LA FOTOGRAFIA DI INTERNI, di Massimiliano Tuveri [2ª parte]
La fotografia nasce legata all’architettura fin dal primo scatto realizzato. Tuttavia, nei primi anni dell’avvento della stessa, era improbabile trovare scatti di spazi interni, poiché le fotografie note erano spesso di esterni e dei relativi contesti.
L’architettura di interni viene definita come la progettazione dell’organizzazione spaziale, dei valori cromatici, delle finiture, dell’illuminazione e della qualità degli arredi negli ambienti interni domestici, di lavoro, sociali o collettivi; e va intesa come qualcosa di più di una semplice progettazione dell’arredamento di una abitazione, diviene la definizione dello spazio in cui attuare un programma progettuale che, pur rispettando necessità e funzioni, caratterizzi la vivibilità di un ambiente con una dimensione estetica ben precisa.
A differenza degli esterni, uno spazio interno, in particolare di un’abitazione, viene osservato fotograficamente con maggior lentezza, a causa della enorme quantità di dettagli presenti e della distanza ravvicinata. Ciò comporta (o dovrebbe comportare) una maggiore fedeltà di analisi da parte del fotografo. In aggiunta, la percezione di una rappresentazione bidimensionale rispetto all’ambiente reale si differenzia per la (presunta) mancanza di coinvolgimento emozionale. Lo spettatore spesso si identifica nel punto di vista del fotografo, è quindi obbligatorio, da parte dello stesso, potendo attraversare e vivere l’opera in prima persona, raccogliere tutti gli impulsi derivanti dallo spazio circostante con un personale punto di vista, e trasmetterli nell’immagine risultante con una propria attribuzione di significato.
Una fotografia d’interni è differente da una effettuata per l’architettura di esterni, sia per il metodo applicato, che per le tecniche. La prima problematica è quella associata all’esposizione e alla quantità di luce che uno spazio interno offre rispetto ad un esterno, e la seconda riguarda la comprensione dello stesso, derivante, ovviamente, dagli strumenti (teorici) in possesso del fotografo. Uno spazio ristretto ed interno è infatti meno decifrabile di uno spazio facilmente osservabile da terzi. Le difficoltà dunque del fotografare un’architettura, per la sua multidimensionalità, si moltiplicano quando si tratta di analizzare uno spazio chiuso. Una stanza non può essere totalmente compresa in un’immagine, in quanto essa non riesce a definirne i 6 piani: pavimento, quattro pareti e soffitto. Nel caso in cui tale stanza presenti anche complessità ed articolazioni al suo interno, le difficoltà aumentano esponenzialmente, fino a definire alcuni spazi quasi “infotografabili”.
L’avvento delle tecnologie digitali ha permesso una maggiore facilità di scatto e di post-produzione per le fotografie di interni, consentendo di ottenere risultati più precisi e di alta qualità.
Tuttavia, nonostante le difficoltà tecniche e di percezione visiva, la fotografia di interni riveste un ruolo importante nella documentazione e nella valorizzazione dell’architettura e dell’interior design. Attraverso le fotografie, infatti, è possibile comunicare e rappresentare l’essenza di uno spazio, le scelte progettuali e la sua funzionalità, oltre che coglierne gli aspetti estetici e le atmosfere.
Per questo motivo, come vedremo nei prossimi articoli dedicandoci anche ad una sorta di classificazione della fotografia d’interni, la stessa è spesso utilizzata in ambito pubblicitario, editoriale, di architettura e design.
La fotografia di interni, in buona sostanza, rappresenta un elemento fondamentale per la promozione e la valorizzazione di un’opera architettonica o di un progetto di interior design.
Massimiliano Tuveri, Docente FIAF