Animatore Culturale

L'ebbrezza del Postmoderno – Riflessioni di Gabriele Bartoli

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L’ EBBREZZA DEL POSTMODERNO

Riflessioni di Gabriele Bartoli,
sulla conferenza di Silvano Bicocchi.

 
Si possono collegare insieme immagini di Robert Frank, Luigi Ghirri e David LaChapelle?
Certamente sì, come ha spiegato Silvano Bicocchi, Direttore del Dipartimento Cultura della FIAF, durante la sua conferenza su “L’Ebbrezza del Post Moderno”.




 
Partire dalle immagini di Robert Frank tratte dal suo lavoro e libro più famoso: THE AMERICANS significa partire dal passato per aiutarci a comprendere il presente. Frank sicuramente non sarà stato il primo a fotografare la vastità dell’America ma lo ha fatto in modo nuovo, andando ad indagare con sguardo nuovo non la grandezza e lo splendore di una nazione alla ribalta della scena mondiale, ma cercando e trovando i piccoli dettagli, i piccoli indizi della vita di tutti i giorni degli americani. Percorrendo migliaia di chilometri con la sua vettura, soprattutto sulla strada ha soffermato lo sguardo, nei suoi bar, distributori, motel; nonluoghi in cui la vita delle persone si mescola in modo anonimo. Le persone, Gli Americani, sono i grandi protagonisti delle fotografie di Frank, che non immortala mai in atteggiamenti posati e studiati ma, come caratteristica di tutto il suo lavoro in fotografie colte al volo, quasi senza inquadrare, senza comporre nel mirino una scena che risulta straordinariamente efficace come cifra stilistica personale, istanti rubati al loro lavoro, al loro modo di fare, al loro vivere. Ed ecco che nascono immagini storiche, la barista dietro il suo bancone sul quale svetta l’immagine di Babbo Natale, l’ascensorista annoiata assorta nei suoi pensieri, gruppi di persone attorno ad un juke box, pompe di benzina e insegne al neon; ma soprattutto anche anche il lato razziale degli USA; con il suo sguardo libero, il fotografio svizzero ha naturalmente colto gli aspetti peculiari dei rapporti tra bianchi e neri, la famosa immagine di copertina del libro ne è un esempio.
 





 
Da qui la ricerca condotta da Bicocchi si sposta in Italia, dove negli anni ’70 Luigi Ghirri da alle stampe il suo libro probabilmente più concettuale, ATLANTE. Se non il più concettuale sicuramente quello che offre meno chiavi interpretative. Accolto alla sua uscita in modo sicuramente freddo, troppo diverso e troppo lontano dalla consuetudine fotografica di allora, Atlante propone una nuova visione del vedere assolutamente inusuale per l’epoca; un libro di immagini di immagini. Ghirri racchiude all’interno di questo piccolo capolavoro la sua personale ricerca di spazialità e infinito. L’infinitamente grande che si racchiude nel piccolo, la maestosità del deserto, dell’oceano si racchiude nella propria minusciola immagine all’interno di un normale atlante geografico. Quale metodo più efficace per rappresentare il tutto condensandolo in una piccola immagine già precedentemente decodificata? La parola Oceano  immediatamente ci rimanda a infinite possibili immagini che noi possediamo mentalmente.Per Ghirri il cannocchiale, il mappamondo e il microscopio erano gli “attrezzi estremi del vedere”. Il cannocchiale per avvicinare il troppo lontano, il microscopio per ingrandire il troppo piccolo; cioè tutto l’invisibile agli occhi. Ed ecco che con i pochi segni delle immagini di Atlante riusciamo a tradurre e a immaginare le vastità dei deserti, le profondità del mare, le dimensioni delle citta, le altezze delle cime montane la immensità delle galassie.
 



 
Ed eccoci pronti per un nuovo salto temporale arrivando ai giorni nostri. David LaChapelle, americano classe ’63, incarna nuovo linguaggio pop della staged photography. Onirico, surreale, visionario, addirittura caricaturale in alcune delle sue immagini, tutti aggettivi che ben si sposano con il personaggio che rilancia alzando l’asticella della fotografia contemporanea. Anche le sue immagini sono di difficile interpretazione, ma osservandole e studiandole con attenzione notiamo che LaChapelle attinge diversi tratti alla pittura, alla letteratura e alla mitologia, dimostrando di conoscere alla perfezione il mondo della storia dell’arte. Le sue immagini sono letteralmente piene di rimandi; il sacro e il sacrilego, il bene e il male, la vita e la morte si intrecciano ibridandosi in una nuova dimensione dando vita ad immagini che lasciano sbalordito il fruitore. Donne bellissime fuoriescono con opulenza e vanità dalla distruzione di edifici, il continuo contatto di estremi si ritrova in ogni coloratissima immagine in cui l’uomo post moderno ha paura di perdere i punti di riferimento in un’età di grandi cambiamenti. Punto di svolta nella sua produzione artistica il legame con la religione, che si celebra attraverso varie immagini del ritorno del Cristo in terra con varie rivisitazioni de “L’ Ultima Cena”, nella quale rappresenta Gesù ad un party multirazziale contemporaneo; sino alle ultime nuove immagini di Natività dallo stile decisamente barocco incurante della trasgressività delle nudità esposte dai suoi soggetti e da quelle del Paradiso (Eden), della gioia e della natura dell’anima, sempre nello stile surreale e pop per cui è conosciuto.
Gabriele Bartoli
 


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11 commenti

  1. Gabriele Bartoli è un Animatore Culturale FIAF che ha brillantemente interpretato la figura del CAR nell’Emilia Romagna per il progetto nazionale “La Famiglia in Italia”.
    E’ socio del Gruppo Fotografico Grandangolo BFI di Carpi (MO) e dopo diversi anni di attività nel Di Cult, con questo Post ha compiuto il salto di qualità nel postare su Agorà Di Cult le sue riflessioni sui contenuti delle conferenze di Carpi Foto Fest, dedicati all’evoluzione dell’immagine fotografica nel contemporaneo.
    Ha pertanto elaborato un progetto di post teso a condividere ciò che più lo ha colpito di questi momenti di studio.
    Ho sempre stimolato a dare valore al momento della elaborazione delle attività culturali perché solo in questo modo l’ascolto di una conferenza diventa concreto percorso culturale.
    Scrivere è impegnativo ma enormemente utile perché si impara a parlare e si dà consistenza alle impressioni ricevute alla conferenza.
    Vista dalla parte del relatore, confesso che è la prima volta che leggo quel che ha raccolto un ascoltatore di quanto ho esposto e ovviamente mi interessa senza pretendere di ritrovare tutti i contenuti perché non è una registrazione ma una riflessione soggettiva di chi ha ascoltato e come sempre ci sono aspetti che colpiscono più di altri.
    Riconosco il tracciato della mia argomentazione che tendeva a porre in evidenza come i fotografi del secondo ‘900, epoca della postmodernità, abbiano lasciato la conoscenza diretta della realtà di Robert Frank, per addentrarsi con Ghirri prima nel rapporto tra realtà e finzione e poi con David LaChappelle nella narrazione della realtà interiore dell’umanità contemporanea con immagini fotografiche completamente immaginarie che sono appunto indice dell’ebbrezza del postmoderno.
    Mi complimento con Gabriele Bartoli per lo sforzo e il bell’esempio che dà con questo progetto un interessante modello nell’interpretare la Figura operativa dell’ Animatore Culturale FIAF.

  2. Grazie a Gabriele Bartoli per questo post veramente interessante (figuriamoci ascoltare per intero le conferenze!). Ho avuto modo di incontrarlo insieme agli amici del Gruppo Fotografico Grandangolo: un circolo veramente pieno di effervescenza, di stimolo e di esempio per tutti gli altri. Veramente straordinarie le immagini di David La Chappelle che, a mio avviso, più di altri e’ entrato nelle insondabili profondità dell’animo umano mettendone in luce, attraverso la teatralità, tutte le contraddizioni e i paradossi.

  3. Bravissimo Gabriele, hai raccolto e rielaborato una esposizione, quella di Silvano, che ha colpito i presenti a Carpi, pensando con dispiacere agli assenti. In questo modo, molti potranno riviverla, con la tua personale impronta. La figura del l’animatore è quella principalmente di diffusione agli altri del mondo della fotografia. Da quella serata mi porto dietro i lavori di Le Chapelle, affascinanti ed insiti, nella costruzione delle scene, a tratti sconvolgenti, in positivo. Grazie.

  4. Complimenti Gabriele, anche questa volta hai fatto un lavoro splendido, non è facile cogliere tutte le sfumature di questi concetti ed esporli come hai fatto.
    Grazie

  5. In effetti la figura di La Chapella è emersa tantissimo dalla conferenza di Silvano e dai pensieri di Gabriele. Di Robert Frank e di Luigi Ghirri si è parlato tanto, comunque mai abbastanza. Per esempio non si immaginava quanto riuscisse ad influenzare un personaggio come La Chapelle. Culturalmente preparato, la storia dell’arte abbiamo visto che la conosce benino; ironico, tanto da essere riuscito a mescolare sacro e profano; provocatore, nei messaggi che hanno tutto di attualità.
    Un autore di cui sapevo poco, e che grazie a loro ho finalmente conosciuto e apprezzato.
    Grazie. Bravi.
    Danilo, Grandangolo di Carpi.

  6. Complimenti Gabriele, sei riuscito ad esplorare, mettendo a fuoco punti salienti, armonizzando una lezione magistrale di storia della fotografia di Silvano, …Missione complicata, una supervisione rielaborata e arricchita dal tuo sguardo. Credo davvero tu sia riuscito nell’ intento di un analisi attenta e ben costruita attraverso modalità espressive semplici ed efficaci che ti contraddistinguono; risultato una ricerca profonda, che nasce e traspone direttamente dal mondo dell’arte, evolvendosi da questa e andando oltre.

  7. Gabriele Bartoli, riesce a trasmetterci , attraverso la sua relazione, tutto l’entusiasmo e la passione per la fotografia che fanno parte del suo DNA. Peccato non essere stati presenti alla conferenza di Silvano Bicocchi….i tre autori sono sicuramente tre pietre migliari nella storia della fotografia e Gabriele ha saputo cogliere gli aspetti fondamentali delle loro tematiche. Grazie ancora a Gabriele per la sua competenza e per la sua opera di diffusione.

  8. Bravo Gabriele, sei riuscito a sintetizzare la conferenza che Silvano ha fatto a Carpi, permettendo a chi non era presente di prenderne visione e a chi era presente, di tornare sui concetti con la calma necessaria.
    Grazie ad entrambi.

  9. Tre autori apparentemente incollegabili tra loro che Silvano in prima battuta e Gabriele in seguito sono riusciti a mettere in relazione per regalarci profonde riflessioni sulla storia e contemporaneità delle immagini. Un forte stimolo allo studio e alla ricerca. Grazie

  10. Grazie a Gabriele per averci riportato a riflettere sulle parole di Silvano e a stimolare la necessità di fermarle sulla carta, anche insieme ad altre riflessioni nate in varie occasioni, a formare un mosaico di pensieri che è crescita reale per tutti.
    Purtroppo sono arrivato al Carpi Foto Fest solo domenica, e non ho avuto modo di essere presente alla conversazione di Silvano, però avevo seguito il suo intervento su David La Chapelle a luglio, nell’ambito del Photo Happening di Sestri.
    Le poetiche di Robert Frank, Luigi Ghirri e David La Chapelle sono decisamente diverse, ma accomunate, ognuna a suo modo, dall’interpretazione dell’idea che attraversa questo periodo storico che abbiamo denominato “Post Moderno”. L’idea è quella del rapporto tra la realtà e la conoscenza della realtà o, nel nostro caso, la presa di coscienza della differenza che c’è tra la l’esperienza diretta del mondo e quella mediata dalla fotografia.
    Già con Robert Frank si prende già consapevolezza di come la fotografia non possa più essere presentata come un sostituto della conoscenza diretta del mondo, ma è lo strumento che interpreta la realtà offrendo a chi guarda la visione del particolare e personale “punto di vista” dell’autore. Di punto di vista in punto di vista Frank ci racconta attimi di quotidianità, dettagli che uniti insieme possono darci la sua visione della vastità dell’America.
    Anche lo sguardo attento di Luigi Ghirri indaga insistentemente l’ordinarietà del quotidiano, spesso sono dettagli che divengono parole nuove con le quali raccontare la realtà che incontra tutti i giorni. Nelle sue fotografie è sempre più labile il rapporto con il referente dell’immagine, ma ci porta in un proprio linguaggio concettuale. Con “Atlante”, il libro dove sono raccolti tutti i possibili viaggi, dove tutto il nostro mondo è codificato, si può parlare di provocazione, o forse, più semplicemente, di una fotografia che riconosce la sua impossibilità di abbracciare l’interezza del mondo, ma sa di poterla raccontare con un proprio linguaggio sensoriale fatto di segni e simboli.
    David La Chapelle si spinge ancora oltre, con lui la fotografia non si propone neanche più come soggettivo punto di vista o dettaglio che si fa linguaggio a raccontare la realtà, le sue immagini sono volutamente non-reali, oniriche, talvolta anche ironiche.
    Tra l’arte Pop e i colori esagerati della pubblicità porta provocatoriamente al massimo livello un percorso di presa di coscienza dei limiti, e contemporaneamente della forza comunicativa, della conoscenza mediata.

  11. Ringrazio il direttore per la disponibilità e lo spazio concessomi, oltre a tutti coloro che hanno risposto per incoraggiarmi e sostenermi.
    Ringrazio inoltre Marco, che con il suo intervento ha arricchito e approfondito ulteriormente il mio post. E’ quello che desideravo: portare il mio punto di vista personale da integrare poi gli interventi di chiunque ne volesse approfondire i contenuti.
    Grazie a tutti.

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