
IL NATALE DEI PASTORI SPEZZATI – Possono cadere e, fragili come sono, si fanno in mille pezzi. Perché sono fatti di umile terracotta che si spezza in un niente. Modellati e dipinti con pazienza, cominciano a nascere già in estate nelle bottegucce dei “pastorai” di San Gregorio Armeno a Napoli, ma ce ne sono altri che vengono da chissà dove. Qualcuno esce già rotto dalla carta di giornale in cui è stato avvolto per un anno intero, da Natale a Natale, riposto in una scatola di cartone. Le manine sono le più delicate, sii spezzano solo a guardarle. I pastori possono cadere di mano, oppure un bambino tocca, maldestro, quelli già al loro posto sul presepe, come le comparse disposte sulla scena da un regista; altre volte si rompono perché il gatto non trova di meglio che acciambellarsi tra le pecore di Benino. Si raccolgono soltanto i pezzi più grandi sperando di poterli incollare in qualche modo. Impresa che non riesce mai.

Ci sono poi le scaglie più piccole, come unghie di colore, che non potrebbero tornare mai al loro posto, ed allora tocca rinunciarci. La Madonna senza un braccio, monco pure il suo sposo Giuseppe; invalido è lo zampognaro a cui manca la gamba e ferita è la donna che porta acqua in un’anfora alla quale una disastrosa caduta ha sfracellato il volto! I pastori hanno quasi tutto un nome, quello della tradizione per cominciare, come potrebbe essere “Benino” che accudisce le sue pecore e nel sogno vede la nascita del Bene, o “Ciccibbacco” a cavalcioni su una botte, versione partenopea del dionisiaco Bacco avvinazzato. Quasi tutti hanno poi il nome che viene dato loro una volta che entrano a far parte del presepe di casa. Ho il ricordo di un “Luigino”, forse un fornaio di Betlemme, che recava in dono dei pani in una cesta, e di una “Rusinella” che se ne sta tutti gli anni impettita davanti alla grotta, ogni Natale, reggendo una cesta ricolma di alici d’argento. Ci si affeziona, in un certo qual modo, ai pastori. Chi li comprò e in che anno? …Ne ho uno, un Magio, che ricordo da quand’ero bambino. Forse è Melchiorre che resta dopo tanti anni ancora così com’era, tale e quale a quando fu preso. Il suo regale manto rosso s’è soltanto un poco scolorito, mentre io sono invecchiato. Che fine fanno i pastori ciechi o menomati che non si reggono più in piedi e quelli che per un banale incidente si ritrovano con un moncherino al posto della mano? La sventura non li esclude dalla vita, dalla gioia di questo piccolo mondo che è il presepe.




Un sentito grazie a Giovanni Ruggiero, per averci donato questa riflessione su una diversa visione dell’iconografia della natività. https://www.ruggierogiovanni.com





