Libere riflessioni

“EQUIVALENZE” di MINOR WHITE _ Seconda parte – a cura di Michele Di Donato

White inizia “Equivalence: The Perennial Trend” con una discussione sulla natura delle tendenze. Le tendenze, afferma White, sono “periferiche” e ovviamente interessate ai cambiamenti di stile. In contrasto con questi cambiamenti vi è ciò che White chiama “significato eterno” o “Spirito“. Sebbene le mode e gli stili possano cambiare, esse sono, come osserva White, “abiti per la ragion d’essere di qualsiasi arte […] e accesso al significato centrale dell’esperienza estetica.

White prosegue sostenendo che con la teoria dell’Equivalenza qualsiasi stile, moda o tendenza può essere elaborato fino a qualcosa che va oltre il conformismo della contingenza. L’Equivalenza, per White, è fondamentale per la pratica della “fotografia come mezzo di creazione-espressione”.

Per delineare quella che passerà alla storia come “La teoria dell’Equivalenza”, White fa riferimento a tre diversi livelli che si riferiscono all’esperienza dello spettatore di una fotografia:

 

 

  • La fotografia stessa: il fondamento visivo dell’esperienza visiva. Nel primo livello White fa riferimento all’Equivalenza a livello grafico basata su una fotografia come esperienza visiva, non come oggetto. “Se il singolo osservatore si rende conto che per lui ciò che vede in un’immagine corrisponde a qualcosa dentro di sé – cioè, la fotografia rispecchia qualcosa in lui – allora la sua esperienza equivale a un certo grado di Equivalenza”. Il “livello grafico”, quindi, si riferisce alla fotografia stessa, come fondamento dell’esperienza dello spettatore. L’Equivalente è una fotografia reale e l’equivalenza riguarda l’esperienza visiva di un Equivalente. Un equivalente è un punto di riferimento visivo da che inizia l’esperienza dell’Equivalenza. “Qualsiasi fotografia”, dice White, “potrebbe funzionare come Equivalente per qualcuno, qualche volta, in qualche luogo.” Affinché uno spettatore faccia esperienza di Equivalenza ci deve essere, all’inizio, una fotografia. Che la fotografia funzioni o meno come Equivalente, dipende interamente dallo spettatore; l’ Equivalenza, infatti, funziona all’interno di uno spettatore, in risposta a una fotografia.

 

 

  • La risposta dello spettatore: come risuona la fotografia. Nel secondo livello di equivalenza, White si riferisce allo spettatore che guarda la fotografia e alla corrispondenza della stessa “a qualcosa che sa di se stesso”. In questo livello, quindi, “l’esperienza della fotografia” da parte dello spettatore risveglia qualcosa nella sua mente. A causa di questa attività interiore da parte dello spettatore, la fotografia come semplice immagine grafica (nel primo livello di Equivalenza) diventa un Equivalente nel secondo livello. C’è una progressione, quindi, dal visibile della realtà esterna della fotografia stessa all’invisibile della realtà interiore dello spettatore, perché la fotografia suscita o stimola qualcosa all’interno dello spettatore. Che cosa esattamente “succede nella mente dello spettatore mentre guarda una fotografia” è difficile da determinare, ma, per White, certamente si riferisce all’esperienza che lo spettatore ha della fotografia, al suo “senso speciale di corrispondenza” e all’”immagine mentale” della fotografia da parte dello spettatore. La fotografia funge quindi da catalizzatore per gli spettatori. Per White, quando gli spettatori di un Equivalente sperimentano uno “speciale senso di corrispondenza“, allora c’è qualcosa nella fotografia con cui si identificano, e attraverso questa identificazione sono personalmente connessi con l’Equivalente. Gli spettatori che sperimentano questa “corrispondenza” riconoscono qualcosa di sé nella fotografia; qualcosa che li porta a riflettere e a riconoscere se stessi. La fotografia funge da innesco per il sé riflesso, o, come lo chiama White, per lo “specchio”.  Questa idea della fotografia come specchio è usata frequentemente da White; per l’autore, l’Equivalente non solo rispecchia il mondo esterno visibile, ma soprattutto offre agli spettatori uno specchio del proprio mondo interiore invisibile. Attraverso la riflessione sull’Equivalente, gli spettatori vanno oltre la fotografia stessa; e White, nel determinare se una fotografia può funzionare come Equivalente, sottolinea il ruolo vitale dello spettatore e della sua immagine mentale di una fotografia, quando propone la seguente equazione:

Fotografia + Persona che guarda = Immagine mentale.

Questa equazione contiene il primo e il secondo livello di Equivalenza di White. Al primo livello di Equivalenza è la fotografia stessa una “fonte di stimolo”. Al secondo livello di Equivalenza lo spettatore viene coinvolto, la fotografia stimola o suscita e nella mente dello spettatore si forma una “immagine mentale”.

 

 

  • L’immagine ricordata – l’esperienza interiore dopo che la fotografia non è più “in vista”. Il terzo livello di Equivalenza disegna una situazione in cui lo spettatore nonvede più la fotografia, ma la ricorda. Poiché “ricordiamo le immagini che vogliamo ricordare“, si tratta di riconoscere il senso interiore dell’emozione e dell’esperienza attraverso quel ricordo. White continua sostenendo che quando una fotografia funziona come Equivalente, significa che il fotografo, durante lo scatto “[…] aveva una sensazione che non era per il soggetto fotografato, ma per qualcos’altro“. Conclude, di conseguenza dicendo che le buone fotografie hanno una grande “qualità espressivo-evocativa”. In questo livello White, “si riferisce all’esperienza interiore che una persona ha mentre sta ricordando la sua immagine mentale dopo che la fotografia in questione “non è in vista”.

Lo spettatore, in questo livello, non è più fisicamente di fronte alla fotografia ma ricorda la sua “immagine mentale della fotografia”.; un’immagine che esiste solo dentro di sé.  È importante notare che quando White parla di “immagine mentale” si riferisce all’esperienza dello spettatore di ricordare piuttosto che semplicemente il proprio ricordo della fotografia stessa. Quindi nel terzo livello di esperienza di White, tutto accade nella mente dello spettatore; e White ne parla come di una esperienza “invisibile” proprio perchè avviene interamente nella mente dello spettatore. E’ proprio in questo punto, il terzo livello,  che la teoria di Equivalenza di White differisce da quella di Stieglitz. Scrive White che noi possiamo ricordare una fotografia per vari motivi: semplicemente perché “la amiamo” o perché non ci piace, oppure perché ci ha fatto capire qualcosa su noi stessi, o ha addirittura apportato qualche lieve cambiamento in noi. In ogni caso, il motivo per cui un uomo ricorda “della visione”, è sempre personale e continua a provocare sensazioni anche dopo che l’immagine originale è svanita.

Michele Di Donato

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