ArchivioDai tavoli di portfolio

FLORICOLTURA – di Chiara Natta

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Avete detto la floricoltura?
Paesaggio come memoria di un lavoro che non esiste quasi più ma che ha segnato la storia, l’economia dell’estremo ponente ligure dal secondo dopoguerra fino alla fine degli anni novanta. Ora, buona parte delle serre è inutilizzata e i fiori transitano solamente nel circuito commerciale internazionale. I terreni incolti e abbandonati creano zone di incertezza.
La natura è testarda, maltrattata, reagisce.
Un paesaggio, commistione di natura e cultura che si perde nel passato, emerge nel presente come un segno senza altro significato che il sentimento del tempo che passa e che dura contemporaneamente.
Le rovine esistono attraverso lo sguardo che si posa  su di esse, e la loro presenza, forse, può impedire al paesaggio di sprofondare nell’indeterminatezza di uno spazio senza uomini.
Un paesaggio pieno di sole, fiori, pietre, mare, è quello del tempo puro, che permette di sfuggire al suo trascorrere: è la perdita parziale dei paesaggi dell’infanzia.
La presenza del passato non è nostalgica, anzi forse l’interesse per il sociale si congiunge con l’interesse per la bellezza.
Chiara Natta
 

FLORICOLTURA

 di Chiara Natta

 
 

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2 commenti

  1. “Floricultura”, di Chiara Natta, è un’opera animata da un’idea narrativa artistica per la riflessione condotta con immagini di forte valore estetico.
    Chiara Natta è una fotografa che ha condotto lungamente l’esercizio della fotografia nell’elaborare i temi che la propria necessità interiore ha portato alla sua coscienza.
    La decadenza della coltivazione dei fiori è il tema di questo suo raffinato portfolio.
    L’ultima immagine con questa macchina che sfreccia ci stacca dalla meditazione intima che la fotografa ha condotto con passo lento e occhio acuto nell’organizzare le forme ben intrecciate con le luci.
    Si manifesta una sapienza della visione, quando l’autrice sa organizzare la composizione dominando virtuosamente nel caos le soglie, le quinte, le cornici.
    Le proporzioni, la plasticità tonale e le fughe verso cielo diventano strumenti narrativi.
    Complimenti a Chiara Natta per l’occhio fermo col quale sa vedere e narrare con profondità il dolore che si avverte nella decadenza della realtà che ci ha donato in altre epoche ragioni di ammirazione.

  2. Il lavoro di Chiara Natta ci mostra una sequenza di “monumenti” ad un lavoro che ormai è quasi scomparso da questi territori, trasformando questi luoghi in “non luoghi”, dove la natura che cresce indisturbata sta prendendo il sopravvento. E’ sicuramente un lavoro lucido e pieno di nostalgia, che avrebbe forse beneficiato di più dell’uso del colore per acquisire più carattere. Complimenti a Chiara per la bella ricerca.

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