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Foto wow, l’illusione della democratizzazione.

Dunque, le foto wow: ho chiesto ai vari collettivi una propria definizione di qualcosa che più che un “genere”, appare come un approccio alla fotografia, appiattito su un’estetica mainstream.

Iniziamo dal contributo di Eyegobananas.

Attilio Lauria

 

“A quanto sembra stiamo vivendo nell’era della semplificazione. Tutto, man mano che il tempo passa, si evolve e quasi sempre l’evoluzione è associata all’aver reso le cose meno complesse e più accessibili. Basti pensare alla tecnologia e a come è cambiato il modo di rapportarsi al sapere di ognuno di noi (quanti ricordano le date importanti della storia dal momento in cui basta andare su Wikipedia per avere una risposta immediata? O più semplicemente quanti ad oggi si ricordano più di un paio di numeri di telefono a memoria?). Ma la semplificazione, che di per sé non è necessariamente un male, ha creato l’illusione della “democratizzazione”, un paradosso per il quale tutti possono fare tutto (e il cui operato deve avere pari dignità rispetto agli altri indipendentemente da tutto).

La democrazia è sacrosanta, per carità, ma allo stesso tempo deve venire riconosciuto il valore della specializzazione e della competenza creando, di fatto, una stratificazione nei vari settori. Indipendentemente da quanto siano intuitivi i nuovi trapani odontoiatrici io le mani in bocca dal postino non me le farei mettere. Ma se in certi ambiti la professionalizzazione è accettata (grazie a Dio) in altri ha contorni più sfumati. Ne sono esempi la politica (con un populismo che si nutre di una dialettica semplice e vuota di contenuti) o l’arte di cui la fotografia fa parte.
La ricerca dell’effetto “wow” in fotografia è una semplificazione dovuta ad una visione distorta del lavoro di grandi fotografi. Alcune immagini di autori come Webb o Parr hanno sicuramente una forte componente prettamente estetica che però è legata a doppio filo ad un contenuto/storia assolutamente non banale. Chi non è preparato o non ha curiosità potrebbe fermarsi alla superficie e confondersi rispetto a cosa sia ad aver reso quella foto una “bomba”. La brutta notizia è che quasi mai basta solo un’estetica fantastica. Proprio per la difficoltà che si ha nel creare e nel comprendere determinati lavori, questi appariranno meno “d’appeal” e quindi godranno di un minore apprezzamento da parte del pubblico più generalista. Le foto di Eli Reed non hanno niente di meno di quelle di Alex Webb eppure uno è super conosciuto mentre l’altro decisamente meno. E se ad un pubblico pigro, disattento e poco preparato venisse voglia di creare a sua volta contenuti fotografici secondo voi a chi si ispirerà? Ovviamente a quelli che hanno maggiore successo, quelli più “catchy”. Ecco perché siamo sommersi da fotografie mediocri, che risultano come delle brutte copie di lavori che vivevano in momenti diversi e con tutta una progettualità alle spalle. Creare cose nuove è difficile: primo tocca andare controcorrente (visto l’andazzo), secondo bisogna essere umili e studiare (capendo) quello che c’è stato prima di noi.

Oppure possiamo fare una foto ad un cartellone con davanti un passante, metterla su Instagram, prendere un duecento like e poi iniziare a fare workshop.
Così va il mondo.”

Eyegobananas

© Alex Webb, San Ysidro, California, 1979. Immigrati irregolari messicani arrestati dalla polizia di frontiera statunitense.

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