
Il progetto analogico Rêverie di Alessandra Cecchetto è una introspezione interiore che il bianco e nero abilmente lavorato rende universale. In un luogo onirico, come ben descrive il titolo, che impegna ma và oltre la razionalità, per indagare un io sconosciuto ma che si fa emergere e in cui si è immersi, le immagini navigano tra emozioni contrastanti, come contrastate sono le fotografie e i soggetti; ciascuno un indizio, una fotografia di un sé sospeso, di un’inquietudine latente, di una consapevolezza che emerge. Luci e ombre ti vengono addosso già alla prima lettura, per la composizione centrata e funzionale all’obiettivo, che deriva da una personalità fotografica forte seppur in continuo divenire.
La tensione che caratterizza il lavoro, in cui abilmente vengono bilanciati dettagli e spazi aperti, giochi di luce enfatizzati dalle diagonali, sembra portare via via alla ricerca di un paesaggio aperto che, ingabbiato nella prima immagine, passa attraverso lo scatto di dettagli stimolanti, che richiamano emozioni sofferte, paure, tristezze recondite, dalla terra spaccata dalla sua aridità, ai chiodi tesi da un filo a una biscia illuminata dalla morte, a porte serrate, chiuse, illuminate dalle ombre.
E’ a mio giudizio la luce, la luce nonostante tutto, che in questi sogni lucidi è capace anche nei momenti più bui di questo viaggio, di condurre alla possibilità di una rinascita, dell’abitare sensazioni di serenità che man mano si aprono in una simbiosi tra paesaggio e io narrante, in questo caso fotografico.








Molta della produzione fotografica di Alessandra Cecchetto ha a che fare con la terra, con la propria terra, sia indagata con reportage di successo, sia sublimata come in questo lavoro, e con la persona, in questo caso sé stessa, che ci propone il suo cammino interiore con un’abilità concettuale ed evocativa di chi non ha paura di mostrare le proprie fragilità e sa creare lavori personali in cui riconoscersi. Per trovare anche noi quel luogo in cui abbandonarsi, aggrappati ad ogni brandello di luce che apre ai nostri occhi anche quando il buio attanaglia e stringe.
Testo di Mauro Liggi
Biografia di Alessandra Cecchetto.
Classe 1987 originaria di Arbus, si avvicina alla fotografia nel 2011 concentrandosi sui lives e sulla scena Punk, Hardcore, Skate, Surf e Longskate di cui fonda la prima associazione in Italia, collaborando con diverse riviste di settore; dal 2010 lavora come fotografa di Reportage per “Portfolio Sardegna” rubrica di approfondimento dell’Unità, occupandosi di problematiche socio-ambientali in Sardegna (vedi l’occupazione Militare e le basi Nato). Nel 2014, in seguito all’alluvione in Sardegna, realizza il Reportage “Cleopatra” vincitore del premio – Sardegna Reportage, Dopo diversi anni di studi da autodidatta, di lavoro in camera oscura e sperimentazione in diversi generi fotografici tra cui l’autoritratto, nel 2015 si specializza in Reportage, grazie ad una borsa di studio presso la Scuola Romana di Fotografia e Cinema a Roma. Dello stesso anno il reportage “Circus Festival” dove racconta gli aspetti più quotidiani e intimi del Festival circense. Nel 2017 vince il premio “Closer – dentro il Reportage”. Ha esposto in diverse mostre personali e collettive tra Roma, Berlino, Bologna, Taranto, Cagliari, Nuoro e Sassari. Attualmente fotografa professionista, si occupa principalmente di Reportage sociale, Fotografia terapeutica e di laboratori esperienziali.
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