Flags of America – di Cinzia Busi Thompson
FLAGS OF AMERICA – di Cinzia Busi Thompson
Ex Ospedale Sant’Agostino
Largo Porta Sant’Agostino 228, Modena,
15 dicembre 2012 – 7 aprile 2013
Per altre informazioni consultare il sito www.mostre.fondazionecrmo.it
La mostra merita almeno un’ora, e anche più, del vostro tempo per visitarla. Sono esposte ottantadue opere di ventidue autori americani che tra gli anni Quaranta e Settanta del Novecento hanno contribuito a compiere quella svolta innovativa e modernista che tutti ben conosciamo e che ha liberato la fotografia dagli accademismi per lasciarla libera di spaziare negli ambiti più legati al quotidiano, ma anche a una dimensione “altra”.
Citando le parole del curatore, Filippo Maggia, essi “sono una vera e propria bandiera di un modo di esprimersi attraverso lo sguardo che ha fatto tendenza nel senso più appropriato e autentico del termine: un punto di riferimento per la sua generazione e un vero ‘maestro’ per quelle successive (…) “.
Prima di procedere a una “visita virtuale” della mostra, occorre fare una breve premessa. Nel 2007, la Fondazione Fotografia della Cassa di Risparmio di Modena ha iniziato una meritoria operazione di acquisizione di fotografie per la sua collezione e questa mostra è l’esposizione delle ultime acquisite in ordine di tempo.
Quanto sopra vuole motivare quel senso d’incompiutezza che rimane quando la si è visitata, in altre parole, quell’“acquolina in bocca” che resta al termine; in altre parole avremmo voluto vedere di più della media di quattro opere per autore che sono esposte. Ma il fine comunque giustifica ampiamente i mezzi perché, anche per chi come me, ha avuto modo di vedere migliaia d’immagini, in questa mostra farà delle scoperte interessanti.
Del resto, quanto fino a ora visto, rende già evidente l’ampiezza del corpus d’immagini che, speriamo tra non molto tempo, sarà a loro, e conseguentemente nostra, disposizione.
Passiamo ora a “visitare” la mostra. Gli ambienti dell’ex-ospedale, per la loro sobrietà, fanno sempre da mirabile cornice alle opere esposte. A metà del percorso è stata collocata una postazione di schermi nei quali si possono vedere alcune interviste fatte ad alcuni dei vari autori. L’unico problema è che sono in inglese senza sottotitoli e l’ascolto può essere un po’ difficoltoso per chi non ha dimestichezza con la lingua inglese.
L’importanza di questa installazione sta nel poter vedere in faccia l’autore, nel sentire la sua voce e, soprattutto, ascoltare le loro esperienze. Un esempio per tutti è l’intervista a Stephen Shore nella quale l’intervistatrice chiede all’autore il perché ha usato stampe piccole per la sua mostra e ascoltare la sua risposta che riassumo brevemente: quando la stampa è grande, il fruitore la sperimenta; al contrario quando è piccola bisogna che egli la guardi.
Gli autori esposti vanno dai più noti “classicissimi” Ansel Adams (bellissima “Pinnacle, Alabama Hills”), Diane Arbus (magnetica la sua “Bishop Ethel Predonzan”), Richard Avedon, Edward Weston e Irving Penn (dei quali si può ammirare una scelta d’immagini fra le più famose), a Robert Adams, Wynn Bullock, Harry Callahan, Paul Caponigro, Aaron Siskind, Stephen Shore, Garry Winogrand e Lee Friedlander (questi ultimi due sono, al tempo stesso, così semplici e così complessi) vere e proprie “bandiere” della loro generazione così influente sulla fotografia contemporanea.
Vere e proprie scoperte “dal vivo” sono i “contemporanei” Van Deren Coke, creatore di atmosfere oniriche – citando l’autore “Come se queste immagini (…) fossero state prodotte non da un apparecchio fotografico ma da una sorta di registratore di sogni” -, e Bruce Davidson, fotografo impegnato nel movimento per i diritti civili, che con le sue immagini ci trasmette la dignità degli emarginati (eccezionale la sua East 100th Street, NYC).
Altro artista visionario è Ralph Eugene Meatyard – anche poeta-filosofo – che “usa” i membri della sua grande famiglia come modelli di presenze-assenze “ambientandoli” su fondali di paesaggi e luoghi abbandonati creando vere e proprie narrazioni articolate a diversi livelli (da quello reale a quello surreale).
Se nel panorama fotografico contemporaneo il paesaggio, nelle sue varie declinazioni, assume grande importanza, bisogna ammirare il lavoro di Richard Misrach che si colloca fra la Land Art e l’impegno ambientale mettendo in evidenza l’opera dell’uomo e i suoi esiti catastrofici e, al tempo stesso, la sua fragilità; tendenza questa molto diffusa soprattutto fra i fotografi della Scuola di Düsseldorf (Ruff, Struth, ecc.).
Il grande pregio di questa mostra è dunque quello di darci la possibilità di compiere un excursus sulla fotografia americana e di fornirci degli elementi che ci mettono in grado di iniziare una ricerca personale sui vari autori da noi conosciuti o meno, di allargare comunque i nostri orizzonti culturali.
P. S. Gli amanti – e non – del genere possono altresì visitare la mostra “Domenico Riccardo Peretti Griva e il Pittorealismo in Italia” allestita nelle stanze contigue.
Questo contrasto fa maggiormente notare l’importanza degli autori di Flags of America nel guidare la fotografia in nuovi territori inesplorati, affrancandola dal suo status mimetico.
Cinzia Busi Thompson dopo aver recensito “The Collector’s Choice” con questa nuova mostra modenese sulla fotografia americana continua la sua attenzione verso questo ormai importante polo espositivo avviato a Modena da qualche anno che si distingue per la sua dinamica progettualità. La Fondazione Cassa di Risparmio di Modena con “Flags of America” espone le opere acquisite nel proprio archivio confermando il suo interesse per la fotografia estera in particolare americana e asiatica. Ricordo che la stessa ha dedicato mostre molto importanti nel 2011 ad Ansel Adams e nel 2012 a Edward Weston. Per chi desidera conoscere profondamente la fotografia degli USA consiglio, oltre alle monografie d’autore, anche “Sulla fotografia” di Susan Sontag e “L’infinito istante” di Geoff Dyer. Sicuramente per un fotografo che desidera maturare consapevolezza nel proprio operare, la storia della fotografia americana rappresenta un parte essenziale di quelle conoscenze che non può ignorare.
A mena dito la Thompson conosce del perché fra il Quaranta e i Settanta del secolo “breve” viene, de facto, imposto dagli Yankee una nuova visione del “reale”. E di quello che oggi, non solo in termini iconici paghiamo al “sogno” americano. A quel pensiero unico o fine della Storia (fatta di iper-ultra speculazioni finanziaria) alla Francis Fukuyama, tanto caro a Ronald Regan o Bush 1,2,3…via Pentagono et simila. Annuit coeptis, appunto.
Fa piacere oltre la Civica Galleria di Modena che s’immagina ancora vivente ed operante, che la Fondazione Cassa di Risparmio di Modena con “Flags of America” dà lustro alla fotografia. che per il Belpaese è da rogo medievale, tranne nella Milano da bere: MIA FAIR. Pecunia non olet. Bravò.
In Italia, sempre parlando di fotografia si capisce, ci pensò a sventolare bandiera bianca anche il Ghirri nazionale. E sue circumnavigazioni casalinghe, in sorta di Atlante, per il terracqueo con gli occhi puntati alle nuvole, diversamente da Ugo Mulas e distante da Weston. Bravò.
Fotografie, quindi, in bella mostra (in un ex-ospedale luogo sì di cura ma anche, o soprattutto, decessi) dove è dato intuire, ad esempio qui richiamata, come alla coralità tipica di una manifestazione si associa scientemente, con il progredire del piano temporale, la posa unica. Saligno solitaria e finale. Spaesata+mente messo in essere da chi, fotografi galleristi critici lacchè e caravan serraglio mainstream a libro paga deve mandare ad effetto la “Tavola” impressa sul granito della moderna “Stonehenge” o “Georgia guidestone”.
Siché più che chiamarsi “Flags of America” è giusto rimarcare:”False flags of America” che la Thompson tenga a mente, non tutti la bevono, la Coca + cola si capisce.
Ps. L’immagine delle automobili non ha lo stesso tono che in bianconero è altro linguaggio, di un Robert Frank, che qualcuno a torto o ragione vuole come il prima e il dopo del “mondo” fotografico. O del Diluvio vai a sapere.
Trovo molto interessante la recensione della Cinzia B.T., che mette in evidenza l’importanza di questa mostra per noi appassionati di fotografia, troppo spesso ancorati ad una sola visione mimetica della fotografia, anche se sempre interpretativa da parte del fotografo.
Ritengo molto istruttivo aver affiancato ai grandi maestri, come Adams e Weston, già visti nelle mostre precedenti, i nuovi maestri contemporanei che con le loro opere concettuali, surreali, ecc. amplificano il nostro orizzonte culturale.
Va dato merito alla Direzione della Mostra il suo impegno nel divulgare la fotografia in un panorama italiano molto limitato.
Sono Modenese e devo ancora trovare ritaglio di tempo per andare a vedere questa mostra, ringrazio Cinzia Busi Thompson, la sua esposizione mi pone interrogativi, mi stimola a saperne di piu.