GIOVANNI CHIARAMONTE,
Fotografia come misurazione del mondo.
Ho visitato la mostra di Giovanni Chiaramonte insieme agli amici di Color’s Light di Colorno, un momento arricchito da una interessante introduzione di Paolo Barbaro.
L’enorme mostra di 400 stampe, poste in sequenza cronologica, aiuta il visitatore a seguire il percorso artistico dell’autore che dalle prime ricerche influenzate dalla foto singola di reportage, scattate pellicola (24×36), passa rapidamente col medio formato (6×6) alla realizzazione dei primi racconti tematici rivolti alla interpretazione delle atmosfere ambientali urbane della sua Sicilia (regione di provenienza della sua famiglia), caratterizzati da immagini densamente liriche tratte da spazi in esterni e in interni delle abitazioni.
Colpisce come la stagione dell’arte concettuale, iniziata alla fine degli anni ’60, indotta anche dalla relazione con Luigi Ghirri, abbia portato il suo linguaggio verso il consapevole progetto dell’opera fotografica. Un’opera composta da immagini singole, prima in B/N e poi col colore, in cui la composizione dona la forma alla significazione della realtà secondo il suo sentire, non solo con l’armonia estetica ma anche con i segni delle trame esistenziali.
Il colore, negli anni, apre un enorme spazio creativo di forte impatto simbolico che lo porta verso una scelta stilistica del profilo colore dai toni alti e dalle cromie desaturate. Una scelta che è condivisa anche da altri fotografi come Ghirri (indimenticabile la sua Versailles (1985)) sino a diventare un tratto linguistico che sottintende una poetica condivisa da un’intera generazione di fotografi profondamente sensibili alla postmodernità.
I colori pastello, ben calibrati nella luminosità, attenuano la percezione del realismo fotografico dell’immagine e ne spostano il senso, dalle cose in essa rappresentate, verso al pensiero che l’ha generata. Un intervento di dominio cromatico che diventa “l’artificio rivelatore”, tipico dell’opera di genere artistico, che non annulla le conquiste della visione conseguite innanzi tempo e si intreccia alla innata necessità estetica dell’autore ora espressa con finalità concettuale. Con una fotografia così densa di segni, dà il proprio contributo autoriale a opere collettive come “Paesaggio italiano” promosso da Luigi Ghirri.
La sua formazione in studi di filosofia l’hanno sempre stimolato alla ricerca dei significati metaforici dell’immagine fotografica, in particolare quelli animati dal misterioso intreccio spazio/tempo che la luce solare intrattiene col mondo. Le sue immagini ci parlano delle sue attese per cogliere le ombre e i riflessi naturali ben posati secondo una sua logica soggettiva che oggi sono un inimitabile segno autoriale della sua creatività.
Silvano Bicocchi
Team Di Cult FIAF
La mostra
GIOVANNI CHIARAMONTE. FOTOGRAFIA COME MISURA DEL MONDO
APE Parma Museo (Strada Farini, 32/A, Parma), dal 10 novembre 2024 al 9 febbraio 2025
Per chi vuole una completa introduzione alla mostra consigliamo di leggere la presentazione del Curatore Arturo Carlo Quintavalle: