ArchivioDai tavoli di portfolio

CL34 – di Cristina Corsi

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La libertà dell’artista che si fonde tra la materia e l’impalpabile.
Carmelo si plasma con l’ambiente che lo circonda e ne incamera la forza, la semplicità dei gesti e della materia, l’imprevedibilità del variare dei pensieri di concerto con il passare delle ore e dei giorni.
Osservando la natura ed ascoltandone i suoni, trasforma ”scarti” e “apparente inutilità” in opere d’arte restituendo alla natura stessa  il frutto della sua passione viscerale per lei.
Carattere solitario e lontano dagli schemi e stereotipi che lo vorrebbero succube dei cliché moderni dell’artista, unisce i suoi sogni con la terra partorendo emozioni. Suoni onomatopeici si fondono e talvolta escono da strumenti frutto del suo genio.
La sua creatività in tanti anni ha fatto nascere e crescere, come accade in natura, qualcosa di incredibilmente inaspettato in un angolo nascosto di vallata toscana poco distante da zone industriali e da verdi colline del Chianti. Il suo parco d’arte Bum Bum Gà che da quarant’anni è laboratorio in febbricitante produzione.
E’ Carmelo, CL34, dove nel suo peregrinare di pensieri, associazioni e combinazioni ricorre il numero 7 a lui così caro.
Lo osservo, lo ascolto, lo racconto.
 
Cristina Corsi
 

CL34 

di Cristina Corsi

 

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5 commenti

  1. La parola magica di questo lavoro è fusione. Fusione tra l’immagine di Carmelo e gli oggetti che crea, fusione tra Carmelo e il suo ambiente, fusione perfetta tra le immagini che scorrono. Ci sembra di essere accanto a lui e di percepire il suo pensiero che sta progettando nuovi oggetti con le preziose mani. Cristina è riuscita a dare ad ogni immagine una dinamicità particolarmente efficace che ci fanno astrarre dall’immagine e volare in quel luogo che l’ha ispirata. Bellissimo lavoro

  2. Cristina ci presenta un lavoro creativo di una persona che trasforma gli oggetti e dà loro nuova vita. Nella sfera collettiva l’artigiano è colui che utilizza le proprie mani o piccoli attrezzi per creare prodotti, in questo caso elementi decorativi.
    Viene data, grazie a questo progetto, attenzione all’arte del riciclo, un modo per diminuire la quantità di rifiuti ed una buona occasione per scoprire nuovi stimoli per la fantasia e la creatività. Riciclare significa trasformare scarti in materiali riutilizzabili. Sono diversi i materiali che possono essere riciclati: alluminio, vetro, legno, carta, tessuti, acciaio e plastica sono tutte materie prime che possono essere riconvertite e trasformate.
    Viene in mente a questo proposito l’arte povera, un movimento artistico che ha cercato di contrastare il nuovo e il vecchio, dando un senso diverso alla nostra percezione del tempo che passa, offrendo agli oggetti l’idea di immortalità, della vita che rinasce ciclicamente.
    L’opera narrativa artistica presenta immagini singole caratterizzate da un bianco e nero deciso, che trasmettono a primo impatto dolore e sofferenza. Le fotografie del protagonista sono alternate con immagini dell’ambiente circostante caratterizzato dalla presenza dei lavori creati da Carmelo. L’autrice ci mostra in questo modo non solo le realizzazioni eseguite dall’artigiano ma va oltre, mostrandoci con empatia i sentimenti che animano l’artista.
    L’utilizzo del mosso ci porta dentro lo stato d’animo e ci coinvolge come in un vortice di emozioni. Siamo trasportati dentro il suo mondo attraverso una struttura narrativa ritmata dalla sequenza : nella prima immagine c’è una sovrapposizione tra il profilo di Carmelo e una delle sue creazioni a voler significare quanto sia forte il legame tra il protagonista ed il suo operato. Il ritratto luminoso e mosso non distoglie l’attenzione dal suo sguardo assorto che ci accompagna alla terza immagine, bottiglie appese ad un albero, illuminate dalla potente luce del sole. Nella quarta immagine il protagonista viene ripreso con uno strumento musicale, come se suonasse qualcosa alle proprie opere, compagne di vita. La quinta immagine ci riporta alla realtà, con vecchi televisori in disuso, rappresentati con la coerenza del mosso, come a portar via la tecnologia da quel luogo. Le mani segnate dal tempo ci fanno capire quanto tempo Carmelo possa aver dedicato al lavoro manuale, che tutt’ora svolge. La settima immagine è un volto, una donna, forse una donna amata ma comunque importante da esser raffigurata ed inserita nel suo parco artistico. L’immagine dei fiori, anch’essi mossi, inseriti dopo la figura femminile, ci portano ad un ‘dolce naufragare’ in un pensiero positivo e d’amore. Così come la nona fotografia, un perdersi dentro emozioni create delle 2 precedenti immagini.
    L’opera si chiude con una figura apparentemente maschile, più dura e severa, quasi a tornare ad una realtà ben diversa dal percorso poetico fatto grazie alle ultime immagini.
    Con questo progetto siamo portati ad andare oltre il semplice lavoro materiale svolto da Carmelo. Ognuno di noi, seguendo le proprie passioni, cerca di trasmettere a coloro che ne fruiscono i propri sentimenti, sperando di lasciare un segno di quel che è stato da lui sentito nell’atto creativo.

  3. CL34 di Cristina Corsi è un portfolio animato da un’idea narrativa artistica, che con la sua coerenza permette di riflettere sul concetto di “spazio simbolico” in fotografia.
    Un esempio di spazio simbolico, facilmente comprensibile, è un tempio o una chiesa che, indipendentemente dalla religione, è, per chi conosce il significato degli oggetti ivi presenti, uno spazio simbolico liturgico, nel quale professare individualmente e collettivamente il proprio credo.
    In quegli spazi religiosi il significato delle cose è diverso da quello che si trova all’esterno: una fontana diventa fonte battesimale, un tavolo è un altare sacrificale, una sedia non è per riposare ma per raccogliersi, una candela non è per far luce in casa ma la luce della fede nella parola rivelatrice che dissolve le tenebre di una vita confusa che non trova risposte.
    Quindi in uno spazio simbolico le cose assumono un significato specifico dettato delle convenzioni, ma accade anche che le cose possano assumere un significato in base a elementi culturali e estetici che stimolano la nostra immaginazione metaforica.
    Ci sono angoli della realtà che con determinate atmosfere attirano il nostro sguardo, inducendo in noi immediatamente uno stato d’animo che può maturare in un sentimento.
    Quello stato d’animo non appartiene alla realtà ma solo a noi stessi che la guardiamo: esso è l’esito della nostra personale proiezione psichica (rivelata da Jung) che nasce dalla nostra cultura.
    La fotografia ci permette di condividere quel sentito con la composizione in un’immagine una determinata relazione tra gli elementi visuali della realtà che comunica quel significato che noi sentiamo.
    In questo modo la fotografia è un media che ci permette di interpretare la realtà grezza, traducendola in un personale “Spazio simbolico”.
    A volte, come nel caso di quest’opera, le forme della realtà non sono in grado di rappresentare l’invisibile, che è nascosto sotto la superficie degli oggetti e le sembianze delle persone. In questo caso l’elemento invisibile è l’energia creatrice di un artista, che è difficile rappresentare con la fotografia.
    Cristina Corsi ci mostra un modo col quale condividere la sua percezione di questa energia creatrice presente nell’artista e nella sua opera. Lei ha scelto di operare con un atto fotografico in cui la fotocamera viene mossa durante lo scatto, o ha agito con una post produzione trasformatrice al fine da mostrare con coerenza un unico spazio simbolico che contiene le opere e l’artista medesimo. Notiamo come il flusso del mosso renda dinamica la visione delle opere d’arte e la visione a frammenti vibrati del volto tentino di rappresentare la personalità dell’artista.
    Come spesso succede, quando il simbolo si presenta con forme perfette allora la camera fotografica torna bella ferma sul punctum e raccoglie la forma: l’artista che suona il flauto, le bottiglie appese.
    Complimenti a Cristina Corsi per il bel percorso espressivo che sta conducendo.

  4. Il lavoro CL34 di Cristina Corsi si apre con una immagine che è emblematica per inquadrare la personalità di Carmelo: un profilo sfuggente, quasi indefinibile, al cui interno racchiude un altro profilo appena accennato. La figura di Carmelo rifugge da schemi e convenzioni, pronta a rinascere con estremo dinamismo, tesa alla ricerca di continue idee e soluzioni…Estremo dinamismo mentale quindi, ben espresso dal mosso presente in molte immagini, alternato a fermi immagini su alcuni particolari appartenenti alla sfera fisica dell’artista e ad alcune sue opere. Il tutto realizzato con un b/n deciso, senza mezze misure, aspro, che racconta di un tormento interiore. Complimenti a Cristina per questa sua felice intuizione autoriale.

  5. Un percorso autoriale che ci racconta l’artista Carmelo in modo onirico e materiale allo stesso tempo. Le fotografie sono legate tra loro da una linea immaginaria e sottile che è fatta di richiami grafici e di percezioni sensoriali. Espressione di ciò che è Carmelo e di ciò che l’arte è per lui. Forme che si fondono a “suoni” e ad emozioni che Cristina ci regala nella sua forte impronta di autrice. Originale, attenta, delicata e padrona del linguaggio. Un bianco e nero potente, deciso, senza mezze misure così come è l’arte di Carmelo. Non un arte ma cento arti. Traspare la passione, la gioia di creare e di ascoltare la natura da dove nascono molte delle opere dello scultore/musicista e poeta immerso nella natura che lo circonda e che diventa un tutt’uno con la sua anima. Ciò che è abbandonato e senza utilizzo riprende vita nelle opere dell’artista che Cristina ha saputo cogliere con maestria e phatos.

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