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Metato – di Gabriele Tartoni

 
Opera presentata al Face to Face _Circolare, di Livorno Photo Day il 24/02/2019.
 
 
 
 
 
Un mestiere antico. Tramandato nel tempo e abbandonato per un certo periodo di tempo. Riscoperto da non molto per effetto della crisi di lavoro nelle località di montagna dell’Appennino toscano. Comunque un’attività familiare, che è stata fonte di nutrimento per periodi difficili.
Dalla castagna alla farina dolce. Attraverso i vari passaggi della produzione, della sbucciatura e cernita e della molitura. Il tutto effettuato a pochi km di distanza dai castagneti, con strutture antiche ma assolutamente efficaci.
L’attività coinvolge varie persone e gruppi familiari ed è coinvolgente per la pace che si respira nei castagneti, per la frenesia della fase di sbucciatura e per l’attesa della qualità del prodotto nella ultima operazione di molitura.
Il lavoro cerca di trasmettere queste sensazioni che l’autore ha respirato insieme ai protagonisti partecipando alle varie fasi e immergendosi nell’attività per testimoniare la passione, la concentrazione e l’impegno che traspare nei volti e che proviene dall’amore per il territorio e per la natura e dal sentirsi utili.
 

Metato

 di Gabriele Tartoni

 

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5 commenti

  1. Un lavoro realizzato con delicatezza che ci porta a conoscere un “mondo” ai più sconosciuto. Gesti semplici ricchi di storia, sacrificio e poesia. Gabriele entra in punta di piedi facendoci respirare un’atmosfera onirica e piena di fascino. In un caldo colore racconta le fasi della lavorazione delle castagne. Fotografie verità dove gli ambienti lasciano spazio ai particolari in un andirivieni che rende la sequenza con un buon ritmo. Grazie per questa testimonianza.

  2. Gesti antichi immortalati da immagini forti, tagli decisi, luci accecanti;un reportage sul lavoro eseguito in modo molto efficace che ci guida in un mondo ai più sconosciuto, e che ci rende partecipi di un’attività che richiede grande perizia e fatica.
    Complimenti a Gabriele per l’ottimo lavoro svolto.

  3. Come mi capitò di dire già a Livorno, quel che più mi colpisce in questo lavoro di Gabriele è il cambio di passo tra bianco/nero e colore, svolto con grande naturalezza.
    Conoscendo infatti i lavori precedenti dove il bianco-e-nero era davvero essenza ultima del discorso, qui assistiamo a un cambiamento di “parole” (direbbe Saussure) ovvero la singola esecuzione dell’atto linguistico; ancora più semplicemente “il come” l’autore fotografa, perché a mio avviso c’è qui un nuovo modo di parlare. Abbiamo visto Tartoni (farci) osservare momenti essenzialmente zen con le foto del “Drago e il Bilancino”, anche con un certo distacco; adesso invece siamo dentro le cose non solo per l’attacco in medias res. La prima foto che sembra introdurre il racconto sta invece già dentro la storia (addosso al personaggio!) e non solo per motivi “narratologici” ma proprio perché il fotografo quasi si mescola con la materia che sta trattando. E’ come se l’autore si sentisse pronto a partecipare, non soltanto a riprendere il mondo davanti all’obiettivo ma capace di dirci qualcosa di sé che non sia soltanto il dharma (ovvero “il modo in cui le cose sono”) ma anche il sentimento delle cose che vivono, prendono rumore, fatica, gesto del fare. Personalmente la trovo un’evoluzione molto interessante perché sinceramente imprevista e perché mi lascia un’enorme curiosità verso i prossimi possibili sviluppi.

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