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I roaring twenties del nuovo millennio

“(…) l’essere ormai psicologicamente fiaccati secondo molti analisti sta lasciando rapidamente il posto alla voglia di dimenticare, e anche in fretta, così come nel secolo scorso la prima guerra mondiale, la spagnola e le violente lotte sociali furono seguite dai Roaring Twenties, dall’Età del Jazz, della Riviera francese e della Berlin Babylon, con la gente che voleva incontrarsi, divertirsi, ballare. Succederà forse di nuovo, ma noi che conosciamo il valore della fotografia come testimone del tempo sappiamo quanto sia importante ricordare.”
Chiudevo così il testo del catalogo delle “Cronache Quaranteniche”, e gli analisti a cui mi riferivo erano quelli dell’Economist, quelli bravi che già a gennaio lanciavano in copertina l’interrogativo sul ritorno dei “roaring twenties”, spunto ripreso poi da Guardian, Indipendent, New Yorker, e qui da noi da Repubblica e Post.
Che sia una questione di fiuto (come si definisce la botta di culo in politically correctese), o di quei corsi e ricorsi storici teorizzati già qualche secolo fa da GiBi Vico, comunque c’avevano preso. Ma anche noi, come formiche del nostro piccolo, in questi mesi post pandemici qualche segnale lo abbiamo pure colto, che in giro si respira voglia di lasciarsi tutto alle spalle, di ritornare in fretta alla “normalità” di prima, sebbene un’altra profezia di questi tempi vuole che niente sarà mai più come prima. E ancora una volta, per fermarsi a riflettere, c’è bisogno di affidarsi alla fotografia, a quella particolare fotografia curiosa del mondo come noi e della vita, che ha voglia di capire e di svelare. E poichè la fotografia per fortuna è un 7Eleven che non sta mai ferma, è già lì, pronta a testimoniare i roaring twenties del nuovo millennio.
L’Associated Press, ad esempio, la settimana scorsa ha pubblicato una selezione di foto in un articolo il cui titolo riecheggia proprio quelle previsioni sulla voglia di un nuovo edonismo senza pensieri: “Dopo mesi di lockdown, un mondo stanco è pronto a ballare”.
E in realtà queste foto mostrano come attraverso il ballo le persone ricominciano a sfiorarsi, a toccarsi, a sorridersi e guardarsi negli occhi, a esprimere con il corpo l’energia della vita che si fa ritmo non più contenibile. Qualcosa cioè di più e di diverso da quel ballo convulso e liberatorio con cui si festeggia una qualche vittoria come a Wuhan, dove lo scorso anno si celebrò la fine del lockdown ballando fino al mattino. O per la caduta dell’armata del Faraone riportata dalla Bibbia, quando “Miriam, la profetessa, sorella di Aaronne, prese in mano il tamburello, e tutte le donne uscirono dietro a lei coi tamburelli e con danze”, o del ballo del 14 luglio, divenuto poi tradizione di quel giorno rivoluzionario, eccetera eccetera.
Qui è l’inizio di un nuovo futuro, a partire dal vissuto. È la ripresa di possesso della propria libertà.
PS. “Benvenuti nella città del peccato”: così la voce narrante introduce la Berlino degli anni Venti, quella delle drag ball, di Metropolis e di Josephine Baker che stava diventando la capitale dell’arte e della cultura raccontata da “Babylon Berlin”, ve la ricordate? www.youtube.com/watch?v=QEFdrQcrjTU

Sabato 25 settembre 2021, la gente balla nelle immediate vicinanze del Paradiso, ad Amsterdam,il giorno in cui i Paesi Bassi hanno abbandonato la regola di 1,5 metri relativa al coronavirus.

(Foto AP/Peter Dejong)

Sabato 2 ottobre 2021, Joaquin Bruzon e sua moglie Milagros Cousett ballano durante una prova per la musica Danzon dell’orchestra Failde a Matanzas, Cuba. La coppia ha detto che è stato molto difficile stare per un anno e mezzo senza poter andare fuori ai centri ricreativi per ballare. A volte durante la quarantena a casa ballavamo per cercare di migliorare il nostro umore.

(Foto AP/Ramon Espinosa)

Martedì 28 settembre 2021, i membri di un gruppo di danza informale ballano in un parco pubblico a Pechino.

(AP Photo/Mark Schiefelbein)

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