazio privato delle abitazioni attraverso il suo sguardo esterno alla scena.
A livello cinematografico colui che ha preso ispirazione dalle opere di Hopper è Hitchcock e la sua “Finestra sul cortile”. Il protagonista del film, dal suo appartamento nel quale si trova costretto a soggiornare a causa di una gamba rotta, osserva il cortile sul quale si affacciano le finestre degli edifici circostanti. Davanti a lui si svolgono scene di vita quotidiana ed ogni appartamento diventa un set cinematografico.
Gail Albert Halaban è una fotografa che ha lavorato nella solita direzione del regista appena citato. Con il consenso dei protagonisti delle fotografie che ci propone, la fotografa “invade” l’intimità e lo spazio privato dei soggetti ripresi.
In senso metaforico la finestra può raccontare il nostro stato d’animo e possiamo vederla come specchio di quel che è la nostra condizione emotiva. A volte ci svegliamo euforici, con la voglia di esplorare il mondo, in totale apertura con l’ambiente circostante, altre volte la nostra mente è offuscata dai pensieri.
“Guardo la finestra” di Silvia Tampucci
“Guardo la finestra. Quella finestra, se ne sta sempre lì, al suo posto. Non dice mai una parola inopportuna. Mi ascolta. Mi osserva. E io la osservo. Mi fa da specchio”
Silvia Tampucci BFI
Tutor fotografico e coordinatore artistico DiCult FIAF
Lettore della Fotografia, accreditato FIAF
Direttrice Gallerie FIAF
https://www.cultweek.com/il-mondo-attraverso-una-finestra-edward-hopper/
https://www.milanoplatinum.com/finestre-nellarte-rinascimento-e-seicento.html
https://www.ad-italia.it/article/la-finestra-sul-cortile-di-alfred-hitchcock-quando-larchitettura-esalta-il-cinema/
Gail Albert Halaban