“INIZIAZIONE lungo le rive del Sepik” – di Flavio Petrini
“INIZIAZIONE lungo le rive del Sepik” – di Flavio Petrini
Le immagini del reportage sono frutto di una spedizione all’interno della Papua New Guinea volta a documentare gli usi e costumi degli indigeni, questi scatti sono riferiti a una scarificazione collettiva di 11 giovani maschi.
I giovani dei villaggi che si affacciano sul fiume Sepik, al momento di superare la soglia della pubertà vengono sottoposti a un rito di iniziazione esponendo la loro pelle a intagli su tutto il corpo, generalmente effettuati usando, oggi, delle lamette da barba, in passato utilizzando come strumento da taglio delle conchiglie, i tagli vengono eseguiti all’interno di una struttura chiamata “Casa degli Spiriti “ dove solo gli uomini hanno accesso, paragonabile ad una enorme palafitta, affrescata di dipinti tradizionali.
I tagli sul corpo del giovane vengono eseguiti generalmente da i parenti dello stesso, coadiuvati da assistenti che provvedono a far luce con delle torce, e nettare il sangue in eccesso.
La pratica di iniziazione subita (scarificazione) ha lo scopo che la pelle incisa, sarà poi umettata con un olio vegetale, cosparsa di cenere, facendo si che le ferite una volta cicatrizzate assumano una sorta di rigonfiamento, tale da assomigliare il più possibile alla pelle del coccodrillo, rettile che in gran numero condivide le stesse acque del fiume, soggetto di rispetto e ammirazione da parte di tutta la popolazione.
I scarnificati riposeranno all’interno della struttura “ Casa degli Spiriti “ accuditi e alimentati dai parenti per circa 30 giorni fino a cicatrizzazione avvenuta.
Con questo rito tribale, lo scarnificato avrà diritto a pieno titolo a far parte dell’assemblea di governo del villaggio essendo diventato uomo.
In occasione di una giuria Grazia Neri ci diede una di quelle lezioni che non si dimenticano! Discutevamo un portfolio molto ben realizzato ma che trattava di un argomento spinoso e ci disse una frase che significava questo:. Lo stesso si può dire per l’opera “Iniziazione lungo le rive del Sepik” di Flavio Petrini. Il lavoro è animato da un’idea narrativa tematica per la visione soggettiva di un rito iniziatico africano. Ci siamo dati il progetto di presentare su Agorà Di Cult una serie di opere su temi antropologici, per vedere fin dove si spingono i fotografi nella vita delle comunità umane. Il lavoro di Petrini a mio avviso ha una forte capacità narrativa delle atmosfere che caratterizzano questo rito: la determinazione degli incisori, l’accondiscendenza degli iniziati e i loro stati d’animo nel affrontare il dolore. Le luci, scelte dall’autore, connotano di mistero religioso questa scelta di vita che dal tormento fa nascere un uomo che per tutta la vita mostrerà i segni della sua ardua prova. E’ raro trovare tanta intimità in immagini fotografiche! In questo lavoro questa essa viene espressa anche grazie alla perfezione fotografica che qui in condizioni di luce difficilissime non è semplice da raggiungere. Tutto è stranamente pacato e si svolge ai nostri occhi con una evidenza disarmante: il lavaggio delle mani dell’incisore, gli occhi sbarrati dal dolore, il soffrire in silenzio tra i fumi della “Casa degli spiriti” perseguendo un immaginario collettivo che anche in questo caso è per noi difficile da comprendere. Flavio Petrini ha trovato un modo efficace di dominare la scena e ci ha riportato, con mano ferma e occhio attento, la rappresentazione della spiritualità che aleggia in questo luogo dove lo spirito sceglie il corpo per mostrare la sua immanenza. Complimenti vivissimi all’autore.
Di primo acchito un bel pugno sullo stomaco, ma un lavoro veramente molto ben fatto. Sono pienamente d’accordo con Grazia Neri.
Un bellissimo portfolio. Complimenti Flavio!
La pubblicazione di questo portfolio è un atto di giustizia.
Lo dico in tutta serenità, senza voler riaprire dibattiti che a distanza di due anni non avrebbero alcun senso.
Ma mi va di dirlo perchè queste immagini, che a quanto pare stanno attirando l’attenzione (per lo meno da quanto posso vedere sulla nostra pagina di Facebook) credo che costituiscano un documento di rara “bellezza”, soprattutto per il fatto che riesce a trasfigurare scene di una crudezza esasperata, direi di una violenza fisica di pesante impatto, in qualcosa che definire poetico non penso sia esagerato o fuori luogo.
Flavio ci porta dentro quella capanna dove si svolge un rito che a noi occidentali sembra folle, ma lo sarebbe di meno se solo pensassimo alle crudeltà che gli uomini si scambiano reciprocamente per motivi politici, etnici, religiosi, senza che nessuno (o pochi) riesca più a reagire a causa dell’abitudine alla violenza a cui i mezzi di informazione ci hanno ormai – purtroppo – abituato.
Ma qua si tratta di una violenza diversa, densa di significati rituali lontanissimi dal nostro mondo “civile”, che noi definiamo selvaggi, crudeli, dall’alto della nostra falsa innocenza.
La delicatezza con cui queste foto ci trasportano nell’intimità di quel rituale è un elemento che fa assumere al portfolio un valore che va oltre la semplice rappresentazione, ci porta quasi a partecipare, sembra di sentire l’odore del sangue, i verosimili lamenti degli iniziati.
Forse sono di parte, perchè l’amicizia con Flavio travalica ogni altro aspetto, ma avendo potuto apprezzare tanti suoi lavori fatti negli angoli più lontani e selvaggi del pianeta (se qualcuno lo vuole conoscere meglio vada sul suo sito http://www.flaviopetrini.it),
penso onestamente che le sue capacità fotografiche in questo campo del world-reportage siano ai più alti livelli, non per niente il suo mito fotografico è quello Steve McCurry che riempe di folle le sue mostre.
Per essere meno di parte riporto di seguito un bellissimo commento lasciato da una socia del nostro Circolo fotografico, Elena, lasciato sulla pagina Facebook, penso che una migliore sintesi del valore di questo portfolio non si poteva fare.
E penso che due anni fa si sia persa una bella occasione di portare un lavoro superlativo a Portfolio Italia.
Ha scritto Elena: “Un documento straordinario, un’interpretazione sublime, empatica, assolutamente realistica, nel senso che Flavio Petrini ha avuto la rara sensibilità di cogliere ciò che è l’atmosfera di un rito estremamente profondo, dove il dolore è il mezzo sacro attraverso il quale si diventa uomini e nulla ha di raccapricciante o perverso, anzi, è il momento in cui la comunità si trova in un unico respiro. La situazione “uterina” in cui gli uomini vengono messi a giacere è satura di silenzio e attesa, l’attesa di rinascere con una nuova pelle per entrare nel mondo degli uomini. La fotografia è un linguaggio e il fotografo imprime a questo linguaggio il suo peculiare accento e traduzione, alle volte le traduzioni pur trascendendo sempre la realtà a cui fanno riferimento, sono con essa del tutto affini, rispettose, in altri casi la traduzione mira solo ad accontentare il lettore e le sue aspettative tradendo in gran parte la realtà, ciò è bello e apprezzabile nella maggior parte delle arti figurative, molto meno quando esse sono a servizio della conoscenza, come in questo caso, e Flavio ci ha regalato una traduzione davvero ammirevole e piena di rispetto. Grazie”
La serie di Flavio Petrini è uno di quei rari esempi di reportage “vero”, che ci mostra senza edulcorazioni una pratica tribale ai nostri occhi estremamente crudele, ma densa di significato e di valenze per quei giovani uomini. Attraverso questa sofferenza affermano la loro appartenenza a pieno diritto al mondo degli adulti che contano e questo ci è mostrato con occhio lucido e indagatore da Flavio.
Le sue fotografie sono permeate da una atmosfera e una luce bellissime, che in alcuni casi mi fanno tornare alla mente le foto di scena di Storaro in Apocalypse Now.
Davvero complimenti vivissimi all’autore!!
Mi associo ai commenti lodevoli per questo buonissimo lavoro che ci scuote intimamente.
Mentre da un lato ci sconvolge per la forza della rappresentazione dall’altro genera una sorta di ammirazione. Quanta forza, consentitemi di dire, quanta fede per superare tali prove.
Spesso a noi che ci sentiamo “civilizzati” questi riti appaiono assurdi. Non riusciamo a capire il perché di tanta atroce violenza. Un giudizio superficiale, dato dalla nostra incapacità di entrare nell’anima di quelle culture. Siamo noi che abbiamo perduto la forza del credere.
Un lavoro che ci fa appassionare sempre più alla fotografia documento.
Grazie a Flavio Petrini e anche al Direttore per avercelo proposto.
Ho avuto già modo di vedere ed apprezzare il lavoro di Flavio, persona di grande umanità, impegnato nel sociale e con una viva passione per i viaggi e per la fotografia.
A distanza di tempo, ciò che mi appariva crudo e forte, ora assume un elevato valore antropologico. Un rito di iniziazione ben documentato da immagini di qualità compositiva, che colpiscono per il loro realismo, ma nello stesso tempo rivelano un occhio sensibile, paziente ed attento di viva compartecipazione.
Grazie Flavio e complimenti di cuore per il tuo lavoro fotografico.
Non si può guardare questo reportage, senza essere catapultati nella “Casa degli Spiriti” direttamente in Papa Nuova Guinea… ora siamo tutti lì… chi a soffrire guardando il giovane iniziato, chi ad incidere la sua pelle per renderlo uomo, chi ad accudire e medicare, chi a tremare sotto la lama cercando la forza e il coraggio negli “Spiriti”.
Complimenti a Flavio Petrini per averci fatto vivere questo rito di iniziazione in modo così toccante ed emozionante… e complimenti al Direttore per la scelta.
Barbara