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Come volete che io sia! – di Marco Obici
Come volete che io sia! – di Marco Obici
Opera presentata al Face to Face a tema „La non realtà“, tenuto al Circolo 4 Ville nel novembre 2013.
Oggi, nella nostra società, siamo sempre più immersi nella Non Realtà.
Siamo in una continua ricerca di perfezione che, probabilmente, non esiste.
È sufficiente prepararsi per uscire di casa che nella nostra mente affiora il desiderio di rendersi presentabili, cioè come gli altri vorrebbero vederci.
La donna, in questo contesto, è sempre al centro della scena, come in casa così anche fuori, ed è tanto importante quanto la sua appariscenza.
Eccomi, sono qui… come volete che io sia.
“Come volete che io sia!” di Marco Obici è un’opera animata da un’idea narrativa tematica per l’osservazione soggettiva di un fenomeno di costume. Il tema è il conformismo femminile ai modelli estetici promossi dai mass media. L’autore l’affronta, come scrive nel suo breve testo, riflettendo sul momento del quotidiano in cui si esce di casa e pone l’attenzione al comportamento automatico della donna che si preoccupa di assumere una determinata maschera che comunichi l’immagine desiderata di sé alla gente. L’opera con pochi scatti fortemente simbolici attraversa i momenti vissuti dalla donna nel soddisfare il raggiungimento del modello prescelto. Sono immagini da leggere con lentezza ripercorrendo la stessa cura dello still life con la quale l’autore le ha composte. Ne esce un donna dall’immagine faschion che vuole essere desiderabile o stupire. Complimenti all’autore per la sintesi concettuale.
Ho letto e riletto le parole di presentazione di Marco Obici al suo lavoro e devo dire che mi sarei aspettato qualcosa di più profondo nelle poche immagini (troppo poche!)presentate dall’autore. Si, d’accordo, le immagini sono ben composte e ben realizzate, ma sono fotografie che abbiamo avuto modo di vedere già tante volte..la donna prigioniera dell’apparenza , i modelli sociali che impongono un certo cliché glamour, tanto che pare eccessivo anche il richiamo di pirandelliana memoria al termine della presentazione.
Personalmente cercherei di estendere e approfondire questa tematica, senza accontentarmi di svolgere un compitino diligente e basta; sono sicuro che l’autore può fare di più e di meglio.
Da sempre che siamo immersi nell’irrealtà. I grandi ideali politici, religiosi, razziali, ecc., hanno portato i poveri figli di mamma, “gli idealisti”, a combattere una serie infinita di guerre, mentre gli altri, “i realisti”, facevano affari vendendo armi o appropriandosi delle ricchezze usurpate.
Per quanto riguarda il trucco, è da almeno 4 mila anni, per quello che ne sappiamo, che la donna usa il trucco. Se poi pensiamo agli occhi dipinti dei faraoni ed alle parrucche incipriate di Versaille, vediamo che anche gli uomini, da sempre, vogliono apparire “in modo non reale”.
Oggi ogni cosa è in scala industriale, quindi è accessibile ad un numero più elevato di persone. Ma è piacevole vedere che ormai tutte le donne, con un po’ di sacrificio, possono essere belle; soprattutto per la loro soddisfazione; perché le donne si truccano, da sempre, per sentirsi belle.
Condivido il pensiero di Massimo Pascutti in merito al lavoro.
A mio avviso, spesso è più interessante usare la fantasia che raccontare il presunto e consueto “reale”.
Antonino Tutolo
Non sarei così drastico nel discutere le immagini presentate da Marco.
La valutazione di un lettore non può basarsi su quello che il lettore stesso ha già visto, che già sa: occorre prendere visione di quello che l’Autore ci presenta e che è riuscito a rappresentare, con la sua sensibilità e grado di riflessione, con rispetto ed empatia.
Per questo, in ogni occasione, mi schiero con con decisione contro il “mi piace” o “non mi piace”, perchè non rispettoso dell’Autore, e rivolto più di tutto a una visione personale.
Mi sembra che il tema affrontato sia serio, certamente non originale, ma non per questo banale e non attuale.
Prediligo una lettura che entri in sintonia con quello che l’Autore vuol dire e per come sa dirlo.
Non ci deve condizionare il “gia visto” e la ricerca sempre e comunque di un punto di vista innovativo e originale.
Un esempio: un carnevale è sempre un carnevale … ma QUEL carnevale per QUELL’autore, le SUE immagini fatte con la SUA PROPRIA capacità espressiva …
Quello è il SUO carnevale …. magari non lo ha mai fotografato o non ci è mai stato prima, o ci ha riflettuto solo in quel momento.
Per la mia modestissima opinione.
La mia era naturalmente un’opinione del tutto personale…è ovvio che ogni autore ha una propria visione di un argomento e decide di esplicitarla nel modo più vicino alla sua sensibilità e alle sue corde, ma proprio perché il tema affrontato è serio , come desunto anche dalla presentazione dell’autore, mi sarei aspettato un maggiore approfondimento e meno superficialità.
L’Agorà è bello , tuttavia, proprio perché da spazio alle opinioni di tutti. Affettuosi saluti a tutti.
Dalla buona tecnica fotografica presente nelle foto, ho compreso che Marco Obici non è l’ultimo arrivato e non ha bisogno di essere incoraggiato a fare un passettino avanti.
Stimolarlo ad uscire dai soliti canoni, dal solito linguaggio, anche più energicamente di quello che osato, perché egli può dare molto ma molto di più, è il meno che mi sono sentito e mi sento di fare.
Fare ricerca, sperimentare vie nuove. Si sbaglia tante volte, ma prima o poi si arriva a qualcosa di personale e, già solo per questo, importante.
Il lavoro di Marco forse non sarà nuovo ma penso che dal punto di vista tecnico le immagini non siano male, ben curate e centrate sullo sviluppo del concetto che l’autore ha voluto proporci. Credo che la cosa più importante sia avere sempre nuovi stimoli e voglia di mettersi in gioco, divertendosi.
Cordiali saluti
Maurizio Messori
Trovo il lavoro di Marco, strutturalmente equilibrato. Inquadrature, toni e luci sapientemente ricercate. Condivido totalmente il pensiero di Andrea Moneti sul non lasciarci condizionare dal ” già visto “. Conoscendo i vari itinerari percorsi da Marco nel pianeta femminile, trovo questo lavoro discreto e delicato. Forse è questa la sua diversità.
Marco Lugli
Questo lavoro di Marco, che non è poi cosi’ male, (anche se non mi piace suggerire soluzioni agli autori di come avrebbero dovuto svolgere il lavoro )in questo caso guardando il portfolio nel suo insieme emerge fra tutte l’ultima immagine per idea e contenuti, è l’unica che esula dallo stereotipo e retorico immaginario di donna che si fa bella.
L’ironia che trovo presente in questa immagine è forte e diventa anche un monito alle donne di saper ridere di se stesse, di giocarsi i ruoli in questa società che ti vuole sempre e a tutti i costi omologata come i macchinari nelle aziende . ciao franca
Condivido l’idea di Franca sull’aspetto ironico del lavoro.
L’autore in pochi scatti ci mostra da dove parte la preparazione estetica, gli strumenti impiegati, i gesti usati e l’immagine ricercata (penultima), ponendo con l’ultima un monito al rischio di cadere nel ridicolo sperando di essere orginali.