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Le foto Wow? Come un tormentone estivo…

Ancora un contributo sulle foto “wow”; quello che pubblichiamo oggi è del Collettivo Superluna

Attilio Lauria

Le foto “wow”. Prima bisognerebbe definirle le foto “wow”. Se si intendono le foto belle belle belle davvero bè, allora, che ben vengano, ce le hanno in pochi. Sono anche difficili da ottenere, serve costanza e fortuna, ma certo non possono bastare a far capire il percorso e la personalità di un fotografo. Possono però essere degli ottimi biglietti da visita.
Le foto “wow” sono quelle foto che piacciono a prima vista a tutti, più “commerciali” e fruibili in modo
diretto ad un pubblico vasto. Sono spesso dei colpi di fortuna, di chi però certamente se la va a cercare.
Sono un po’ come delle hit estive, hanno un successo immediato e orizzonale, molto forte, ma potrebbero
correre il rischio di non venir ricordate nella storia della musica.
Però le foto “wow” possono essere, a volte, l’anticamera di un lavoro più profondo, più ricercato, perché
quello che realmente conta è il lavoro che ogni fotografo porta avanti, laddove l’autore ha in mente una
sua visione, un progetto, dei contenuti. Sono una sorta di biglietto da visita per poter esplorare un mondo più ampio.
Tornando al paragone con la musica si può azzardare che esse siano come dei singoli estivi lanciati per
pubblicizzare un album. Di solito quando si compra (piuttosto comprava) un album di un cantante o di un gruppo, lo si faceva perché ci si era innamorati di una canzone molto coinvolgente che ci piaceva fin da subito, appunto il singolo di lancio. Si dava fiducia al cantante e si acquistava l’intero album. Subito si
metteva la traccia del singolo sentito per radio o in tv. Le altre canzoni, bè, al primo ascolto non avevano
nulla di quel singolo così tanto amato. Ma man mano che si ascoltava tutto l’album più e più volte, si
scoprivano canzoni meno dirette della prima, ma di certo più coinvolgenti, più profonde e da scoprire,
insomma più belle. Alla fine, dopo molti ascolti, il singolo di lancio lo si saltava a piedi pari per finire quasi sempre in quelle altre tre o quattro perle nascoste dalle quali si capiva realmente il valore dell’artista.
Se si pensa, per esempio, ad allestire una mostra od un libro, di certo (ma non per forza) qualche foto
“wow” di forte impatto, anche estetico, andrebbero inserite. Ma il vero racconto, la narrazione di un tema (cosa a cui deve ambire il fotografo, sia pur la narrazione di se stesso) lo si fa attraverso decine di fotografie meno impattanti, ma che hanno un significato più profondo e meno visibile, legate tra loro tipo le frasi di un libro, non per forza col punto eslcamativo in fondo. Un occhio attento e critico può valutare l’intero progetto fotografico attraverso queste fotografie. Anche qui, come per gli album musicali, si va a finire che le foto più centrate e significative non siano quelle “wow”.
Viceversa, se si partecipa ad una mostra collettiva o ad un concorso, ed è richiesta una sola fotografia, bè,
allora difficile poter raccontare un qualche cosa con un solo scatto. In quei casi la raccomandazione è di
tirar fuori uno “wow” agli spettatori. Perché la foto “wow” è un invito. Sta al fotografo tirar fuori altro.

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