FRANCO FONTANA – di Fausto Raschiatore

FRANCO FONTANA. FULL COLOR
Mi attardo a rileggere e ad indagare concettualmente due riflessioni, attraverso le quali è possibile dare una sintesi logica al percorso artistico di Franco Fontana, fotografo di fama internazionale. La prima, di Achille Bonito Olivo: “Il tempo e lo spazio, sono le coordinate del nuovo alfabeto di Fontana, giocato rigorosamente nell’ambito della superficie bidimensionale della fotografia” (I Grandi Fotografi Editoriale/Fabbri, 1983). La seconda, invece, è dello stesso Fontana: “Fotografo ciò che penso, non ciò che vedo” (Il Giornale dell’Arte, dicembre 2013, omaggio per gli 80 anni del maestro).

Ne consegue una costruzione teorica che disegna e descrive, coniugando forme e contenuti, geometrie, colori, creatività, equilibrio e sensibilità, quella che sarà la dimensione vera e autentica, ovvero l’asse portante della cifra linguistico-espressiva nella poetica iconografica di Fontana. Un modo di esprimersi con la macchina fotografica, il suo, che ha creato e imposto uno stile inconfondibile, attraverso l’elaborazione di una tessitura iconica carica di poesia e sentimento, dalla quale s’irradia e si diffonde un singolare sentire che connota l’intera opera di Fontana.
Palazzo Franchetti, sede della mostra
L’Istituto Veneto di Scienze, Lettere e Arti entra in possesso di Palazzo Franchetti nel 1999, per dar vita a un centro di promozione, confronto e scambio di conoscenze, scientifiche, letterarie, storiche e artistiche. Sulla base di uno studiato sistema di relazioni culturali, nazionali e internazionali, grazie alla sua posizione, nel cuore della città, all’ampiezza e complessità dei suoi spazi, alla nobiltà dell’architettura, al giardino che guarda il Canal Grande. Dalla metà del Quattrocento alla metà dell’Ottocento, la storia del Palazzo è segnata dalla convivenza al suo interno di diversi rami di illustri famiglie veneziane. Negli anni ’40 dell’Ottocento l’arciduca Federico d’Austria riunifica la proprietà e dà avvio a un programma di lavori di restauro per dare al palazzo una taglio di modernità che ne costituisca una peculiarità; nel 1847 il palazzo viene acquistato dal conte di Chambord che affiderà i lavori di restauro a G. Meduna. Nel 1878 il barone Raimondo Franchetti compra il palazzo, che resterà alla famiglia fino al 1922 quando sarà ceduto all’Istituto Federale di Credito per il Risorgimento delle Venezie dalla vedova del barone, Sarah L. de Rothschild. A questo periodo viene associato il nome dell’architetto C. Boito che vi compie importanti trasformazioni. Oggi il Franchetti è un Centro culturale attivo, nel cuore di Venezia.
Paesaggi. Mari. Asfalti. Luci americane. Paesaggi urbani. Presenza assenza. Piscine. Vita nova. Queste, le aree indagate presenti in mostra, all’interno delle quali è maturato il percorso proposto con titolo ”Franco Fontana Full Color”, visitabile fino al 18 maggio, nei locali di Palazzo Franchetti di Venezia. Al 15 aprile scorso i visitatori sono stati 9.987; considerato che la chiusura è prevista per il 18 maggio è legittimo stimare un totale tra i 13 e i 15/mila visitatori. Una stimolante rassegna in cui sono esposte 138 immagini che permettono, a chi le osserva, per la prima volta, di capire dall’inizio (anni Sessanta) ai giorni nostri, qual è stato, il percorso artistico e di ricerca e studio dell’autore. Del resto, va detto come la stessa impaginazione contribuisca a guidare l’osservatore lungo i diversi momenti intermedi del processo linguistico-espressivo di Fontana. Del pari, l’evento espositivo è utile anche a chi già conosce l’opera del “Maestro del colore”. Permette loro di vedere per la prima volta una serie di segmenti “collegati” tra i diversi momenti, le diverse aree d’indagine di Fontana. E questo permette all’osservatore, esperto o no, di “leggere” tra le righe e gli spazi dei diversi ambienti indagati cose che altrimenti non si vedrebbero. “La cosa più difficile per un fotografo è capire cosa può mostrare, far comprendere, e successivamente come realizzare ciò che si porta dentro. La materia prima è comune a tutti – sostiene Fontana -, a portata di tutti: non esiste una chiave per riuscire a fare le fotografie. Per questo la fotografia è la disciplina artistica più difficile, proprio perché è la più facile: con lo stesso alfabeto, tutti possiamo scrivere cose diverse”.
Una proposta culturale di alto profilo strutturata nei termini di un progetto che tenesse conto del percorso linguistico-espressivo dell’autore modenese (catalogo Marsilio). E’ la sua prima retrospettiva. Apprezzato e noto in tutto il mondo, Fontana è riconosciuto maestro del colore e della narratività iconica fondata sui cromatismi. In otto segmenti visivi, racconta la sua storia di fotografo. Cinquant’anni di fotografia. La mostra, promossa dall’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti è curata da Denis Curti e prodotta da Civita Tre Venezie in collaborazione con Venezia Iniziative Culturali. Sostiene l’artista “Fotografare è un atto di conoscenza: è possedere. … Con l’aiuto del colore, la creatività diventa sinonimo di un movimento che genera vita. … La forma è la chiave dell’esistenza, ed io cerco di esprimerla fotografando lo spazio, in correlazione con le cose coinvolte con esse”. Il colore, le geometrie, le linee, gli spazi, la luce, la composizione. Sono gli elementi strutturali che caratterizzano la prosa iconica, componente importante per la definizione della cifra stilistica del linguaggio fotografico di Fontana. Fantastiche le atmosfere silenziose e solenni dei paesaggi, stimolante il dialogo continuo tra i colori e gli spazi, tra le linee e la luce. Orizzonti silenti, paesaggi irreali. Linee che si ricorrono tra loro. Il colore in Fontana è creativo, lirico, unico, artistico. Una fotografia che irradia ottimismo e positività. Toni cromatici calibrati, distensivi, misurati. Il fascino del mare, segmento importante della poetica fontaniana.
Bellissimi gli asfalti, i quali disegnano delle straordinarie astrazioni in un quadro cromatico reale e irreale, visibile e invisibile. Straordinari i paesaggi urbani. Armonie singolari le luci americane. Immagini costruite all’interno degli schemi visivi del maestro emiliano. La figura umana coniugata con l’ambiente genera stupendi scatti visivi. Il linguaggio fotografico di Fontana è unico, inconfondibile, sempre attuale. Nato a Modena, città che vanta un’interessante e ben radicata tradizione fotografica. Fontana si avvicina alla fotografia all’inizio degli anni Sessanta, seguendo un percorso che potremmo definire standard, per quei tempi. Un’esperienza comune a molti della sua generazione, un excursus maturato nell’ambito della fotografia amatoriale, in una città attenta alla fotografia e culturalmente molto attiva, animata da un gruppo di artisti di matrice concettuale, tra i quali, Franco Vaccari, Claudio Parmeggiani, Luigi Ghirri e Franco Guerzoni. Il lavoro di Fontana condivide con questa corrente il bisogno di rinnovamento e di messa in discussione dei codici di rappresentazione ereditati, in campo fotografico, dal Neorealismo, ma pone particolare attenzione e cura anche agli esiti visivi e alla componente estetica. Nel 1963 avviene il suo esordio internazionale, alla 3a Biennale Internazionale del Colore di Vienna. Ha esposto in Italia e nel mondo. Ha pubblicato oltre settanta libri. Le sue opere sono conservate in oltre cinquanta musei in tutto il mondo. Collabora con testate di grande prestigio e ha firmato e tuttora firma campagne pubblicitarie. E’ direttore artistico del Toscana Foto Festival di Massa Marittima, nel grossetano.
La fotografia di Franco Fontana è stata per la mia generazione un grande stimolo per innovare il rapporto tra fotografia e realtà. L’ampiezza degli scenari geografici ci ha aperto la mente e attratto a scoprire altri mondi. Il suo uso di ottiche estreme (o grandangolo, o teleobiettivo) e la ricerca sull’espressività del colore all’epoca dell’analogico ci ha affascinato per almeno 20 anni.
Ricordo la sua prima mostra personale nel ’68 alla Galleria Civica di Modena con grande emozione, il vederlo con la sua giovane energica presenza a parlare davanti alla foto di Praga. Quella misteriosa macchina rossa posta al centro della piazzetta è il tratto dominante inserito in un trama urbana austera animata solo dai colori una bandiera appesa ad una finestra e dal fumo dei comignoli che suggeriscono calde storie domestiche in una città apparentemente fredda. Complimenti a Fausto Raschiatore per la brillante recensione.
Colgo l’occasione per ringraziare di cuore a Franco Fontana per questi suoi doni che ci hanno fatto sognare, per tutto quello che ha fatto per noi modenesi e continua a fare per i giovani autori.
Un autore che mi ha fatto sognare nei primi anni della mia passione fotografica, quando nelle prime partecipazioni ai concorsi fotografici cercavo di emularlo senza successo.
Viste oggi le fotografie qui pubblicate mi paiono “invecchiate”, e non solo perchè forse la tecnica digitale le rende più “fattibili”.
Le fotografie che documentano la realtà sociale continuano invece a mantenere vivo il mio interesse, anzi direi che lo accrescono, ma forse sono io che sono cambiato…..
Colgo l’occasione della presentazione di uno dei maestri della fotografia, che più ammiro e che è un punto di riferimento illuminante per la mia fotografia, per una riflessione.
Talvolta capita di dover spiegare ai non addetti ai lavori come sia possibile che da un soggetto che è uguale per tutti, ogni fotografo tragga necessariamente sempre e solo una interpretazione personale e soggettiva ed il grande maestro perfino un’opera d’arte.
In questi casi il mio pensiero corre alle splendide opere di Franco Fontana.
La fotografia sembra semplice; sembra legata solo a regole tecniche acquisibili con qualche anno di studio fatto seriamente e con buona guida. Ma non è così. La fotografia può essere molto più complessa e difficile.
Inoltre c’é di più.
Il gusto dell’insieme, la gioia del colore che satura gli occhi e fa vibrare la mente, la composizione che lascia correre lo sguardo verso orizzonti mentali infiniti e poi tornare ad un’altra dolce razione di colore, la capacità di contravvenire creativamente a regole che pure sono scientificamente oggettive, come quella delle tre dimensioni, è arte di pochi maestri.
Fontana è uno dei pochi capace di imporre, con pieno merito, una fotografia bidimensionale.
Egli è un fotografo singolare, forse unico nel panorama italiano; perché si allontana dalla presunta descrizione del reale tanto cara ai più, dal semplice racconto che impiega sempre più un linguaggio che sarebbe il caso di rinnovare.
La sua è arte a pieno titolo.
E’ l’arte che trasmette sensazioni difficilmente comunicabili a chi non è sintonizzato sullo stesso canale di sensibilità, di gusto e di conoscenza.
Grazie, Maestro
Sono d’accorso sulle tue considerazioni sulla fotografia di Franco Fontana. non vorrei creare un polverone sulla secolare diatriba. Personalmente preferisco sempre considerare il fotografo un artigiano piuttosto che un artista, ma forse è solo una differenza linguistica.
Franco Fontana un grande , un punto di riferimento per molti appassionati …. mi ricordo quando da ragazzo scoprì questo autore, ne rimasi subito affascinato ed anche oggi, a distanza di molti anni , mi piace ancora perdermi nei suoi mondi , nei suoi spazi nelle atmosfere che solo lui sà evocare , un mito della fotografia Italiana e mondiale
“Ogni geniale opera d’arte suscita una lunga schiera di imitatori che, per l’appunto ripetono, tagliuzzano, combinano, esagerano meccanicamente quell’opera d’arte e rappresentano la parte d’immaginazione (facoltà extra artistica) verso o contro la fantasia (peculiare facoltà artistica)” – Benedetto Croce
Un insieme di epigoni (passivi imitatori di altri) che rappresenta la realtà fotografica percepita nelle foto di altri, generando, per imitazione, altra realtà fotografica: un’infinita serie di realtà fotografiche.
Ma l’artista è colui che ha lavorato di fantasia: appunto Franco Fontana; al punto che la realtà del soggetto non era bella, intensa e soprattutto emotiva come le foto che il nostro Maestro ha tratto da essa.
La fotografia è inserita a pieno titolo nelle arti moderne. La fotografia “non arte” appartiene ad una vecchia ed obsoleta concezione.
L’artigiano è colui che non impiega la fantasia e nemmeno la creatività; che compie uno sterile gioco di imitazione formale, pur se tecnicamente perfetto nell’esecuzione. (“Leggere fotografia – note per un giudizio di valore, una predisposizione dello spirito” – Giorgio Rigon 1993).
Perciò, Franco Fontana è un artista, chi lo copia è un artigiano più o meno bravo.
Le fotografie dei paesaggi di Franco Fontana mi sono piaciute subito moltissimo, amore a prima vista, ho avuto modo di vederle nel passato in alcune mostre. Mi attraevano le forme e i colori, le “lontananze” dei suoi paesaggi sospesi, talmente perfetti nella loro astrazione che sembravano sia veri sia finti. Struggenti e silenti, sapienti e noncuranti.
Arte Fiera di Bologna nel gennaio di quest’anno aveva un settore dedicato alla fotografia, nella mia visita fatta di lunedì c’era poca gente in giro, il personale di un paio di gallerie aveva tempo per fare due chiacchere e di raccontarmi che Fontana, insieme a Ghirri e Galiberti, era tra gli italiani più richiesti nel marcato dell’arte. Sono rimasto un poco deluso quando mi hanno riferito che i compratori preferivano le foto americane, quelle con le ombre marcate che danno tridimensionalità, quelle precise e dure come il cemento armato, ombre e luci come “lamerica”, quelle con linee e poche curve. Qualcuno nel passato ha scritto che un’opera diventa arte quando qualcuno la compra, Franco Fontana è sicuramente un artista.
La mostra qui recensita è in uno splendido palazzo veneziano, lampadari di Murano e tessuti alle pareti, quando mi sono affacciato alle porte delle splendide sale, mi hanno colpito le luci forti che enfatizzavano i colori delle fotografie. Le immagini erano ancora troppo lontane ma mi ricordavano elementi perfetti per arredare le stanze, così prossime alle pitture di Mark Rothko, ma anche alle riproduzioni dell’Ikea. Il nuovo che esalta l’antico. Arredamento o grande Fotografia? Ora mi sono certo che le immagini di Fontana non mi forniscono più le stesse emozioni del passato, loro sono rimaste uguali meravigliosamente identiche a se stesse, io no.