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Generi fotografici: missione della fotografia è avere qualcosa da dire!

Sebbene per qualcuno siano quasi due sinonimi, non di sola street vivono i Collettivi. Sono in molti a dedicarsi a generi diversi, come nel caso ad esempio del Collettivo42, al quale abbiamo posto le nostre consuete domande.

Attilio Lauria

 Quali sono le motivazioni per cui avete deciso di fondare un collettivo e come si è formato?

Il Collettivo 42 si è formato nel gennaio 2018, da un’idea di Michele Furci e Carlo Panza i quali, in un secondo momento, hanno invitato a far parte del collettivo quattro fotografi di cui conoscevano i trascorsi e ne apprezzano il lavoro: Fabio Moscatelli, Mariangela Tripiedi, Paola Burla e Vittorio Faggiani, che hanno subito aderito all’idea.

L’intento di 42 è essenzialmente diffondere la cultura fotografica, creare condivisione e confronto, in particolare sul nostro territorio.

Il nome è ironicamente scelto dal libro “Guida galattica per autostoppisti” dove il numero 42 è la risposta fondamentale sulla vita, l’universo e tutto quanto, un po’ come per noi è la ricerca fotografica.

Ci piaceva l’idea di poter creare un calendario di mostre, talk e incontri con autori scelti da noi e che, in qualche modo, raccontassero la fotografia da un altro punto di vista.

Inoltre ci stuzzicava l’idea di un lavoro corale quindi “collettivo” che lasciasse “indenni” le peculiarità di ognuno affidandoci ad un photo editor, che ci potesse guidare.

 

Quali sono i vantaggi e le difficoltà di un collettivo?

I vantaggi sono essenzialmente la possibilità di esprimersi fotograficamente senza competitività, attraverso quella scelta compiuta a monte in cui ci ritroviamo ogni giorno.

La stima e l’affetto che ci legano rendono il lavoro del collettivo un privilegio, come del resto lo è il diffondere la cultura fotografica nella nostra città e sul territorio.

Un altro vantaggio è il confronto e la condivisione che questa attività ci permette di avere, mediante l’incontro con fotografi affermati e di talento, con foto editor e giornalisti che vengono invitati nella nostra sede a parlare della loro esperienza.

Far vivere un collettivo è legato essenzialmente alla convivenza e alla reciproca stima con l’auspicio di creare, con l’aiuto reciproco, le condizioni affinchè si possano allargare gli orizzonti fotografici di ognuno e di chi partecipa ai nostri eventi.

Abbiamo una sede che ci permette di organizzare eventi e/o mostre, paradossalmente potrebbe essere questo uno svantaggio, in quanto impone delle spese.

 

Come si diventa membri del collettivo, qual è il processo di selezione?

L’individuazione di eventuali nuovi membri passa attraverso un contatto diretto con chi risponde ad un nostro invito personale. Abbiamo fissato a 8 il numero massimo dei componenti il Collettivo 42.

Siamo in procinto di inserire due nuovi fotografi.

 

Pensate che internet abbia favorito la formazione dei collettivi?

 Essenzialmente siamo un collettivo atipico avendo una sede fissa e componenti tutti della stessa città. Per ciò che riguarda noi quindi, l’unico elemento vantaggioso diviene la possibilità di comunicare fuori dal territorio ciò che facciamo, dando quindi una possibilità di condivisione maggiore.

Durante uno degli eventi organizzati quest’anno, ad esempio, abbiamo avuto persone provenienti dalla Toscana, Umbria, Abruzzo.

Per gli altri, internet è sicuramente un mezzo attraverso il quale le distanze si accorciano e diviene più facile scegliersi per affinità e lavorare insieme.

 

 Che abbia cambiato la fotografia?

 Che l’uso dei social in particolare e la velocità a cui internet ci ha abituato, abbiano cambiato il modo in cui fotografiamo, i soggetti che fotografiamo, la luce che scegliamo, le pose, non è più un segreto. D’altronde pensare che la fotografia potesse rimanere indenne dall’uso di internet era pura fantascienza. Internet è parte integrante di questa società e della nostra quotidianità.

Sappiamo che la fotografia ha il grande dono di cambiare l’immaginato e l’immaginario, di cambiare la nostra percezione su determinati argomenti e addirittura su noi stessi come strumento terapeutico.

Saremmo per tanto degli stolti, che il rapporto che ha la fotografia con la quotidianità e la società non abbia un potere e viceversa, in particolar modo quando tutto ciò avviene attraverso i nostri smartphone.

Le immagini da cui veniamo bombardati attraverso i social sono 80 milioni al giorno solo su instagram e non tutte queste immagini sono di qualità, ma finiscono comunque non solo per modificare il nostro gusto estetico ma di fatto anche la fotografia e il gusto che essa ci da.

Inoltre, rimaniamo convinti che poter visionare lavori provenienti da ogni parte del mondo, vedere come in Africa o est Europa la fotografia si stia evolvendo o involvendo con spunti nuovi, non abbia prezzo. È un arricchimento culturale continuo che ci permette di crescere come fotografi e come persone. La fotografia non è un albero.

 

I membri del collettivo si incontrano regolarmente faccia a faccia o solo on-line?

 Essendo per la quasi totalità abitanti nella stessa città, Viterbo, abbiamo deciso di incontrarci almeno due volte al mese, per un confronto diretto sia nel programmare gli eventi che per iniziare a pensare ad un lavoro collettivo, fermo restando il collegamento mediante i social.

 

Qual è il genere di fotografia che prediligete?

Siamo un gruppo eterogeneo, non ci piace parlare di “genere” per noi la fotografia è una sola e con una sola missione “avere qualcosa da dire”.

 

Dalla proposta alla realizzazione, quali percorsi mettete in atto nella progettazione di un lavoro tematico?

 A noi piace parlare oltre che fotografare.

Per cui la prima cosa che facciamo è sfinirci di domande, di sé, di ma, di forse.

Una volta deciso cosa fare, lavoriamo a testa bassa, creiamo un puzzle e ci affidiamo ad un curatore esterno.

 

Pensate di esprimervi anche attraverso degli audiovisivi?

 Per ora non abbiamo preso in considerazione questa eventualità, sebbene il nostro interesse potrebbe andare verso la video-arte.

 

Quale consiglio vi sentireste di dare a coloro che intendono costituire un proprio collettivo?

Di scegliersi, di fidarsi l’uno dell’altro e di chiedere sempre un certificato che attesti eventuali patologie della psiche così da poterne far fronte con uno psicologo interno.

A parte gli scherzi, il collettivo deve essere, per noi, condivisione ed evoluzione, quindi la scelta dei componenti è un qualcosa che ha a che fare con il raggiungimento di un comune obiettivo, che sia quello di divulgare la fotografia e/o quello di produrla. Il nostro obiettivo è cercare di riuscire in entrambi i casi.

 

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