IVANO CEVOLANI – a cura del Foto Club “Il Guercino” BFI

Fu proprio in quel periodo che Ivano Cevolani cominciò a predisporre dispense tecniche per i corsi di fotografia, materiale che nel corso degli anni venne elaborato ed ampliato fino a divenire un vero e proprio manuale didattico.

Per questa sua dedizione alla divulgazione della fotografia, Ivano venne, nel 1984, onorificiato B.F.I.

IVANO CEVOLANI
a cura del Foto Club “Il Guercino” BFI

Fotogallery Varie

Intervista a Ivano Cevolani

Ivano, cosa ti ha fatto avvicinare alla fotografia?

“Ma! I miei ricordi vanno fino alla mia infanzia (ho 78 anni) e forse si può dire che sono nato con la macchina fotografica..

Mi capitò fra le mani una di quelle macchine fotografiche fatte da un parallelepipedo, credo di legno rivestito di similpelle, non ricordo se avesse una lente o il foro stenopeico come obiettivo e una lamina di metallo comandata da una molla come otturatore. Era una delle primissime macchine fotografiche e non mi ricordo come ne venni in possesso, so solo che ne rimasi talmente entusiasta che dentro di me si mosse quel qualcosa che mi appassionò subito alla fotografia.

Mio padre allora mi regalò una macchina fotografica (usata) formato 6×9 AGFA a soffietto (le macchine di allora). Felicissimo, è nato un fotografo!”

Quali sono stati gli eventi ed i casi della vita che ti hanno fatto avvicinare agli altri due fondatori del Foto Club ?

Diciamo che Corinto Lanzoni ed io eravamo amicissimi, veniva spesso a casa mia, proprio perché anche lui era appassionatissimo di fotografia. Mi fece poi conoscere un altro appassionato, Francesco Lorenzoni e da questo trio nacque l’idea: “perché non fondiamo un circolo”?

Detto fatto, è nato così il “Fotocineclub CTG Il Guercino”. CTG perché alle origini eravamo, come sede, ospiti del GTG (Centro Turistici Giovanile).

In seguito, trovata una nuova sede tutta nostra, ci staccammo dal CTG e diventammo autonomi.

Il club prese allora il nome di “FotoClub Il Guercino”, denominazione che porta tutt’oggi.

Fotogallery “Pila”

Quando hai iniziato ad organizzare i corsi di fotografia?

Nel 1970 tenni il primo corso base di fotografia a Cento. Continuai con i corsi negli anni a venire: a Sant’Agostino, a Vigarano, a Ferrara e presso il CRAL della fabbrica in cui lavoravo.

Ho continuato con i corsi fino a tutt’oggi. Ciò mi è valso, nel 1984 il titolo FIAF di “BFI”, benemerito della fotografia italiana.

Cosa ricordi del “primo giorno” del corso?

Fu certamente una esperienza emozionante trasmettere agli altri la passione della fotografia.

Allora si lavorava con pellicola in BN e si sviluppava e si stampava “in casa” e nei corsi di fotografia, si insegnava anche la “camera oscura”.

Parlando di emozioni ( perché la fotografia provoca emozioni, sia nel pensarla, realizzarla ed osservarla), cosa ti emoziona di più?

Io mi ritengo un fotografo “spontaneo”, di solito non progetto prima, ma se penso di andare a fotografare in un certo luogo, o una certa situazione, vado e scatto ciò che l’istinto mi detta, ciò che mi dà un’emozione. Non sono quindi un fotografo “concettuale”, ma d’istinto.

Fotogallery “Sardegna”

Adesso sei anche un grande esperto di montaggio audiovisivi, programmi di post-produzione, hai praticamente seguito l’evoluzione dei tempi, passando dall’analogico al digitale. Come è nato questo “amore”?

Siamo nel 1963, è da poco nata la pellicola per diapositive, e me ne innamorai immediatamente. Cominciai così ad usare questa pellicola e subito nacque in me il desiderio di proiettare le immagini accompagnate da commento parlato e accompagnamento sonoro. Nel 1965 nacque così il mio primo audiovisivo: una vacanza sugli sci con amici protagonisti.Non potete immaginare quanta tribolazione e quanto lavoro era necessario per realizzarlo.Allora non esisteva l’HI-FI e la stereofonia, ma si utilizzava un registratore mono a bobina. Mono significava lavorare su una sola pista, sulla quale veniva inciso contemporaneamente sia il parlato che la musica (da dischi vinile) da abbassare quando iniziavi a parlare e alzare di volume quando non c’era il parlato.

Il tutto veniva fatto collegando un microfono ed un giradischi ad un registratore attraverso un mixer. Iniziavi con la musica poi la abbassavi e cominciavi a parlare per poi rialzarla tra una frase e l’altra, il tutto tenendo d’occhio un cronometro per controllare la durata della diapositiva. Ad ogni minimo errore, sia nell’entrata della musica, sia nell’errore del parlato o nella sincronizzazione dei tempi, stop e si ricominciava daccapo! Provate a immaginare!

Poi, con la nascita della stereofonia e i registratori a 4 piste separate, le cose sono migliorate di molto. Si lavorava in piste separate una alla volta; in una il parlato, nell’altra la musica ascoltando il parlato in cuffia. Le due piste venivano poi miscelate in una sola liberando così la seconda pista stereo, sulla quale poi si incideva un segnale acustico che serviva per il cambio della dia e veniva ascoltato solo in cuffia.

Dopo la comparsa dei computer, nacquero poi le “centraline di comando” che, assieme ad appositi programmi, hanno reso molto più agevole la produzione di audiovisivi. Il colpo finale lo ha dato poi la nascita del digitale, che ha reso accessibile a tutti e senza difficoltà con l’aiuto di appositi programmi (vedi M.objects), la costruzione di video e audiovisivi col solo ausilio del computer.

Ti mancano la pellicola e la camera oscura?

Per la camera oscura, un po’ si. Quante nottate ho fatto con passione e soddisfazione

Per la pellicola no.

Evviva il digitale che ti permette di recuperare o correggere immagini che con la pellicola certo non potevi, dovevi tenertele sovra o sottoesposte, con dominanti, storte, ecc.

Fotogallery “Lo Squero”

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