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Nicolò Rinaldi e SAVAGE AMERICA

In questa intervista con Nicolò Rinaldi abbiamo l’opportunità di approfondire il suo lavoro “Savage America” che trovo molto vicino al mio approccio alla fotografia.
Per realizzare questo progetto Nicolò ha girato in lungo e in largo gli States, cercando le sue fonti d’ispirazione sia nelle piccole città che si sviluppano ai lati delle interminabili strade polverose che le attraversano, sia nelle grandi e caotiche metropoli.
Nicolò ci rivela il “dietro le quinte” al progetto, le sfide incontrate lungo il percorso e le tecniche utilizzate per creare queste immagini che trovo particolarmente affascinanti e rappresentative.

Qual è stata la tua principale ispirazione per iniziare il progetto “SAVAGE AMERICA”?
Quando si viaggia in un paese come gli Stati Uniti, è importante citare i grandi maestri appartenenti alla corrente della “New Topographic”s, icone della fotografia documentaria a colori: Stephen Shore e Joel Sternfeld, nonostante il mio approccio, un po’ ironico e grottesco, prenda ispirazione da autori differenti, come per esempio Martin Parr.
Il mio viaggio negli States, infatti, non è partito con l’intenzione di fotografare l’America “selvaggia”. Sono partito con la mia compatta digitale per proseguire la serie fotografia Tourist Tsunami nella Grande Mela e con un carico di rullini medio formato a colori per continuare il progetto Maledetta Nostalgia, iniziato l’anno precedente in Italia, e scattare fotografie a tutti gli elementi appartenenti alla visione collettiva della nostalgia. In America ho pertanto cercato gli oggetti e i luoghi che troviamo nelle serie TV e nei film americani con cui sono cresciuto: le high school con gli armadietti, i motel, i diner, gli hamburger e i milk-shake. Tutte cose che in qualche modo ci appartengono, nonostante i posti in cui viviamo la nostra quotidianità, e in cui abbiamo passato la nostra infanzia, siano molto differenti. Mentre ricercavo questi elementi, scattavo fotografie a tutti i cliché che mi ritrovavo davanti agli occhi, quasi per gioco. Come quel pomeriggio in cui, guidando tra un paese e l’altro sperduto in Pennsylvania, abbiamo incontrato un garage-sale, un classico mercatino di cianfrusaglie sul prato antistante una villetta, con l’inconfondibile cartello “Lemonade – 50cent”. Impossibile per me non fotografarlo.
Sono quindi tornato con una collezione di immagini ricchissime di stereotipi rappresentativi della cultura americana. Ero così soddisfatto di questa breve serie, che ho deciso di farne una pubblicazione cartacea, intitolata appunto Savage America. Due settimane a scattare casuali cliché, però, non sono sufficienti a raccogliere materiale per un intero libro, così ho scelto di includere nel volume altri due artisti, che, come me, sono attirati dall’estetica americana: Alessandro Indaco e Francesco Aglieri Rinella. Grazie a loro, il libro ne è uscito più completo.

Savage America Nicolò Rinaldi
Savage America Nicolò Rinaldi
Savage America Nicolò Rinaldi
Savage America Nicolò Rinaldi

Come hai selezionato le località da fotografare, considerando la vasta gamma di paesi remoti e metropoli negli Stati Uniti?
Come accennato nella prima risposta, questa serie non era pianificata, pertanto le tappe sono state scelte sulla base di altri progetti. Prima di partire, abbiamo definito a grandi linee l’itinerario, prenotando solo la prima notte in un motel. Nelle settimane precedenti alla partenza, abbiamo effettuato un approfondito scouting delle location con Google Maps, senza sapere se saremmo riusciti a vedere tutti i luoghi selezionati. Siamo atterrati a New York a fine maggio 2023 e ci siamo diretti in New Jersey, passando per la Philadelphia. In New Jersey, durante la bassa stagione, le case di villeggiatura sono ancora chiuse e i paesi come Wildwood, Seaside Heights e Point Pleasant sono deserti. Le spiagge infinite e le case in legno vicino al mare sono stati luoghi davvero unici da fotografare. La sveglia all’alba era necessaria per sfruttare la luce migliore, ma il fuso orario in questo caso ci è stato di aiuto.
Successivamente, ci siamo diretti verso nord in direzione delle Niagara Falls, fermandoci nei paesi che ci ispiravano di più. Il più memorabile è stato sicuramente Lancaster, in Pennsylvania, dove si trova la seconda comunità Amish più popolosa degli Stati Uniti. Qui abbiamo trascorso tre giorni e ho scattato le fotografie migliori. Una volta arrivati alle cascate, attraversando lo stato di New York, abbiamo deciso di passare gli ultimi tre giorni nuovamente in Pennsylvania, poiché era il luogo più fertile per la fotografia. È stato molto emozionante viaggiare scegliendo le tappe a mano a mano, prenotando di volta in volta i successivi Motel.

Savage America Nicolò Rinaldi
Savage America Nicolò Rinaldi
Savage America Nicolò Rinaldi
Savage America Nicolò Rinaldi

Puoi raccontarci un aneddoto particolare o un’esperienza memorabile vissuta durante questo progetto?
Di esperienze memorabili ce ne sarebbero a decine, ma una in particolare merita di essere raccontata. Ci trovavamo in Pennsylvania, era il primo giorno in questo stato dopo aver passato i giorni precedenti in New Jersey. Avevo appena fatto quella che consideravo la migliore fotografia del viaggio: un trofeo all’interno di un’auto con il coprisedile a stelle e strisce. Mi mancava solo una foto per finire il rullino. Dopo aver scattato quell’ultima foto, il nastro adesivo presente sulla pellicola, utilizzato per sigillare il rullino, si è incastrato nel meccanismo di avanzamento dello scatto, un problema che a volte capita con il modello Pentax 6×7 che uso. Come precauzione aggiuntiva, per evitare di esporre gli ultimi fotogrammi, tra cui la preziosa foto, ho deciso di creare una sorta di “darkroom” con la mia maglietta per estrarre il rullino al buio. Così, ho tolto la mia t-shirt e, dopo aver riposto la fotocamera nel voluminoso zaino fotografico nero imbottito che porto sempre con me, ho iniziato ad armeggiare. In quel momento, mi trovavo in una stazione di sosta, i miei compagni di viaggio erano poco lontano ed ero da solo. Proprio in quel momento è passata la polizia. Essere senza vestiti (o almeno, la parte superiore) con le mani dentro uno zaino nero sull’aiuola antistante le pompe di benzina può attirare l’attenzione di qualche agente. Infatti, l’auto della polizia si è fermata immediatamente, e un agente si è avvicinato con la mano sulla fondina, urlandomi: “What are you doing?!” Dopo un primo momento di panico, ho tirato fuori le mani dallo zaino e gli ho spiegato del rullino incastrato nella fotocamera. Gli ho detto che ero italiano e abbiamo iniziato a parlare. Una volta compresa la situazione, abbiamo fatto amicizia. Era contento che un fotografo italiano documentasse il suo paese. Dopo qualche minuto di conversazione, gli ho anche scattato una foto accanto alla sua auto.

Savage America Nicolò Rinaldi
Savage America Nicolò Rinaldi
Savage America Nicolò Rinaldi
Savage America Nicolò Rinaldi

Quali sono stati i principali ostacoli che hai dovuto affrontare nel catturare queste immagini?
Gli ostacoli sono stati di due tipi: quelli di natura tecnica e quelli di natura “umana”, per così dire.
Dal punto di vista tecnico, scattare su pellicola medio formato ti consente di avere solamente 10 esposizioni per ogni rullino, quindi ci sono state moltissime situazioni in cui avrei voluto avere 2, 3 scatti rimanenti in più. Cambiare pellicola richiede un paio di minuti e spesso, in quel breve frangente, accadono le cose migliori (forse c’è una legge di Murphy che descrive proprio questo fenomeno).
Dal punto di vista umano, invece, ho trovato alcune difficoltà a Lancaster, quando ci siamo addentrati nella comunità Amish. Chiunque ha rifiutato di farsi fotografare, anche a seguito di conversazioni e scambi reciproci di sorrisi. Sono riuscito a fotografare alcuni soggetti solo scattando velocemente alcune esposizioni mentre passavamo in auto. Un fenomeno abbastanza atipico negli Stati Uniti, dove se ci si intrattiene in una breve conversazione, è facile ottenere il consenso di qualunque persona (in Italia, per esempio, spesso i soggetti sono più scontrosi).

Hai trovato una differenza significativa tra la vita nelle piccole città e quella nelle grandi metropoli americane?
La vita della countryside americana è l’esatto opposto delle città come NYC. In molte zone la tradizione contadina è ancora molto presente e non sembra volersene andare via. In questi posti il tempo è dilatato, le persone sono disponibili e cordiali e si ha il tempo di scattare la propria foto con tutta tranquillità. Si ha anche il tempo di scattarla nuovamente se fosse necessario. Nelle metropoli, invece, il tempo scorre velocemente e tutti sono di fretta. Si ha pochissimo tempo a disposizione per catturare l’immagine che desideri, e se non riesci a cogliere l’attimo giusto, quella foto è andata per sempre.

Savage America Nicolò Rinaldi
Savage America Nicolò Rinaldi
Savage America Nicolò Rinaldi
Savage America Nicolò Rinaldi

Quali elementi della cultura americana hai trovato più difficili da rappresentare visivamente e perché?Una delle cose che mi ha colpito di più durante questo viaggio è stata la grande quantità di animali senza vita trovati sul ciglio della strada. In Pennsylvania e in altri stati, lungo le highways dove le macchine sfrecciano a tutta velocità, spesso non ci sono guardrail. La conseguenza naturale è un numero elevato di vittime animali. Abbiamo cercato di fotografare questo fenomeno, ma di fronte a scene così crude, è facile che queste fotografie vengano interpretate nel modo sbagliato. Per risolvere questo problema, ho deciso di affiancare una didascalia che descriva il fenomeno ogni volta che pubblico queste foto.

Come hai cercato di bilanciare tra immagini nostalgiche, ironiche e grottesche nel raccontare l’America?
Il successo del racconto di “Savage America” risiede nella sua capacità di mescolare tutti questi elementi: contiene fotografie ironiche che esasperano alcuni concetti, spesso suscitando risate, e altre più nostalgiche che scaldano il cuore. L’America è un paese ricco di contraddizioni, quindi è cruciale mostrare ogni aspetto diverso di questa nazione. Se avessi escluso le foto più divertenti, mantenendo solo un tono nostalgico e sospeso, la serie, a mio parere, non avrebbe avuto lo stesso impatto.

Ci sono stati personaggi o scene che ti hanno sorpreso e che non ti aspettavi di trovare durante il tuo viaggio?
Un episodio in particolare mi ha colpito durante il viaggio. Eravamo in Pennsylvania e ci siamo fermati a mangiare in un ristorante. Accanto a noi c’era una grande tavolata e, quando ho capito che stavano festeggiando un anniversario, ho chiesto di poter scattare una foto. C’era una torta e tutti erano molto allegri, ma ciò che mi ha spinto a fare la foto è stato vedere il reverendo seduto al tavolo con la famiglia. Non è una cosa che si vede spesso in Italia e sono felice di aver catturato anche questo dettaglio.

Savage America Nicolò Rinaldi
Savage America Nicolò Rinaldi
Savage America Nicolò Rinaldi
Savage America Nicolò Rinaldi

Quali sono i ‘cliché’ americani che hai voluto catturare e come li hai interpretati nel tuo lavoro?
Sono partito con il fotografare gli oggetti: bandiere a stelle e strisce, cibo, hamburger e bistecche. Successivamente sono passato alle persone. All’inizio scattavo fotografie con flash diretto ai lavoratori: commessi, operai (come anticipavo prima, anche un agente di polizia). Poi ho scelto di non limitarmi ai lavoratori e ho incominciato a fotografare tutte le persone che incontravo che rispecchiavano l’estetica dell’ “americano tipo”. È stato divertentissimo e quando tornerò negli States vorrei continuare questa ricerca, come se fosse una collezione di figurine: il pompiere, la casalinga, il bambino in bicicletta e tutti quei characters che troviamo nelle serie TV o nei film di Hollywood.

Come pensi che il tuo progetto “SAVAGE AMERICA” possa influenzare la percezione dell’America da parte del pubblico internazionale?
Non credo che questa rappresentazione degli Stati Uniti possa avere un impatto negativo sul pubblico internazionale. Ho semplicemente catturato elementi già familiari a tutti, ma l’ho fatto con il mio stile e la mia prospettiva, rendendo così la serie abbastanza unica, anche se il tema è stato affrontato da molti altri fotografi in passato.
Come ho accennato prima, ho l’intenzione di tornare in America per futuri progetti e non escludo di raccogliere ulteriori immagini per ampliare questa serie e offrire una visione ancora più personale di questa nazione. Sono molto curioso di vedere come alcune nuove fotografie potrebbero cambiare il significato della serie.

Qui la serie individuale completa

Intervista di Lucia Laura ESPOSTO

 

BIOGRAFIA
Nicolò Rinaldi (Genova 1995) è un fotografo italiano specializzato in fotografia documentaria e commerciale, fondatore dello studio creativo LUCID DREAMS con sede a Genova. 
Dopo aver sperimentato con paesaggi e fotografia di viaggio, attualmente sta sviluppando diversi progetti nel campo della fotografia documentaria e della street photography, sia personali, sia commissionati. Negli ultimi anni ha viaggiato per documentare il fenomeno dell’overtourism, sviluppando uno stile narrativo personale caratterizzato dalla presenza di scene ed elementi ironici, talvolta grotteschi. Nel 2023 ha avviato un’indagine personale sulla relazione tra uomo e natura, focalizzandosi su ambienti artificiali e sull’impatto delle infrastrutture antropogeniche sulla terra e sulle aree circostanti. Parallelamente, lavora nell’industria della moda per campagne, progetti speciali ed eventi.

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