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Cronache Di Cult
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Sul limitare…….
Da sempre lo sguardo dell’uomo si fa dimora del mondo e della sua esistenza.
Il suo desiderio di conoscere e capire non si ferma all’apprendimento di ciò che gli rivelano i sensi, ma va oltre, cercando non soltanto ciò che c’è ma ciò che, in esso, ogni uomo vi vede, magari andando oltre il documento, oltre la testimonianza; forse cercando una più consapevole valutazione del mondo.
La fotografia, dal momento “in cui si è inventata”, si è posta in questa direzione: il reale rappresentato e riprodotto restituiva la sua radice emotiva ricapitolando i momenti della sua creazione; e, quindi, ritornando sui suoi passi, linee e colori, ombre e luci, presenze e assenze si giustificavano, e rivelavano il loro senso, nel sentimento nuovo della comunione e dell’appartenenza reciproca. Cosicché l’apparente solipsismo del gesto fotografico, in effetti, si è rivelato lo strumento adeguato per “scegliere” l’istante privilegiato e decisivo, e raccogliere il “verso” di un albero, la “nota” di uno strumento, il “profilo” di un volto, “l’ombra” di una scala, la “luce” di un uscio.
Il mondo, se fotografato, ci appare, allora, pieno di “oggetti trovati”, di accadimenti non premeditati (Susan Sontag).
Il grande poeta Borges, in un suo racconto, ci parlava di un collezionista d’immagini diverse tra loro che riviste poi, tutte insieme e sul finire del mondo, gli svelavano le fattezze del suo volto.
Il gesto di Francesco sta sul limen, sulla soglia, sulla porta di quest’esperienza.
La contemplazione automatica e meccanica attraverso la lente non ci inganni: c’è stata sempre tanta magia in quella visione, tanto dialogo con le cose che ci sono appartenute perchè avevano una loro storia, una loro causa.
Perché oltre l’immagine, oltre la forma elegante e raffinata, oltre la figura, i nostri sensi hanno raccolto flussi di senso e di significazioni che potremmo banalmente chiamare poesia, nubi di fantasia, o terapeutiche pillole d’informazione.
E sul limitare dello sguardo, la realtà ha corrisposto all’occhio che interrogava ed ha suggerito nuove visioni oltre l’evidenza della raffigurazione. Ha riconosciuto la bellezza del manufatto e la sua sonora voluttà; ha ricordato la dolcezza del riposo e l’attesa dell’anima; ha riconosciuto come metafore, come allegorie, le effimere superfici degli alberi o le altezze di un semplice gradino; ha riletto i motivi dell’ombra come fossero note sul pentagramma.
Oltre l’immagine, tentiamo anche noi di leggere il volto del Nostro Amico che, sul limitare della visione, ci va avvertendo del limen, della linea di confine di quanto percepito, consapevole che la grotta di Platone, stavolta, non gli restituirà solo ombre ma segni nuovi.
Pippo Pappalardo
Dentro e attraverso
di Francesco Pennisi
Dentro e attraverso.
Mi piacciono queste foto e mi piace il loro accostamento.
C’è un elegante equilibrio di ombra e luce.
Linee rette, diagonali, curve, che si combinano alla perfezione.
Ogni foto è al posto giusto.
Bravo Francesco, davvero bravo!
Entro con Francesco dentro alcuni squarci e dettagli e davvero li attraverso. Simboli e allusioni mi conducono alla memoria personale, all’attesa, alla possibilità di un andare oltre un limite, al desiderio che vuole compiersi.
Riconosco un amore per la natura che arricchisce le sue immagini di caldo abbandono e morbidezza.
In un mio pensare, a cui apre le porte il vedere, diviene centrale però, il suggestivo dettaglio di quella voluta che emerge dal buio, fosse un bracciolo di poltrona troverei naturale la visione di questa spirale, perché tale è, avvolta dalle mani.
In questa forma ancestrale riconosco un desiderio di armonia e di apertura, un camminare che vuole evolversi consapevole del possibile pericolo di ritrovarsi in movimento nel verso opposto. Forse da questo rischio ultimo può salvare proprio quell’intreccio di mani che apre la sequenza e quelle forme curvilinee che sembrano tenersi per mano e chiudono l’insieme proposto.
Ho trovato i miei luoghi, i miei attimi e le mie attese. Ogni scatto è una pausa che dilata il tempo, scala le mie intenzioni e i miei desideri, se ne appropria, li anima e li culla.
Cronache Di Cult si interessa anche ai libri che, come questo, nascono dalle risorse culturali che un fotografo trova nel proprio territorio.
Ecco che così le immagini risultano valorizzate anche nella loro lettura da chi conosce il percorso dell’autore.
Il testo di presentazione di Pippo Pappalardo apre uno scenario molto ampio su cos’è la fotografia, traendo stimoli dal processo creativo dell’autore che viene rivelato dalle sue scelte visive. Certo troviamo frasi di grande rivelazione, che si susseguono battendo profondamente sui significati che ha l’atto fotografico, partendo dalla lettura di queste immagini.
Comprendiamo che il senso del fotografare non è uno solo, ma cambia in base all’immaginario creativo del fotografo che possiamo conoscere concretamente nelle sue immagini.
Mi sembra bella questa apertura culturale che valorizza i diversi sentiti e visioni del reale, perché così ogni fotografo esce dalla fredda logica del confronto e vien ascoltato nel suo valore assoluto.
Francesco Pennisi ci parla di un mondo naturale e antropico, dove non appare mai la figura umana ma che dell’uomo sempre si parla, attraverso i segni del suo vissuto. Un uomo però è sempre presente! E lo possiamo conoscere dai segni rappresentati dalle sue fotografie: l’autore stesso.
Notevole è la coerenza dell’aura del “tempo fermato” che traspare nelle sue immagini che ci accompagnano a conoscere numerosi attimi della sua vita, in cui ha dato un nome alle scene o ai frammenti che lo hanno chiamato alla loro denotazione: nel scegliere il punto di ripresa e nell’ardua sfida compositiva. La luce è la sua energia rivelatrice e la forma diventa la consapevolezza del riconoscimento di un valore, azione questa che si allarga, oltre che alle forme, alle superfici giocando con il mistero della spazio quando manca un fattore di scala.
Grazie a Francesco Pennisi per gli stimoli intimi che le sue immagini riescono a comunicare e a chi ha dato il proprio commento, creando in tal modo un momento di piacevole immersione collettiva nel mondo interiore molto riflessivo di questo autore.
C’è una linea sottile che accomuna tutte queste fotografie di Francesco Pennisi ed è la ricerca della contrapposizione fra luce ed ombra a disegnare forme nuove e ad aprire la mente verso suggestioni e mondi nuovi , mediate dalla nostra sensibilità individuale. E il gioco intrigante che si crea è proprio questo; raffrontare le proprie sensazioni con quelle degli altri osservatori e costruire un proprio percorso individuale di bellezza e introspezione.