Il significato della fotoamatorialità – di Maurizio Lupi

Il significato della fotoamatorialità – di Maurizio Lupi

Di ritorno a casa ho fatto il solito gesto di aprire la cassetta della posta e in mezzo a reclami, bollette del gas ed elettricità, ho trovato questa foto cartolina di Mail Art riprodotta sopra inviatami dall’amico Alberto Placidoli.

Rigiro tra le mani questo pezzo di cartoncino, una sorta di sincretismo artistico tra Mail Art, fotografia di reportage e messaggio cristiano. Trangugio questo cocktail di emozioni, almeno per me visto chi me lo invia, fatto di immagine, testo scritto e tipografico, grafica e, perché no, vecchi e nuovi francobolli legati al tema della Pasqua.

Chiaramente non parlerò dell’emozionalità del testo di auguri che lascio interpretare a chi legge e che indubbiamente trasuda tutta la forza dei sentimenti che legano mittente e destinatario.

Mentre voglio prendere a pretesto questa foto cartolina per evidenziare alcuni aspetti sulla fotografia che fanno “diverse” le immagini amatoriali da quelle professionali.

E la diversità non è certo a discapito della amatorialità, anzi.

Voglio sottolineare il valore indiziale, il fotografo più o meno complice, di tutti gli elementi che compongono la fotografia e quello che gli sta intorno francobolli compresi, ovvero tutti quegli indici che legano il significato dell’immagine alla spiritualità dell’uomo e che nei reportage professionali di molti fotografi affermati oggi è sempre più raro trovare.

Il professionista va di fretta e deve stupire, magari pure con effetti speciali, non si può mettere a creare una cartolina che non avrà acquirenti.

Il professionista in genere è veloce non lento.

Il fotoamatore invece, quello almeno dotato di una certa capacità espressiva, è lento non veloce.

Questa foto-cartolina tradisce la lentezza della immagine “pensata”, che Italo Calvino chiamerebbe leggerezza, contrapposta alla velocità della realizzazione dello scatto.

Lentezza col cuore ma velocità nell’occhio.

Quello che voglio dire è che le fotografie di reportage del mondo professionale oramai molto spesso si basano su un clichè orientato alla spettacolarizzazione con effetti scenici lasciando al fotoamatore quella soggettiva interpretativa, per me molto più profonda nei significati, basata su una ricerca dello scatto meno eclatante dal punto di vista dell’impianto scenico ma non per questo meno carica di significati.

In parole povere troppo spesso il professionista lascia ai fotoamatori il Cristo Risorto della festa di paese e va in India.

Se da un lato l’andare del professionista dall’altra parte del mondo è indubbiamente giustificato dal modello attuale di domanda e offerta, dall’altro crea spazi visivi sulla cultura locale al fotoamatore che si ritrova ad avere la grande opportunità di divenire l’interprete privilegiato dell’ambiente in cui vive.

Ma di questo credo che i fotoamatori siano grati al mondo professionale perché era, è e sarà sempre quello il loro ruolo nella società: immortalare la quotidianità con la diversità delle tante espressività soggettive, con l’occhio più attento ad emozionare che al denaro.

Senza di loro quella quotidianità che non frutta denaro andrebbe persa per sempre, come il Cristo Risorto di questa foto cartolina. Ma come sempre, non essendo tanto importante “quello” che fai ma “come” lo fai, il fotoamatore, ovvero l’amante della fotografia, si prende le sue rivincite con degli scatti meno ruffiani e più poetici.

Come questo scatto al Cristo Risorto, simbolo della Pasqua cristiana.

Ma vediamo gli indizi che io leggo, o quantomeno quelli che i miei filtri culturali mi consentono di leggere.


 

Il Cristo sta sulla soglia, quindi il fotografo ha catturato quell’attimo fuggente che più di ogni altro avrebbe potuto rappresentare la Pasqua cristiana e che racchiude in se il significato della Resurrezione, del passaggio dalla morte alla vita, la soglia è il confine tra l’una e l’altra.

Ma anche la Pasqua ebraica, la Pesach, che letteralmente significa “passaggio”, ricorda la liberazione del popolo ebraico dal giogo egizio, il passaggio dalla morte della schiavitù alla vita della libertà.

Quindi quello stare del Cristo sulla soglia non è solo una bella immagine di reportage della festa del Cristo Risorto nella città etrusca di Tarquinia, ma anche la metafora perfetta del “passaggio”.

E qui qualcuno maliziosamente potrebbe dirmi: “Ma il fotografo lo ha fatto apposta? Ovvero era consapevole che avrebbe amplificato il significato dell’immagine riprendendo la statua lignea del Cristo sulla soglia? Oppure è un caso, magari condizionato dalla posizione desueta della statua che in fotografia “paga” sempre?

La risposta per me è una sola, contenuta in una domanda.

Cambierebbe o sottrarrebbe qualcosa al significato dell’immagine e quindi al messaggio che arriva a chi legge sapere se l’autore era perfettamente conscio del significato dell’evento liturgico?

Se l’umanità avesse dovuto rigettare il valore di tutte quelle scoperte scientifiche basate sulla casualità oggi si continuerebbe a morire di polmonite o di molte altre malattie debellate.

In genere la casualità se vai a scavare bene è figlia comunque di una progettualità che sta alla base di qualsiasi ricerca.

E la fotografia di fotoamatori come Alberto è ricerca, molto spesso vestita di poesia forte e delicata al contempo.

Per far capire invece che nulla è lasciato al caso dall’autore sul retro della immagine della cartolina l’affrancatura è fatta da due francobolli, il primo di 750 lire, quindi del secolo scorso, dedicato proprio alla Processione del Cristo Risorto di Tarquinia e accanto il secondo dedicato a Gabriele D’Annunzio.

E che ci azzecca D’Annunzio con il Cristo Risorto? Ci azzecca perché ha scritto “Gioia della resurrezione”, una delle poesie più belle che ci abbia regalato.

Il vero miracolo però lo ha fatto l’inefficienza delle Poste Italiane con il mancato annullo dei francobolli.

Meno male.

Maurizio Lupi

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