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Paolo Serra e la Quarta Dimensione Fotografica
di Isabella Tholozan
Nell’anno 2018 Agorà di Cult pubblicò un mio intervento sull’arte cubista di Picasso e l’influenza che quest’ultima ricevette dalla fotografia. Uno studio, nato da Anne Badassari, conservatrice e responsabile del museo Picasso di Parigi fino al 2014, la quale ha dedicato a quest’argomento un approfondito saggio “Picasso e la fotografia – Lo specchio nero” edito da Alinari.
“Nell’immenso archivio, donato dagli eredi allo stato francese, sono state trovate ceramiche, vetri, stampe, oleografie, cartoline e una ricca raccolta fotografica, consistente in alcune migliaia d’immagini di ogni tipo. Lo studio di tali immagini, in parte scattate dall’artista, ha permesso di individuare un solido legame con il processo creativo del maestro.
Solo in tempi recenti si è iniziato a considerare fondamentale, per comprenderne l’opera, il modo in cui la fotografia ha influenzato il lavoro di Picasso, nella ricerca di essenzialità formale, così volutamente distante dal vero.
L’osservazione fotografica offriva l’intervallo necessario al controllo e alla riflessione, consentendogli la realizzazione di prototipi e d’insolite soluzioni visive, una sorta di Prime Visioni che governano il processo creativo”.
Il fotografo Paolo Serra, che vi presento in quest’occasione, rimase colpito da questo mio scritto e si mise in contatto, mandandomi alcune considerazioni sul processo che aveva indotto questa personale visione sulla “quarta dimensione”:
“Nel febbraio del 2017, dopo un grave lutto, misi in discussione tutta la fotografia che producevo, ragionando sui ricordi. Mi appassionai alle immagini mentali teorizzate dallo psicologo/filosofo statunitense Stephen M. Kosslyn e di come queste venivano prodotte, archiviate e rievocate nel cervello.
Nella fattispecie una ricerca scientifica dimostrava che ogni volta che un ricordo era rievocato, questo era contaminato, dunque in soldoni, dimentichiamo.
Ma i ricordi sono una delle cose più preziose di cui disponiamo, fu li che decisi di ragionare al contrario, sul tempo. In particolar modo su ciò che era passato, su come rievocarlo, un sogno ad esempio; capii la potenza dello strumento fotografico e la mia ricerca cominciò a divenire ossessionante.
Nel 1994 mio padre regalò a me e ai miei fratelli quattro ritratti, commissionati a un pittore; fu così che, dopo anni, mi ritrovai davanti allo stesso luogo in cui fu eseguito quel ritratto.
Mi ripetevo: la quarta dimensione, la relatività. Senza artifici grafici. Azzerando il tempo in un istante. Utilizzai vetri e specchi per fondere momenti diversi nel tempo, ritraendo me, nel passato, nel presente e in un ipotetico futuro.
Qual è, dunque, il momento reale? Il fotografo, il bambino oppure l’uomo che ne è diventato?
La risposta? Tutte le precedenti.
Lo spazio invece? Lo stesso, quello del ritratto e della fotografia.
Un fotogramma dal 1994 al 2017, un istante, lungo 23 anni catturato con un mezzo di indagine del reale.
E questo fu l’inizio della mia quarta dimensione fotografica”.
Un inizio particolare, un processo creativo che nasce da una precisa necessità psicologica e si sviluppa attraverso l’approccio e l’approfondimento tecnico del medium fotografico, utilizzato, come l’autore tiene a precisare, senza alcun artificio di post-produzione.
Il legame dello strumento fotografico con il tempo e lo spazio ha sempre affascinato e, su di esso, si sono scritti fiumi d’inchiostro e scattate infinite immagini; Paolo Serra non è certo il primo o l’unico ad aver sentito la necessità di approfondire tale concetto. Colpisce però, la smania, quasi ossessiva, come lui peraltro la definisce più volte nei suoi testi, di voler arrivare a una risposta o, forse, a una risoluzione.
E’ così che da quella forma tridimensionale spazio-temporale che unisce l’autore bambino del 1994 all’uomo del 2007, ha origine una nuova forma bidimensionale che rappresenta contemporaneamente passato e presente e dalla quale si svilupperà tutta l’indagine fotografica di Paolo Serra.
Lo scopo è, come già detto, la volontà di rappresentare, dare forma visiva e, quindi, percezione e comprensione al mistero che si cela in ogni essere umano, alla ricerca delle innumerevoli sfaccettature e maschere di cui ogni singolo uomo è parte.
Da questa ricerca ne è nato un lavoro interessante che sta portando l’autore in un territorio nuovo e personalissimo, importante perché nato dalla consapevolezza.
V’invito a visitare la pagina condivisa di cui al collegamento sottostante e la pagina Fb “Quarta Dimensione Fotografica”:
https://drive.google.com/open?id=1Sus2KumS4WAo0-Nv3KbOQ-tv49yWt6Ln
Galleria immagini
Complimenti ottimo lavoro
Autori.Tratto 4/5 è bellissima.
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Sicuramente il lavoro più interessante visto ultimamente sul blog, quindi complimenti a chi l’ha proposto, anche se manca di originalità per la troppo similitudine alle opere cubiste di Picasso non ne sminuisce la potenza espressiva. L’unico vezzo dell’autore, che lo accomuna ad altri, è il vantarsi di creare fotografia senza necessità di post produrre, come se questo fosse sinonimo di purezza interiore, ma dubito che abbia creato anche gli specchi.
Credo che piuttosto che post produrre, l’autore volesse riferirsi al tentativo di utilizzare il mezzo fotografico in maniera etica, senza l’uso di artifici grafici digitali a posteriori.
Paolo Parea