“De-Riva” di Giovanni Gennari, a cura di Giancarla Lorenzini
“De-Riva” di Giovanni Gennari, a cura di Giancarla Lorenzini
“De-Riva”, di Giovanni Gennari, è un’opera dedicata all’arenile adriatico, da Cesenatico a San Benedetto del Tronto, e si avvale di scatti che vanno dalla fine degli anni ’80 fino al 2013.
Racchiudendo l’immagine nel tondo l’interesse dell’autore si volge alla
stagione autunnale, quando il fragore estivo cede il passo al silenzio, alla riflessione, e sui luoghi non restano che i segni dell’attività umana omai alla “de-riva”, monito della corruttibilità dell’uomo e monito della forza della natura.
<Le immagini inserite nel cerchio non cercano altre continuità o contiguità ; provano a vivere da sole come fossero presuntuosamente un tutto unico senza altre vie d’uscita verso significati diversi da quello che cercano di esprimere. “Un cerchio chiuso” “un mondo chiuso” come si usa dire, un’oblo’ dal quale si vede quello che si può o si è costretti a vedere> .
Una precisa scelta di dare una diversa forma estetica al suo modo di esprimere.
Immagini delicate, intimistiche, che propongono una meditazione che va oltre l’apparente visione del reale.
Giovanni Gennari, di Pesaro (Marche), è un autore di grande esperienza e passione fotografica. Il suo percorso inizia nel 1971 e la sua ricerca lo porta sempre più ad uno stile personale, a rappresentare un proprio mondo metafisico altamente poetico.
Le sue immagini comunicano una solitudine “equilibrata”, armonica, misurata, che è ricerca consapevole di se stessi per giungere ad un assoluto definitivo che nasce dalla coscienza e dall’ esperienza vissuta; l’essenzialità che diventa dilatazione dello spirito, libero di librarsi in spazi senza nome e senza tempo, dove la banalità apparente acquisisce nuova valenza simbolica.
“De-Riva”, di Giovanni Gennari, è un’opera animata da un’idea narrativa artistica per il pensiero rappresentato con la ricerca estetica.
Complimenti a Giancarla Lorenzini per la presentazione esaustiva nell’esporre il contesto introspettivo nel quale è stata generata l’opera e nell’indicare orientamenti di lettura del senso secondo le intenzioni dell’autore.
Mi colpisce la lunga gestazione dal 1980 al 2013 che l’ha generata; conosco le raffinate qualità artistiche di Giovanni Gennari e immagino che questo lavoro sia stato per lui un’esperienza molto intensa.
Storicamente per i fotografi marchigiani la spiaggia è il territorio della libertà espressiva; vi invito a rivedere Cavalli, Ferroni, Giacomelli, Gambelli e tutti gli altri fotografi della Bussola e del Misa che a Senigallia trovarono un’atmosfera magica. Per me indimenticabile la foto di Piergiorgio Branzi che incornicia un uomo che beve a collo una bibita.
Questi richiami estetici, per un fotografo come Gennari che col mare ha familiarità, hanno la loro profonda importanza. L’arenile è spazio metaforico per spaesamenti, confidenze, intime scoperte di bellezze sconosciute e assimilazione di energia vitale per condurre con forza il percorso esistenziale. Complimenti a Giovanni Gennari per l’estetica raffinata e i messaggi silenziosi come il vento marino.
In quest’opera elegante si sente il rumore del silenzio. Siamo coinvolti visivamente per la purezza stilistica ed emotivamente trascinati verso la concentrazione.
Come ben sottolinea, con la sua profonda analisi, Giancarla Lorenzini le scelte espressive riescono a comunicarci la forza di “un autore di grande esperienza e passione fotografica”.
Facciamo tesoro anche delle riflessioni suggerite dal direttore Silvano Bicocchi e degli inviti all’approfondimento.
Ancora una volta occasione per sottolineare l’importanza per la nostra crescita culturale di questo Blog di Agorà di Cult.
Orietta Bay
difficile leggere questo portfolio vedendolo per la prima volta seppur con attenzione. la presentazione ed il commento del direttore danno dei buoni spunti di lettura.
originale la scelta del formato tondo che diventa quadrato (tranne che per la rete della pallavolo e l’ultima foto. le prime due foto con l’allargamento delle maglie della rete guidano la visione dell’osservatore sulla spiaggia (a colori) in campo lungo. poi particolari dell’attrezzatura balneare che terminano con una foto a colori nel tondo.
per me difficile entrare in sintonia con il messaggio dell’autore.
Lo spazio della spiaggia alla fine dell’estate è vuoto, nel più totale abbandono, presenti solo alcuni elementi come testimoni di un utilizzo passato e futuro. Sono resi importanti dagli scatti dell’autore, che quasi sottovoce li racconta passando a noi il compito di riconoscere ciò che vogliono trasmettere.
Sono segni grafici, trasformati da una scelta personale in immagini che stimolano a riflettere, ad immaginare e a sognare. Si può percepire senso di libertà o negazione della stessa, abbandono, attesa, fino a sentire la leggera brezza che scompiglia le fronde della palma.
Traccia fotografica diventa traccia sulla sabbia. Trama della rete diventa spartito del silenzio. Un incontro intimistico tra l’autore ed il mare. Segni di vita caotica che finalmente si minimizzano per rinascere nel silenzio autunnale. Come amo passeggiare lungo la spiaggia d’inverno! Il silenzio della brezza, la salsedine che si ferma sulle labbra, l’odore del mare, la serenità del luogo. Appartenere a quello spazio, anche solo per poche ore, ti trasporta alla ricercare la musica dei segni. Ed allora troviamo l’epifania delle linee, delle sfere, di quei segni che diventano come per magia suoni. Melodie percepite sotto forma di luce. Finalmente l’occhio trova le tracce del silenzio come forme musicali che Kandinsky ci ha insegnato a leggere sulla tela.
La bella e approfondita presentazione di Giancarla Lorenzini, ci guida all’analisi delle intimistiche e inquietanti immagini di Giovanni Gennari; alcune racchiuse in uno spazio tondo che simula la visione attraverso un cannocchiale, si proprio i cannocchiali che usavano i capitani di lungo corso in marina, altre immagini che ci mostrano in modo metafisico, silenzioso, quello che resta del frastuono e della confusione estiva. Pochi simboli, feticci dell’antropizzazione dell’ambiente marino, che sembra essersi finalmente liberato dell’ingombrante presenza dell’uomo per trovare una dimensione più raccolta e intimistica. Il silenzio…finalmente. E’ un lavoro che mi ha profondamente emozionato e ringrazio Giancarla per avercelo presentato e naturalmente l’autore per la sua grande sensibilità e delicatezza.
Ho dimenticato di aggiungere, e lo faccio ora per correttezza, che il lavoro si compone di uno “sguardo” in bn ed uno “sguardo” a colori. Queste sono soltanto alcune immagini che io ho scelto secondo le mie preferenze e questo chiaramente penalizza la completa e chiara lettura dell’intera opera. Aggiungo inoltre che l’eccellente qualità della stampa e la carta scelta ne permetteva di goderne pienamente, cosa che non si riesce a fare sul web
Il cerchio si chiude sull’illusione che la forma diventi riforma, tonda e pregna, come se si potesse sostenere che Ri-va era una diminuzione di Ri-vera, che Ri-viera assomigli a Ri-tenta che avrai più fortuna. Frequento da trentanni le spiagge ferraresi autunnali accorgendomi di fare distrattamente a migliaia fotografie che si assomigliano a queste, mi bastano trenta minuti per completare portfolio su portfolio. Sono pertanto estremamente confuso se devo immaginare che per uno solo siano necessari decenni. Mi viene pertanto da citare un decalogo letto poco tempo fa dal grande fotografo Marozzini (già autore Fiaf dell’anno 20..)che raccomandava di dire sempre presentando il proprio portfolio che questo è dovuto ad un progetto durato anni, lo fa sembrare migliore…
Amo il mare, le nostre spiagge in qualsiasi stagione, ma è nel silenzio dell’autunno – inverno che si può coglierne l’atmosfera magica e poetica. Apprezzo pertanto le immagini armoniche e raffinate di Giovanni Gennari che rimandano ad “altro” e complimenti a Giancarla Lorenzini per la sua esauriente presentazione.