PABLO PICASSO E LA FOTOGRAFIA (dalle origini al Cubismo) di Isabella Tholozan
PABLO PICASSO E LA FOTOGRAFIA
(dalle origini al Cubismo)
di Isabella Tholozan
La città di Roma ha ospitato nel 2016, presso L’Ara Pacis, la mostra fotografica “Picasso Images”, dedicata alla vita, gli amori e le opere di Pablo Picasso; duecento scatti che testimoniano il rapporto dell’artista con la fotografia, dai primi tentativi personali alle partecipazioni prestigiose con altri artisti come Brassai o Dora Maar.
Ancora più interessante è, a mio avviso, ricercare il rapporto che Pablo Picasso, genio incontestato dell’arte contemporanea, ha instaurato con la fotografia e come, attraverso di essa, sia riuscito a reinterpretare la sua visione artistica.
Anne Badassari, conservatrice e responsabile del museo Picasso di Parigi fino al 2014, ha dedicato a quest’aspetto un approfondito studio, testimoniato dal saggio “Picasso e la fotografia – Lo specchio nero” edito da Alinari.
Per comprendere quanto rilevante sia stato il ruolo della fotografia nella vita artistica di Picasso, bisogna partire dal collezionismo.
Nell’immenso archivio, donato dagli eredi allo stato francese, sono state trovate ceramiche, vetri, stampe, oleografie, cartoline e una ricca raccolta fotografica, consistente in alcune migliaia d’immagini di ogni tipo. Lo studio di tali immagini, in parte scattate dall’artista, ha permesso di individuare un solido legame con il processo creativo del maestro.
Solo in tempi recenti si è iniziato a considerare fondamentale, per comprenderne l’opera, il modo in cui la fotografia ha influenzato il lavoro di Picasso, nella ricerca di essenzialità formale, così volutamente distante dal vero.
L’osservazione fotografica offriva l’intervallo necessario al controllo e alla riflessione, consentendogli la realizzazione di prototipi e d’insolite soluzioni visive.
Una sorta di “prime visioni” che governano il processo creativo.
1893-1906
Questi anni rappresentano per l’artista il passaggio dal realismo accademico alle prime esperienze del periodo barcellonese, intenso di fermento politico e intellettuale, durante il quale subisce l’influenza dell’Art Nouveu, del Simbolismo fino al Modernismo.
La vita e gli eventi del periodo segneranno in maniera indelebile l’opera di Picasso che, proprio in quegli anni, passerà dal periodo Blu al Rosa.
L’uso della fotografia servirà allo scopo di ridurre qualsiasi colorito a una semplice gradazione di valori; è possibile che l’osservazione fotografica lo aiuti a liberare la pittura da un colore inutilmente aggiunto.
Il blu come non colore, potrebbe rifarsi alle ricerche sui viraggi effettuati dai fotografi, pittorialisti a fine ‘800.
Segno pittorico della modernità, quanto mezzo espressivo acromatico, il blu di Picasso s’impone quando si cimenta con il maneggio della fotografia; il cianotipo che l’artista dedica al giovane con ventaglio, presenta uno sfondo appena accennato e rimanda al “Ritratto di Casagemas” che Picasso dedica, nel 1899, all’amico suicida, in cui la terza dimensione è solo suggerita attraverso le sgualciture del ventaglio.
Questo linguaggio monocromo, i cui colori dominanti sono il blu e il turchese, porta l’artista a rappresentare prevalentemente gli emarginati, gli sfruttati, i mendicanti, immersi in una luce irreale, soggetti melanconici e senza speranza di questo ciclo che finirà nel 1904.
Stabilitosi definitivamente a Parigi, Pablo Picasso, al centro della vita culturale/artistica della città, inverte la sua tendenza cromatica, passando al periodo rosa (1904/1906), evoluzione testimoniata attraverso un taccuino di appunti impregnati in tonalità blu e rosa e risalenti a un viaggio in Olanda.
Le creazioni dell’artista, risalenti a questo periodo, riportano alle fotografie ritrovate e risalenti a fine ‘800, stampe all’albumina orientaleggianti scattano in Olanda ma anche in paesi culturalmente lontani, che hanno suggerito, grazie alla loro cromia seppiata, il colore rosa che caratterizza la produzione dell’epoca.
L’artista inizia, in quest’epoca, una produzione che non si ferma a una mera riproduzione delle fonti fotografiche, ma, comincia bensì un processo di rielaborazione delle immagini, decifrandone, in totale apertura, i volumi, le fisicità, le posture e panneggi.
Immagini che rappresentano popolazioni berbere, nord africane che, seppur non oggettivamente rappresentate, lasciano tracce nella rappresentazione nitida e schematica, nella quale la pittura e la fotografia si accostano idealmente e metaforicamente: l’essere sotto il potere dello sguardo.
“Picasso libera se stesso dalle fotografie, che erano il suo punto di partenza, per sconvolgere deliberatamente la visione dei modelli; coglie soltanto la distinta sollecitazione plastica, ricorrendo all’aura rimasta dopo il loro fuggevole passaggio davanti alla fotocamera.”
1906 – 1909 DECIFRARE IL VISIBILE – DAL PERIODO AFRICANO AL CUBISMO
Diverse sono le opere di questo periodo che raffigurano figure femminili tratte da immagini fotografiche, perlopiù appartenenti al fotografo inglese Edmond Fortier, noto editore di cartoline delle colonie d’Africa francesi.
Nell’opera “Due donne nude” (1906) questa somiglianza è smaccata e speculare all’immagine fotografica intitolata “Coppia Bobo” di Fortier che rappresenta, appunto, due giovani donne di etnia Bobo; tuttavia, pur somigliante, la tela riporta un linguaggio specifico e diverso dal realismo fotografico, primo passo verso il cubismo.
Questo tipo di processo diviene, con il tempo, congeniale a Picasso che dimostra di prediligere l’uso della fotografia che sostituirà, da questo momento, l’uso dei modelli reali. Un connubio che entra definitivamente nella vita del pittore il quale inizia anche a fotografare e a fotografarsi, sovente circondato dalle innumerevoli e amate collezioni di oggetti diversi, tra le quali le amatissime statue africane.
Spaventato, forse, dalla potenza dell’immagine fotografica, dirà: : “A cosa serve dipingere, visto che la realtà può essere catturata in questo modo?”.
Capirà presto che mettere a confronto pittura e fotografia è un modo affascinante per portare la pittura oltre la realtà, superando la fotografia.
“Les demoiselles d’Avignon” è l’opera della svolta, l’inizio del cubismo.
Lo studio sul processo creativo dell’autore ha portato a ipotizzare che, anche per quest’opera fondamentale, lo spunto è arrivato da un’immagine fotografica di Fortier, scattata in Africa Occidentale e intitolata “Tipi femminili”.
E’ stato rilevato, nello studio di quest’opera, il modo in cui il quadro mantiene l’isolamento di ogni figura e fa apparire quelle di destra “in forme negative trattenute su uno sfondo oscuro”. Quest’effetto potrebbe derivare dal modo in cui Picasso, come nell’esperimento della persistenza in negativo sulla retina descritto da Goethe, avrebbe conservato, invertendolo, il forte contrasto visivo presentato dalla foto africana. Con un procedimento quasi fotografico, avrebbe trattato questo contrasto come il “negativo” del futuro dipinto, il quale trascriverebbe in sagome luminose le figure d’ombre di queste donne al mercato. Il nero diventa rosa, i valori chiari dello sfondo si trasformano, disposti verticalmente, nelle fasce semi-astratte che chiudono lo spazio del quadro.
Anche se il pubblico sembra non comprendere il suo “Bordello d’Avignone”, questo in realtà il titolo originale dell’opera, Picasso prosegue nella sua ricerca sulle forme, che lo condurrà al cubismo, un’avventura che inizia con la fotografia.
Se scrivete il nome di Isabella Tholozan nella casella di Cerca nel sito troverete tutte le pubblicazioni di Isabella e potrete conoscere il percorso che l’ha portata a questa pubblicazione.
Nessuno le ha chiesto di fare tutto questo, è Lei che ha trovato il percorso che l’ha fatta crescere e diventare la persona capace che è oggi. Questa è la finalità dell’impegno collettivo che tutti insieme mettiamo nel Dipartimento Cultura FIAF.
Il rapporto tra fotografia e pittura è sicuramente stato quello più naturale e praticato da chi come Picasso ideava nuovi linguaggi visivi. Oggi col portfolio abbiamo allargato lo studio nel comprendere il rapporto tra la fotografia e la letteratura che è straordinariamente ricco di scoperte in quest’epoca di complessi d’opere fotografiche.
Il passaggio teorico è stato quello di cambiare l’intento creativo dalla rappresentazione alla narrazione.
Questo non toglie l’interesse e non arresta gli studi tra fotografia e pittura, sopratutto pensando alle potenzialità creative che hanno oggi i programmi di postproduzione. Ho l’impressione che se ieri i pittori si ispiravano con la fotografia, oggi è sono i fotografi a ispirarsi con la pittura. Penso che i due pittori più studiati in questo senso siano E. Hopper e R. Magritte.
Complimenti a Isabella per il rigoroso saggio che ha valenza sia storica che estetica.
La valenza culturale degli studi di Isabella Tholozan è straordinaria: in un momento storico in cui l’interconnessione e la contaminazione fra le diverse forme artistiche è sempre più evidente, Isabella ci svela quanto già agli albori del xx° secolo, un artista che darà la sua impronta prepotente a tutta l’arte dei nostri giorni, avesse già chiaro quanto poteva essere importante anche per la pittura, la connessione con la fotografia.
Isabella Tholozan è una delle colonne portanti del Dipartimento Cultura della FIAF e la ringrazio per metterci a disposizione la sua grande preparazione culturale e la sua passione infinita per il linguaggio fotografico.
Cara Isabella, grazie per questo lavoro puntuale e appassionato su un artista che amo particolarmente…. ho imparato molto da questa tua analisi.
Grazie!
Un percorso molto interessante quello intrapreso da Isabella. Un viaggio attraverso l’arte e la pittura che tanto può aiutare lo sguardo di noi semplici cacciatori della realtà.
Quindi grazie Isabella, perché con i tuoi spunti ci lasci delle tracce dalle quali partire, prendere spunti e poi scattare.
Valeria
Bellissimo Isabella, grazie, è il perfetto completamento della visita che ho fatto recentemente alla mostra di Picasso.
Isabella ci affascina sempre con i suoi studi e le sue ricerche. Ci porta dentro l’arte e ci fornisce gli strumenti per comprenderla e per trarne ispirazione. La sua analisi sul rapporto tra pittura e fotografia sarebbe già di per sé interessante, applicata a Picasso, genio indiscusso del secolo scorso, è illuminante per comprendere l’importanza delle contaminazioni tra le arti nello sviluppo della progettazione e del pensiero creativo.
Grazie!
Barbara
Interessante, bello, sentito e coinvolgente. Isabella ci ha regalato un saggio che ci stimola ad interrogarci, contaminarsi ed approfondire. Orgoglioso di far parte del dipartimento cultura, dove ognuno di noi mette l’anima. Isabella lo ha dimostra molto bene. Grazie. Paolo Cappellini
Eccellente ricerca quella di Isabella. Sono rimasto colpito dall’abbinamento tra la fotografia di Fortier, TIPI FEMMINILI e il quadro di Picasso, TESTA DI DONNA IN ROSSO; di come l’artista abbia come zoomato dalla fotografia il viso della donna elevandolo a soggetto unico del dipinto. Sistemi diversi per raggiungere lo stesso fine, ma il vederlo e approfondire da dove provengono altri quadri reinterpretati dal genio dell’artista è bellissimo.
Isabella ha fatto una ricerca veramente molto interessante, le connessioni e le citazioni nel mondo dell’arte sono frequenti, è importante che Isabella lo abbia evidenziato. Ci vuole tanto amore per la materia e capacità critica per scrivere un’articolo come il suo.
E’ importante per tutto il nostro mondo capire che lavorare con citazioni (non copiature) di altri artisti ci può aiutare nella creazione delle nostre opere.
Lo stesso Ghirri nel lavoro ASA NISI MASA fa molte citazioni al film di Fellini 8 1/2. L’importante è dichiarare sempre le nostre intenzioni.
Grazie Isabella per questo interessante approfondimento tra pittura e fotografia. Parlando di Picasso mi viene sempre in mente una sua citazione che spesso ricorre: “A quattro anni dipingevo come Raffaello, poi ho impiegato una vita per imparare a dipingere come un bambino”.
Pablo Picasso è considerato uno snodo cruciale tra la tradizione pittorica ottocentesca e l’arte contemporanea e la frase sopra citata pone l’accento su un passaggio, difficile ma necessario, che la pittura ha dovuto affrontare in un certo momento della sua storia.
In estrema sintesi tutto è iniziato con il movimento Impressionista per poi continuare fino all’astrattismo del novecento. Tra le cause dell’abbandono della pittura accademica c’è sicuramente la nascita della fotografia che di fatto liberava la pittura dal compito di essere l’unico strumento per rappresentare la realtà. La fotografia lo faceva sicuramente meglio, più velocemente e in modo più credibile. Quindi la pittura ha potuto intraprendere altre strade e nuove ricerche.
Forse tra le tante differenze tra la pittura e la fotografia, soprattutto in questo momento storico in cui altri media, come il video, dimostrano maggiori capacità di documentare la realtà, assistiamo per l’immagine fotografica alla stessa necessità di spogliarsi dell’abito che la relega al compito di essere impronta del mondo e vestire nuovi panni che ne fanno un luogo dove poter dare forma a pensieri, sensazioni ed emozioni.
Per noi che siamo vicini a questo Blog, questi concetti, più o meno inconsciamente, sono un traguardo acquisito, ma in una grande parte del mondo fotoamatoriale questa idea non è ancora stata completamente accettata e la fotografia continua ad emulare, con i nuovi mezzi informatizzati, i fotografi Pittorialisti di inizio 900 che, per poter assurgere al ruolo di artisti, facevano il verso ai pittori accademici.
Gentile dott.ssa Tholozan, chi si occupa di curatela, divulgazione e didattica come me si trova spesso a fare i conti con movimenti della storia dell’arte espressi con specifici lemmi del vocabolario nati precisamente per descriverli o vari “ismi” a cui gli storici dell’arte spesso si devono abbandonare. Avere la sensibilità di condividere passaggi interstiziali della cultura come la corretta analisi da lei presentata rappresenta quello slancio contemporaneo di cui le future indagini storiche devono tener conto. La ringrazio per aver dato rilievo a questo rapporto arte-fotografia che ben dimostra la natura antropologica delle ricerche degli artisti più virtuosi tra cui Paul Gauguin prima e a seguire Amedeo Modigliani e per l’appunto Pablo Picasso.
dott.ssa Irene Gianello.