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“Ballata di Sara e della casa abbandonata” – foto di Massimo Tamberi

 

Cronache Di Cult

 

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Ballata di Sara e della casa abbandonata

Testi di: Sivia Seracini, Luca Soverini,

Fotografia: Massimo Tamberi –

Ed. Bertoni



Il libro costruisce un percorso in cui parole e immagini cooperano, si confrontano, si specchiano e si rafforzano vicendevolmente; così, dall’apporto complementare dei due linguaggi, emerge una storia “in un continuo mescolarsi di presente e passato, di attualità e memoria”, un racconto attraverso le fragili tracce rappresentate da oggetti e strutture che faticosamente sopravvivono al tempo, segni di un ciclo di passaggi che ci ricorda come le nuove vite nascano dalle vecchie.

Nella parte fotografica, sono ritratti oggetti ed ambienti trovati in case di campagna abbandonate. L’intento non è stato di mostrare il decadimento, la rovina, aspetti pur presenti proprio per il tema generale, ma comunque secondari; piuttosto si tratta, di un lavoro sulla memoria e sul tempo: come scritto nella postfazione, “le foto del libro costituiscono la memoria di ciò che fu, ma anche di ciò che siamo, eredi di persone e tempi”.
Si tratta di foto scattate tutte con luce naturale, sia pur con qualche accorgimento studiato sul posto, tempi di posa lunghi, a causa della poca luce, e conseguente treppiede. Sono “ordinate” come se il lettore visitasse, in successione, i vari ambienti della casa.
Molte delle case visitate sono ora crollate e degli oggetti fotografati rimangono solo le immagini del libro.

Ogni foto è affiancata e accompagnata da testi volutamente brevi, quasi didascalici, pensati come “istantanee scritte”, parallele e in contrappunto a quelle fotografiche. Ogni piccolo testo è autonomo ed ha un riferimento diretto o indiretto alla foto che accompagna: l’oggetto della foto, un colore, una suggestione emotiva. Sebbene autonomi, i testi, presi insieme, compongono una storia organica. Quest’ultima ha due voci che si alternano, Sara e la casa stessa; la storia è raccontata per spunti, con ordine anche diacronico, ed è quella di quattro generazioni di una famiglia, tutte legate alla casa, ultima e inconsapevole Sara medesima, tra nascite e lutti, amori e tradimenti.

 

Alcune immagini

 

 

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2 commenti

  1. La fotografia è memoria, documento e poesia (magari l’avessero inventata prima!).
    Le foto di Massimo ci fanno scoprire che per fare un buon reportage non è necessario andare lontano.
    Le foto di Massimo ci aiutano a capire che anche la natura morta può far sbocciare un’emozione.
    Sbirciando la vita attraverso i resti ormai impolverati di ciò che è rimasto, le foto di Massimo ci danno la possibilità di concepire momenti di gioia e di tristezza di un passato, ma anche di un presente e perfino di un futuro.
    Con un sapiente rispetto delle proporzioni ci dà la forza di immaginare una casa abbandonata in tutta fretta: un bombardamento, un terremoto? O ripudiata per andare a vivere in un luogo migliore lasciando alle spalle oggetti ormai inutili.
    Massimo non ha usato supergrandangolari o sfruttato tecniche panoramiche per riprendere quanto più possibile quella che sarebbe stata una confusione di oggetti: si è impegnato invece nell’isolare particolari con l’uso attento della “cornice” che ci distoglie dalla ridondanza inutile e ci conduce a vedere oltre ciò che l’inquadratura non cattura, come fosse la famosa “siepe”, oltrepassando le barriere che ostacolano la nostra vista.
    Non ha neanche ripreso la campagna circostante, né ha fotografato la casa all’esterno: eliminando il “luogo” ci ha fatto sentire il calore della presenza umana attraverso la memoria, la testimonianza e la poesia delle sue immagini.

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