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AЯE DI ALESSANDRA GARAU

quando la fotografia si fa voce

Il progetto fotografico AЯE di Alessandra Garau è dirompente. E’ fotografia che si fa cultura, avanguardia, cesura senza mezzi termini, con il coraggio e la libertà di chi alla consapevolezza del linguaggio abbina l’abilità tecnica.

Muovendosi nelle viscere e nella sacralità di tradizioni, maschere, abiti pregiati delle feste carnevalesche e delle celebrazioni religiose della Sardegna arcaica le fotografie sovvertono i ruoli convenzionali uomo/donna, ma anche proiettano il già visto in una dimensione futura, nuova, stimolante, e danno al consolidato la forza del mutevole, della ricerca, della sfida. Lo sfondo nero esalta volti, i dettagli, i colori.

Alessandra GARAU
Alessandra GARAU
Alessandra GARAU
Alessandra GARAU
Alessandra GARAU

Per questo non c’è provocazione, sfacciataggine, sfrontatezza fine a sé stessa ma la naturalezza dell’essere semplicemente sé stessi in vesti precluse per pregiudizio e ora proprie a misura di sé.
Per queste ragioni limitare AЯE ad un lavoro solo contro l’omofobia è riduttivo, dietro questa evidenza c’è un modo di vedere la propria terra, i suoi riti ancestrali, apparentemente immutabili lanciati in un altrove tutto da inventare, da costruire, da esplorare partendo da un’elaborazione di ciò che si è e si vuol essere, ripensando e abbattendo limiti apparentemente invalicabili, leggi non scritte sovvertite da queste splendide immagini, eleganti, sussurrate, inclusive, contemporanee.

Mi sono esposta per dare voce alle persone che non hanno ancora il coraggio, che vivono delle situazioni che non permettono loro di essere ciò che sentono veramente di essere

Alessandra GARAU
Alessandra GARAU
Alessandra GARAU
Alessandra GARAU

AЯE è amore per la propria terra e per le persone, che si incontrano nella loro autenticità, riscrivendo una storia che abbatte le convenzioni con la potenza della fotografia.
testo di Mauro LIGGI

Alessandra Garau, sassarese di 42 anni, racconta il senso di appartenenza alla sua terra e alla sua gente. La fotografia per lei non è un lavoro, né una passione, ma uno stile di vita.
«Il mio approccio del tutto autodidatta con la fotografia è iniziato quindici d’anni fa – racconta Alessandra Garau -anche se ho sempre subìto il fascino dei rullini, della carta lucida e delle mani di mio padre che maneggiavano a livello amatoriale una vecchia analogica”. 
AЯE è un progetto fotografico promosso dal MOS (Movimento Omosessuale Sardo) in mostra a lungo lo scorso anno e che tuttora continua a suscitare riflessioni e consensi; celebra la tradizione e al contempo sfida le regole non scritte ma imposte: “Per me tutte le parole più belle finiscono in are” – racconta Garau. “Sognare, volare, narrare, fotografare“. Ecco allora che una desinenza delle parole che la fotografa sarda reputa più belle ed ideali, diventi manifesto del suo progetto che cerca di esaltare, anche nel lessico, la “convivenza delle differenze”.

Alessandra Garau su instagram

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