Animalia – di Alberto Furlani, a cura di Fausto Raschiatore
ANIMALIA – di Alberto Furlani
A cura di Fausto Raschiatore
Nei locali di Ca’ Pisani, a Venezia, espone fino al 15 aprile Alberto Furlani, autore veneto, noto anche per aver pubblicato nell’estate del 2010 il volume fotografico “Pop City”: 97 immagini a colori distribuite in 180 pagine (Punto Marte Editore/Pieve di Soligo/TV). Un’opera che ha avuto copiosi apprezzamenti dal pubblico e dalla critica e a cui, nel maggio del 2011, è stato attribuito il Premio Marco Bastianelli/Roma, riservato, ogni anno, alla migliore opera prima. “Alberto è un eccezionale uomo d’ascolto ed è rimasto negli anni sufficientemente largo di vedute da rimettersi in discussione e passare al vaglio quelle intoccabili verità che molti acquisiscono respingendo ogni diversità d’opinione al riguardo”. Una riflessione, questa, del fotografo Roberto Salbitani che dà la dimensione della personalità di Furlani, come uomo e fotografo, da tempo protagonista di apprezzate performance espositive.
A Venezia, Furlani, espone “Animalia”, un lavoro interessante, elaborato in una trama narrativa in bianco e nero che evidenzia, oltre alla passione per l’arte della luce, l’amore che egli nutre per gli animali. Venticinque scatti ben stampati di cui quattro di grande formato (cm100x100) che in sequenza disegnano un percorso iconografico stimolante nel quale l’autore coniuga gli aspetti formali e contenutistici della ricerca nell’ambito dello specifico fotografico con la propria sensibilità che si fa più esigente quando “vede” e indaga l’universo degli animali. Furlani vive a Mestre, nella Terraferma veneziana, e appartiene a una famiglia in cui dominava un forte interesse per la fotografia, unitamente alla passione per le arti, musica compresa. “La mia passione – racconta in una nota nel volume “Pop City” – era quella di seguire il nonno nella camera oscura dove vivevo l’incanto della luce e delle immagini che dal buio emergevano dalle bacinelle, le atmosfere magiche dei momenti silenziosi durante i quali mi insegnava i primi passi verso la fotografia.
Talvolta attorno a lui si raccoglievano tutti i nipoti incantati dalle sue storie di mare e di vita”. Momenti ai quali Furlani è molto legato e non perde occasione per ricordarli.
“Animalia” è un lavoro speciale, quasi singolare, che attrae per la qualità della stampa e per la valenza culturale che trasmette. Raccoglie un insieme di immagini in cui sono sintetizzate le riflessioni, le interpretazioni e le osservazioni che l’autore fa nel suo girovagare per i musei d’Italia e d’Europa con il suo camper: Aix-en-Provence, Lussemburgo, Monaco di Baviera, Reggio Emilia, Venezia, Verona, tanto per fare qualche nome. Un portfolio elegante, costruito con una sequenza ben strutturata, nell’ambito di un percorso d’indagine di qualità che si aggiunge ai tanti già elaborati nel corso degli anni. Furlani ha un proprio stile, un linguaggio ormai acquisito, un modo di esprimersi riconoscibile tra tanti, elaborato in ogni sua parte. Anche in termini narrativi la fotografia dell’autore mestrino ha una sua personalità, una precisa identità, una sua dimensione definita.
Per Furlani la fotografia è un fatto emotivo. Un itinerario intimo e personale per ogni scatto, breve e significativo. E’ sempre la sintesi di un processo d’indagine che oscilla tra il suo modo di vedere e il suo modo di interpretare. Ogni immagine, che sia in bianco e nero o a colori, per lui è un mini-percorso di studio e di ricerca, l’esito concreto di una riflessione che è voglia di capire, leggere, decifrare. Egli lavora per sé e per gli altri. E la mostra ne è un esempio. L’autore candidamente ammette che “Animalia” è una proposta culturale che ha “elaborato per gustare il risultato finale”. L’obiettivo di Furlani, infatti, visti i contesti nei quali sono conservati gli animali nei musei e studiate le atmosfere presenti che dominano in quegli ambienti, era quello di ottenere delle stampe al limite della perfezione. Come in realtà l’esposizione dimostra, con le sue dinamiche espressive, i diversi valori tonali, l’eleganza delle sfumature, l’equilibrio compositivo, l’armonia dei segni, la tessitura dei piani linguistici.
Per Furlani la stampa è qualcosa di particolare, di sacrale quasi, per lui il soggetto o l’oggetto passa in secondo piano ed è di frequente solo strumento e mezzo. Egli mira al momento in cui potrà “contemplare una stampa di grande qualità”. Come in “Animalia”. Decisamente una “buona fotografia”. Davanti a un’immagine ben stampata, Alberto Furlani è capace di estraniarsi fino a sognare. Per lui è importante dominare e farsi “trascinare” dall’aspetto puramente estetico. Un modo singolare e personale di concepire l’arte della fotografia e di utilizzare l’essenza della bellezza come nutrimento della propria spiritualità.
Fausto Raschiatore con “Animalia” di Alberto Furlani, continua su Agorà Di Cult il suo percorso di Critico e Storico della fotografia inizato tanti anni fa. Fausto è persona sensibile e attenta sia al grande autore che all’esordiente, e assicura la sua presenza sia nelle attività di prestigio che in quelle loboratoriali, agendo in tutte con il suo contributo sempre impegnato e competente. In Agorà Di Cult è una sicura presenza costruttiva e un bel punto di riferimento per tutti. Ricordo con gratitudine gli incoraggiamenti, che io ricevetti da lui, in occasione della mia prima recensione dell’Autore dell’anno FIAF 1998 Stanislao Farri che inaugurò il metodo analitico, ancor oggi esercitato, nel presentare gli autori.
Da tutti voi c’è solo da imparare!!! Grazie!
Andiamo bene.
C’era quel tale che imperversava sulla rete con le sue immagini di savana esotica e a tratti misteriosa, forse, e di elefanti, il tutto in elegante bianconero.
Qui siamo al viraggio, s’immagina digitale, che colora ancor più questo bestiario. O per meglio dire d’animali impagliati nella loro presunzione di esseri viventi. Sfugge il nesso, sfugge la portata esatta dell’operazione medianica della cosa. Insomma altro rigor mortis, e questa volta il cadavere è l’”animale”. Quale sia è difficile dire, o se nello specchio deformato è la parodia del bipede per antonomasia, o cos’altro.
O se, infine, al cambio odierno null’altro che “tromp l’oeil” senz’altro accattivante nella sua cornice cm 100 x cm 100 ma esangue.
Io penso che gli animali imbalsamati iniziano e finiscono la loro opera, il loro “motivo di esistere”, nella teca in cui sono riposti: sono una “raffigurazione” di qualcosa che non c’è più.
Mi è difficile giustificare riprese fotografiche che riproducano qualcosa che a sua volta riproduce già qualcos’altro (scusate il gioco di parole)… un po’ come riprodurre un’altra fotografia…
A maggior ragione se questo “altro” è volutamente isolato dal contesto in cui si trova, escludendo ogni possibile interferenza di elementi “vivi”, attivi.
A cosa può servire questo “atto fotografico”? Forse, come ammette l’autore, alla sola gratificazione tecnica finale, al “farsi trascendere dall’aspetto puramente estetico”: però dopo il possibile compiacimento del primo impatto, mi resta poco, tutto finisce qui e le tante parole a corredo delle immagini non mi bastano a supportarle.
E credo non mi basterebbe nemmeno la “fisicità” di trovarmi di fronte agli originali stampati (tanto più che un’immagine di 1x1mt deve essere visualizzata alla giusta distanza, perdendo di fatto quel “contatto materico” che il supporto potrebbe evocare).
Proviamo a visualizzare solo le immagini, senza il testo: cosa ci comunicano? Quale valore ci lasciano? Qual è “l’essenza della bellezza” (citata) in queste fotografie?
…tengo a precisare che il mio intervento non vuole essere “cattivo”: è solamente un mio esercizio di lettura “tra le righe” e “tra le immagini”… e forse non conosco ancora bene tutta la grammatica necessaria…
Prescindendo dalla bella ed esaustiva presentazione di Fausto Raschiatore, devo dire che le immagini curatissime ed eleganti di Alberto Furlani, non riescono a trasmettermi nessuna emozione particolare, se non un po’ di invidia per il sapiente uso del bianco e nero. Sono immagini purtroppo un po’ fredde, un po’ “impagliate”, come gli animali rappresentati e al di la dell’ottima tecnica di ripresa, postproduzione e stampa finale, mi lasciano un po’ perplesso. Vorrei vedere altre immagini dell’autore per capire meglio il suo spirito e la sua capacità creativa.
Alberto Furlani trascina le sue immagini nell’immenso disordine delle cose e dei fenomeni.
Il suo desiderio è quello di individuare un personale criterio d’ordine, di annullare la realtà riducendola a pura immagine invisibile, tutta interna a ciò che mostra, ponendo il soggetto nella condizione di trovarsi ad essere unico protagonista.
L’uso di una tecnica sapiente è la precondizione che Furlani assume per giungere ad una sublimazione del dato fisico a favore di una problematizzazione dell’atto fotografico, dove il tempo dello scatto diventa il tempo insopportabile della constatazione, da parte dello spettatore, di una realtà difficile da accettare anche perchè resa teatralmente.
“Animalia” è lo spettacolo di una natura voluta dall’uomo come crudele finzione; è il viaggio di un visitatore che ci vuol introdurre al fascino di percorsi misteriosi, osservando animali che ti fissano al di là del vetro, folgorato dall’idea che la fotografia, con la sua surreale carica immaginifica, possa ridare vita e dignità a un mondo inanimato di forme impagliate.
Di bellezza ed estetica viviamo, ci crogioliamo in essa, nella sua anestetica capacità di estraniarci da altre brutture.
Non c’è nulla da dire sulla bellezza estetica e tecnica di queste immagini, sono perfette, perfette anche nel regalare una natura che ormai non esiste più. Quella natura un tempo rappresentata dai tassidermisti allo scopo di far vedere dal vivo animali esotici altrimenti sconosciuti.
Ed ecco riproposte da Furlani le “fiere”, quelle dei libri di avventure, scritte spesso da autori che non avevano mai abbandonato la loro casa ma che con l’immaginazione e la capacità descrittiva riuscivano ad emozionare il lettore con immagini di lotte feline, crudeltà animalesche, avventure.
Adesso questi brividi ci sono negati, degli animali nella loro natura sappiamo ed abbiamo visto tutto, quanto, come e cosa mangiano, come si accoppiano, come nascono e come muoiono, all’immaginazione (che io sogno ancora al potere) non è più consentito spazio, se non nei nostri segreti sogni.
Ed ecco che questi occhi, seppur di vetro, sono riusciti a darmi un brivido, forse lo stesso provato dall’autore nella camera oscura del nonno, perché noi siamo anche quello che ricordiamo.
La scelta di Fausto Raschiatore, di recensire “ANIMALIA”, che l’autore Alberto Furlani espone, nei locali di Ca’ Pisani a Venezia, è pienamente condivisibile.
Furlani crea un percorso di ricerca interiore a partire da una tematica dura, se non addirittura tetra.
L’autore non si limita a registrare meccanicamente la realtà di ciò che vende, ma entra nel soggetto, reinterpretandolo secondo il suo sentire.
La tematica in qualche modo, riconducibile alle ricerche fotografiche di Joel Sartore, ne prendono comunque le distanze, sia per interpretazione che per l’uso sapiente del bianco e nero e del virato, dando vita ad immagini potenti e toccanti.
Vale la pena affrettarsi per prenderne visione dal vivo, fino al 15 di Aprile.