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Michele Montano – Le fotografie di Van Gogh e le Affinità Emotive III° parte
Quando incontro le figure di Magritte, nei miei sogni, di solito precipitano.
Nell’ultimo periodo anche più repentinamente, che sia una metafora della finestra sul mondo di oggi il sogno e sul mondo di allora il suo quadro?
Una cosa è evidente: oggi l’omino è a terra e non ha la bombetta per proteggersi le idee, ma una borsetta per comprarle.
Decisamente i tempi sono cambiati.
All’opera Golconda affianco Uomo con borsetta. Accompagnatevi musicalmente con La borsa valori di Dalla.
Michele Montano
A me sembra che gli omini di Magritte ascendano come in “Miracolo a Milano” di De Sica, i buoni salgono e passeggiano in cielo, allora barboni che fuggivano dalle baracche, questi in bombetta che fuggono dai centri finanziari delle city a cercare la loro resurrezione.
La bellissima fotografia dell’uomo con valigia, che perde i pezzi della sua vita senza rimpianti, mi da l’impressione di essere ingabbiato, stretto nella morsa della vita moderna, senza scampo!
Caro Michele credo che la visione della realtà oggettiva (realtà anch’essa è in continua mutazione in relazione al cambiamento luce-tempo) dipenda sempre da quale punto di vista e con quale sguardo viene osservata; faccio un esempio: se arrivo a Parigi a Natale, sfavillante di luminarie e di sfarzo, in un periodo in cui tutto mi va a gonfie vele, sono innamorata e ottimista, ne ho una “visione” diversa rispetto ad un altro momento in cui la città appare decadente e per di più io sto attraversando un periodo personale difficile, o ancora sono adulta o bambina. Stavo infatti gustandomi l’immagine di Magritte ( e anch’io come Maria avvertendone positività) quando mi si è avvicinato mio figlio di 17 anni e allora gli ho chiesto cosa gli suggerisse; con mia sorpresa mi ha risposto che tutti quegli omini neri gli davano tristezza, gli sembravano le persone di oggi, molto spesso omologate. Quindi una differente e opposta chiave di lettura.
Devo dire che sono veramente invidiosa che tu, almeno in sogno, abbia potuto conoscere Van Gogh, ma ti assicuro che nessuna delle riproduzioni che ho visto su libri o internet mi ha potuto dare quella emozione (mozzafiato) che ho provato direttamente dai suoi dipinti: nelle sue opere c’è anche la forza comunicativa delle sue mani e, direi anche, un pezzetto della sua anima.
Questo per dire che oggi siamo travolti da milioni e milioni di immagini e al di là delle tecniche usate (come si è discusso animatamente nella tua pubblicazione del 17 ottobre) , a mio parere, quello che conta è la capacità che ha un’immagine di emozionarci, di penetrarci.
Tra l’altro credo che ormai il confine tra le varie espressioni artistiche non sia più così marcato e separato (le poesie di Leopardi, o di Alda Merini, o haiku pur usando un differente linguaggio sono sempre poesie) .
Non sono d’accordo che “la fotografia è un’idea e le idee non hanno padroni, solo messaggeri” (frase citata sulla tua pubblicazione del 23 marzo). Se vediamo una foto che assomiglia a quelle di Franco Fontana diciamo infatti “alla Fontana”, o di Cartier-Bresson, o al grafismo di Giacomelli, o ecc, ecc. L’idea, se geniale, è inevitabile che porti con sé il timbro dell’autore che l’ha coniata.
Gentile Giancarla, intendevo proprio questo nel dire “le idee non hanno padroni solo messaggeri”: il fatto di poter trovare foto alla Fontana non fatte da Fontana dimostra che l’idea non rimane legata all’autore primordiale ma va avanti e magari si evolve o semlicemente, come anche tu affermi, ha semplicemente un altro punto di vista. Non potrebbe essere diversamente altrimenti dovremmo considerare inutili copioni quelli che oggi realizzano raygrafie, sicuramente la tecnica non si può spacciare per nuova (sarebbe un ingenuo tentativo di appropriazione indebita) ma l’approccio, la composizione, i materiali possono esserlo quindi l’idea va avanti. Riguardo alle poesie mi sento di dissentire legermente: se è vero che Leopardi, Merini e Haiku hanno scritto poesie, è vero anche che la tendenza e realizzare fotografie più simili ad immagini pubblicitarie cambia il registro e spesso questo registro è inopportuno come potrebbe essere inopportuna una persona che nel parlato quotidiano si esprimesse oggi in terzina incatenata, tanto cara al sommo Vate. Questo per dire che delle volte la supremazia delle “nuove tecniche” è incongruente con il contenuto e l’utilizzo, salvo poi spacciarlo per licenza poetica, ma qui si rischia il relativismo però.