Laboratori Di Cult

TOTEM e TABU’ – Elaborazione del Concept_09- a cura di Tiziana Mastropasqua

LAB Di Cult 187ED FIAF

Il LAB Di Cult 187ED FIAF è un laboratorio speciale: è ED come education perché è formato da una classe scolastica:

Istituto: Liceo Scientifico – Classico “E. Torricelli”

Modulo: Modulo 7 – “Espressioni visive”

Tutor- docente: Tiziana Mastropasqua

Insegnante: Tonia Sbrescia

Elenco partecipanti: Annagiulia Cangiano; Antonio Capasso; Antonio Cimmino; Antonio Naddeo; Antonio Ronga; Christian Torre; Clorinda Allocca; Crescenzo Barone; Federica Affabile; Francesco Capasso; Luca Moccia; Luigipaolo Di Martino; Miriam Pinto; Rita Perna; Rosaria Pugliese; Rossana Abete; Tina Iervolino.

 

Essere e Apparire

I concetti di totem e tabù possono essere collegati ai concetti di “essere” e “apparire” in quanto riflettono aspetti culturali e sociali legati alla rappresentazione e al comportamento all’interno di una comunità.

Il totem rappresenta un simbolo sacro o significativo, spesso associato a una comunità o a determinati valori. In un contesto di “essere”, il totem potrebbe essere visto come un’espressione dell’identità culturale o della connessione con aspetti fondamentali di una società, rappresentando ciò che una persona o una comunità “è” profondamente.

D’altra parte, i tabù sono regole sociali o culturali che impongono divieti o restrizioni su determinati comportamenti o oggetti. Questi divieti possono influenzare l'”apparire”, cioè il modo in cui le persone si presentano o agiscono pubblicamente all’interno di una società per rispettare le norme stabilite.

Quindi, la relazione tra totem e tabù può influenzare come le persone rappresentano la propria identità (il “essere”) e come si comportano o si presentano all’esterno (l'”apparire”) all’interno di una determinata comunità o contesto culturale. Questa relazione può plasmare le regole sociali, le credenze e i valori che guidano sia l’identità individuale che la rappresentazione pubblica all’interno di una società.

“Apparire”, dal verbo latino appareo, significa mostrarsi e quindi parere agli altri; questo a sua volta implica avere o cercare spettatori che possano confermare all’individuo l’idea di se stesso: laddove vengono a mancare le certezze interiori e personali si ha il costante bisogno di una sicurezza esteriore, di una validità della propria persona dettata non più dalla solidità dei propri valori ma da quello che già il filosofo Locke chiamava con il nome di “consenso sociale”. Ma l’approvazione (o disapprovazione) della massa è alla fine così importante?

Sicuramente il riscontro dalla parte di popolazione che è spettatrice passiva è evidente: sono moltissimi, soprattutto tra i giovani, coloro che si appassionano alle vicende di questi pseudo-famosi, al crescente numero di reality show, agli scoop e ai pettegolezzi, al gossip. Forse che ci si immedesima in ciò che si vede? Può essere lo strumento mediatico potente a tal punto? Probabilmente sì, e a confermarlo è proprio l’adesione di un numero così ingente di followers, agli stuoli di fan che circondano le persone da tappeto rosso.

La finzione viene paradossalmente innalzata a realtà, le categorie dell’essere e dell’apparire vengono sovvertite e scardinate: “Io sono perché me lo garantiscono gli altri”, e da un concetto del genere al consequenziale “quindi io sono ciò che di me gli altri pensano” il passo è assai breve. Ecco che allora ci diamo tanta premura per l’apparenza, curiamo la superficie e non nutriamo la forma che ne è il fondamento, affidiamo i nostri valori a ciò che di noi comunica agli altri una borsa o una maglietta o il numero di followers sui nostri profili social.

Come aveva criticamente messo in evidenza un interessante film del 1998 (The Truman Show) viviamo noi stessi dentro un enorme reality show, in cui lo spazio per la realtà, per la verità, per la libertà dell’essere noi stessi è sempre minore e sempre più condizionato da una serie di fattori esterni; l’essenza è quindi limitata dall’apparenza, l’io è ingabbiato dal mondo e non può più rivendicare se stesso. Qual è la conseguenza catastrofica ed estrema di tutto questo? Nessuno è più davvero padrone di se stesso.

Il riferimento a René Magritte e alle sue opere nasce dall’osservazione della sua arte surreale dove il soggetto appare sempre diviso tra ciò che è e ciò che vorrebbe essere o vorrebbe che gli altri vedessero.

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2 commenti

  1. Emozionante intraprendere il viaggio TOTEM E TABÙ con adolescenti che, come sempre, aprono la mente e regalano visioni nuove. Grazie per l’opportunità

    1. Grazie a te Tiziana, per questo interessante risultato che può stimolare la nascita di altre esperienze come la tua. E’ evidentemente intrigante e rivelatore vedere come la poetica di un artista del primo novecento come Renè Magritte diventi linguaggio espressivo per dei giovani di oggi. Complimenti!

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