Giuseppe Gerbasi ha più di quarant’anni di fotografia alle spalle. Ancora giovanotto (nato a Petralia Sottana in provincia di Palermo nel 1965), i suoi scatti di fotoamatore gli aprono la porta principale della sede palermitana di Publifoto, la più importante agenzia di fotogiornalismo della Sicilia. Ha venti anni. Pare fatta! La Sicilia di quegli anni, che saranno sempre più infuocati e terribili, è una dura palestra per ogni cronista.
Giuseppe Gerbasi segue tutti i fatti dell’isola anche per il quotidiano storico di Palermo, “L’Ora”.
Poi vengono i terribili anni Novanta: le stragi di Falcone e di Borsellino, gli omicidi all’ordine del giorno, gli arresti eccellenti, i processi clamorosi. Sua è una delle immagini iconiche che riprendono i due magistrati che conversano, seduti l’uno accanto all’altro.
E poi ecco rifiorire la Palermo della gente bella e pulita, che intravede una rinascita, un riscatto, e in tanti sentono nell’aria il profumo di una primavera.
Publifoto consente al giovane fotografo di cimentarsi – tanto è varia la committenza – con tutti i generi e le tecniche possibili: dalla fotografia industriale con banco ottico allo still life, dall’architettura ai ritratti e alla fotografia sportiva. Quello che lo appassiona fin da subito è però il reportage.
E in questi anni, sul clamore e l’emozione della morte dei due magistrati, i giornali di tutto il mondo chiedono immagini di questa Sicilia lontana. Lui è pronto a scattare e a scarpinare, e lo fa per Contrasto, l’agenzia a cui ancora collabora.
Giuseppe Gerbasi, tuttavia, ritorna ogni tanto sulla vecchia strada, decidendo di non far morire il “fotoamatore” che è in lui, e si diverte quasi ogni giorno ad offrire un’immagine su Facebook, così come avrebbe fatto da giovane, amato di passione e di curiosità, se solo ci fosse stato Facebook. È presente su questo social con un portfolio che non finisce mai e che ha chiamato “Non sono andato lontano fotografando”. Che significa due cose molto belle. La prima, modesto com’è, non ritiene di essere andato troppo lontano con la fotografia; la seconda, che per fare una bella fotografia non sono necessari luoghi esotici da esplorare.
La sua è una fotografia rigorosa, soprattutto in bianco e nero. Più che street richiama il reportage, inteso come proposta e scoperta di una realtà a lui così vicina che non è dovuto andare molto lontano. Come tutti i siciliani, ha un senso barocco della drammaticità e della rappresentazione.
Alcune immagini, come quelle riprese nel corso di riti religiosi o nei piccoli paesi dell’entroterra siciliano, rimandano poi ad atmosfere passate, ed in alcune pare poi di leggere parole di Sciascia, Bufalino o di Brancati.
Testo di Giovanni Ruggiero
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